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Il reddito fisso torna di moda?

- di: Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm
 
Il reddito fisso torna di moda?

Dopo quasi un biennio all’insegna dei rialzi dei tassi d’interesse, nel 2024 la combinazione tra cedole elevate e allentamento della stretta monetaria potrebbe finalmente creare le condizioni favorevoli per il reddito fisso. Dopo i minimi del 2022, infatti, i bond non hanno ancora registrato il tanto sospirato rimbalzo, anzi nel corso del 2023 le continue pressioni al rialzo sui tassi (inaspettate per molti) hanno portato questa asset class a sottoperformare, ad eccezione di qualche risultato positivo a cui abbiamo assistito nel quarto trimestre, complice il riequilibrio dell’assetto monetario.

Anche nel 2024, almeno finora, la sfida resta aperta: se, da un lato, gli analisti sono inclini a ritenere che i tassi abbiano ormai raggiunto il picco, dall’altro, ritmo ed entità dei tagli sono ancora un’incognita e, nelle ultime settimane, i timori relativi a inflazione e tenuta economica hanno indebolito le prospettive di un calo repentino dei tassi. Quello che è certo è che i rendimenti iniziali più elevati contribuiscono a una rinnovata importanza della componente obbligazionaria all’interno di una strategia di investimento diversificata. 

Dobbiamo aspettarci una “nuova era” per i bond?

Nel lungo termine, il reddito fisso ha il potenziale per produrre rendimenti più elevati di quanto non abbia fatto nell’ultimo decennio. Questo perché i tassi di interesse di equilibrio dovrebbero mantenersi più o meno in linea con la crescita del PIL nominale, che, secondo le ultime stime del World Economic Outlook, nei prossimi cinque anni è destinata a rimanere elevata. 

Nel breve termine, invece, la performance delle obbligazioni è legata a doppio filo con l’andamento dei tassi, che continuano ad essere previsti in calo nel 2024, nonostante l’ottimismo sulla portata dei tagli si sia attenuato molto nel corso delle ultime settimane. L’allentamento della politica monetaria dovrebbe portare maggiore stabilità al mercato obbligazionario, ma, più che le previsioni, conteranno le conseguenze delle mosse delle banche centrali alla prova dei fatti. Una svolta restrittiva rispetto alle attese potrebbe portare ad un parziale aumento dei tassi, con conseguenze soprattutto per le obbligazioni a lungo termine, mentre quelle a breve (entro i due anni) dovrebbero essere meno colpite. Per questo motivo, la parte a breve della curva resta la più interessante, con l’attuale livello dei tassi che offre ancora un buon profilo di rischio-rendimento, mentre le obbligazioni a più lunga scadenza, reduci dall’ottima performance di novembre e dicembre, con l’inversione della curva dei rendimenti (che tende a remunerare meno chi presta denaro più a lungo termine) sembrano comportare rischi aggiuntivi.

In conclusione, sebbene i rendimenti attuali appaiano interessanti, l’investimento obbligazionario non è privo di rischi: il fatto che i ritorni attesi nel lungo termine siano elevati rappresenta un’ottima notizia per chi investe con una strategia diversificata e un orizzonte temporale ampio, ma, in media, la parte più lunga della curva non promette rendimenti aggiuntivi rispetto alla meno rischiosa parte a breve, almeno per i principali mercati sviluppati. La dinamica del reddito fisso è peculiare: nonostante i rendimenti in assoluto siano i più elevati degli ultimi tempi, lo spread rispetto ai meno rischiosi titoli di Stato non è particolarmente elevato se confrontato con i valori storici. Riteniamo quindi che, più che una “nuova era”, gli attuali livelli dei tassi d'interesse rappresentino una "nuova normalità" positiva, finalmente in grado di compensare il rischio sopportato dagli investitori.

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