Arnaldo Forlani, per decenni protagonista della scena politica italiana

- di: Redazione
 
La morte di Arnaldo Forlani, spentosi la scorsa notte a Roma, a 97 anni, chiude l'ultimo capitolo di quell'era politica che, negli anni '80, fu identificata con un acronimo, Caf (che stava per Craxi, Andreotti e Forlani), e che indicava un modello di governo in cui l'asse delle decisioni realmente importanti poggiava sull'asse tra Democrazia Cristiana e Partito socialista.
Forlani fu una parte importante di quell'alleanza, anzi ne fu l'artefice, spostando il focus della Dc dal Pci (con cui aveva varato le ''larghe intese'') al Psi, in cui ormai Bettino Craxi era il fulcro.
Una scelta che pagò in termini elettorali, lasciando però la politica troppo esposta a fattori esterni, quali la contiguità con il mondo dell'imprenditoria e della finanza che si ritenevano ad essa funzionali e che, quindi, pretendevano un'attenzione ''concreta''.

Con Arnaldo Forlani muore l'ultimo rappresentate di un'era politica

Nel tritacarne mediatico della politica, però, la memoria e il riconoscimento di qualità e proposizioni vengono cancellate dalle immagini e quindi, per tutti, è rimasta indelebile quella di Forlani in evidente difficoltà davanti all'incalzare delle domande postegli dall'allora pubblico ministero Antonio Di Pietro, in un'aula del tribunale di Milano dove si stava celebrando il processo per la tangente Enimont.
Una immagine che offuscava il ruolo e l'importanza che egli ebbe nell'ambito della politica italiana, di tutta, non potendosi limitare il suo peso solo alla Dc, che, con lui alla segreteria, improntava alla sua linea tutto l'agire (politico, istituzionale, economico) del Paese.

Una importanza che andava anche al di là delle cariche che deteneva, tra le quali quelle di segretario nazionale del partito e di presidente del consiglio. Un percorso politico cominciato nel 1948, quando, giovanissimo, gli furono affidati i primi incarichi nella sua Pesaro, da dove spiccò il volo verso il palcoscenico della politica nazionale, di cui fu protagonista per decenni (da parlamentare dalla terza all'undicesima legislatura e da ministro con molti incarichi di prestigio: Partecipazioni Statali, Difesa, Estero) fino a diventare, per una breve stagione (ottobre 1980-giugno 1981) presidente del Consiglio.

Una parentesi a Palazzo Chigi conclusasi con le dimissioni legate alle vicende della P2 - la loggia segreta di Licio Gelli -, limitatamente alla mancata pubblicizzazione degli elenchi degli iscritti. Nel 1992 era favorito per l'elezione a presidente della Repubblica, ma la sua autorevole candidatura subì il ''fuoco amico'' dei franchi tiratori democristiani, che gli preferirono Oscar Luigi Scalfaro.
Arnaldo Forlani faceva della compostezza e dell'eleganza formale (come quella, famosa, del suo abbigliamento) il personale codice di comportamento, un modo di rapportarsi con alleati ed avversari che gli valse unanimi riconoscimenti.

Il tributo della politica a Forlani ed al suo lascito al Paese è sintetizzato dal cordoglio che presidente Sergio Mattarella ha affidato ad un messaggio: ''Forlani è stata una personalità di spicco della Repubblica per una lunga stagione, e la sua azione nel governo e nel partito di maggioranza relativa ha contribuito all’indirizzo del Paese, alla sua crescita democratica, allo sviluppo economico e al consolidamento del ruolo italiano in Europa, nell’Alleanza Atlantica, nel consesso internazionale. La formazione cattolico democratica lo ha spinto fin da giovanissimo all’impegno politico. La fermezza delle posizioni si univa in lui con stile di cortesia e con atteggiamento rispettoso con gli interlocutori anche di posizioni contrapposte, atteggiamenti che assumevano essi stessi un valore politico e democratico''.
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