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Netanyahu rompe il silenzio: “Trattative intense sugli ostaggi”. Ma Hamas avverte: “Nessun disarmo”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Netanyahu rompe il silenzio: “Trattative intense sugli ostaggi”. Ma Hamas avverte: “Nessun disarmo”
Benjamin Netanyahu ha incontrato nelle ultime ore alcune famiglie degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. Un faccia a faccia atteso e teso, durante il quale il premier ha confermato che sono in corso “trattative intense” per cercare una soluzione negoziata. Il peso emotivo del confronto con i parenti dei rapiti ha spinto il capo del governo a scoprire qualche carta in più sul delicato dossier. “Stiamo facendo tutto il possibile – avrebbe detto – per riportarli a casa”. Ma in parallelo, l’esecutivo israeliano ha inviato una nuova proposta ufficiale al Cairo per una tregua a Gaza, aprendo a un cessate il fuoco temporaneo.

La proposta israeliana: tregua e scambio

Il piano presentato dall’intelligence israeliana, secondo quanto trapelato da fonti egiziane, prevederebbe il rilascio immediato di 10 ostaggi in cambio della liberazione di un numero da definire di detenuti palestinesi. A corredo della proposta, ci sarebbe la possibilità di una tregua di 45 giorni nella Striscia, con garanzie internazionali e il coinvolgimento diretto dell’Egitto e del Qatar come garanti. Una finestra temporanea che potrebbe offrire respiro ai civili e, al contempo, permettere una ripresa strutturata del negoziato. Ma la condizione posta da Israele – il disarmo totale di Hamas – resta il vero punto di frizione.

La risposta di Hamas: “Niente disarmo, solo scambio”

A respingere con fermezza quella condizione è stato il portavoce ufficiale del movimento islamista. “Israele chiede il nostro disarmo, ma la nostra risposta è no”, ha dichiarato. La posizione di Hamas resta orientata verso una trattativa limitata esclusivamente allo scambio: ostaggi in cambio di prigionieri, senza accettare alcuna smobilitazione militare. Sul fronte interno, questa posizione trova ancora consenso, soprattutto nei quartieri più colpiti dai raid israeliani, dove la percezione è quella di una resistenza contro un’invasione. Il movimento palestinese, tuttavia, ha ammesso che la proposta israeliana rappresenta un’evoluzione “più concreta” rispetto alle precedenti.

L’Egitto rilancia il suo ruolo di mediatore

Il Cairo torna a essere il centro nevralgico del negoziato. Le autorità egiziane hanno ricevuto la proposta israeliana e l’hanno inoltrata a Doha per un confronto con la leadership di Hamas. La diplomazia egiziana lavora per garantire che il cessate il fuoco sia effettivo e non solo dichiarato, in un contesto dove la fiducia tra le parti è ai minimi storici. Al tavolo dei colloqui è stato coinvolto anche l’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, che nei prossimi giorni dovrebbe recarsi proprio al Cairo per facilitare una convergenza. Ma ogni passo avanti resta appeso a un filo sottile.

Civili allo stremo, la comunità internazionale pressa

Mentre i leader trattano, la popolazione civile nella Striscia di Gaza continua a vivere in condizioni estreme. Mancano cibo, acqua potabile, energia elettrica. Le organizzazioni umanitarie parlano di un rischio di collasso sanitario, con ospedali al limite e un numero crescente di bambini colpiti da malnutrizione e traumi. La comunità internazionale guarda con crescente preoccupazione alla situazione. La Francia ha invocato un “ritorno al cessate il fuoco immediato”, mentre il Regno Unito ha sollecitato una “soluzione globale” che includa non solo il rilascio degli ostaggi ma anche un piano di ricostruzione civile.

Un equilibrio precario in attesa del prossimo passo

Le trattative in corso rappresentano una delle fasi più delicate del conflitto. Netanyahu, messo sotto pressione dall’opinione pubblica interna, cerca di mostrare risultati tangibili. Hamas, da parte sua, punta a rafforzare il proprio ruolo politico e militare evitando concessioni che possano essere percepite come un cedimento. L’Egitto tenta di capitalizzare la propria posizione per rilanciare una leadership regionale sul fronte della mediazione. Ma finché il nodo del disarmo resterà sul tavolo, lo spazio per un’intesa vera appare ancora molto ristretto.
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