Il gender pay gap, ossia la differenza di retribuzione tra donne e uomini a parità di mansioni ed esperienza, non incide solo sugli stipendi delle lavoratrici, ma proietta la sua ombra fino alla pensione, creando un gender pension gap difficile da colmare. Secondo un recente report dell’INPS, le donne ricevono pensioni notevolmente inferiori rispetto agli uomini, un divario alimentato da differenze salariali, minori anni di contributi versati e un'alta incidenza di lavoro part-time al femminile.
Dallo studio dell'INPS emergono dati allarmanti: il vantaggio retributivo maschile in termini di reddito annuale è di circa il 40%, una percentuale che si riduce al 30% circa per le retribuzioni giornaliere, senza grandi variazioni negli ultimi 10 anni. Tale divario è, almeno in parte, frutto di disparità a livello individuale, contrattuale e settoriale. In effetti, le donne sono sovra-rappresentate in settori dove i salari sono mediamente più bassi e sono poco presenti nelle posizioni di vertice. A livello contrattuale, soprattutto nel settore privato, le lavoratrici sono spesso assunte con contratti part-time oppure si sono viste costrette a ridurre gli orari lavorativi per dedicarsi alla cura della famiglia, con un'incidenza che sfiora il 50% e in molte regioni del Sud supera il 60%. Tutto questo fa sì che, se si confrontano colleghi di una stessa azienda con caratteristiche individuali e occupazionali sovrapponibili, il gap retributivo tra uomini e donne è pari al 12% circa e scende al 10% per le retribuzioni giornaliere.
Il divario salariale si traduce in minori contributi versati dalle donne e, in definitiva, in un ulteriore divario al momento della pensione. Le donne sono soprattutto presenti nelle classi di reddito pensionistico più basso (fino a €1.500 mensili), mentre oltre il 70% dei percettori appartenenti alla classe più alta (oltre i €3.000 mensili) è di genere maschile. Questo deriva da una differenza nella tipologia di prestazione pensionistica percepita: nel 2022, il 50% degli uomini ha ricevuto una pensione anticipata, vale a dire quella di importo in media più elevato, contro il 20% delle donne, che sono invece prevalenti nelle pensioni ai superstiti. Il divario si riflette anche negli importi medi delle prestazioni, con un vantaggio maschile medio di oltre il 60% (€1.430 contro €884, nel 2022), e nel numero di prestazioni pro-capite (mediamente maggiore per le donne).
Investimenti in rosa: un cambiamento in corso
Tuttavia, negli ultimi anni sempre più donne hanno acquisito consapevolezza e capacità decisionale in materia di risparmi e investimenti.
Un'indagine condotta da McKinsey ha rivelato la marcata propensione delle investitrici a ricercare consigli finanziari presso istituti e intermediari di riferimento, con un'attenzione particolare verso i canali digitali, come le consulenze web-based o le app di investimenti e consulenza finanziaria. L’apertura verso le soluzioni digitali per la gestione finanziaria evidenzia la crescente consapevolezza delle donne dell'importanza dell'educazione finanziaria e del supporto professionale personalizzato. Inoltre, il 25% delle donne si è detto favorevole a ricevere consigli telefonici da un consulente dedicato, contro il 21% degli uomini. Dati positivi, che non solo sottolineano la maggiore fiducia delle risparmiatrici nei confronti della consulenza finanziaria, ma anche la loro volontà di impegnarsi attivamente nella comprensione e nella gestione delle proprie finanze attraverso strumenti innovativi e consulenza di esperti, compiendo un passo avanti verso l'autonomia finanziaria e l'empowerment economico.
La previdenza complementare: una soluzione al gender pension gap
Per ridurre il gender pension gap è fondamentale offrire alle lavoratrici gli strumenti giusti per costruire la propria sicurezza economica negli anni: la previdenza complementare è, senza dubbio, una soluzione efficace da questo punto di vista.
I Piani Individuali Pensionistici (PIP), come quello proposto da Moneyfarm, offrono l'opportunità di incrementare il proprio montante pensionistico attraverso investimenti personalizzati e usufruendo di vantaggi fiscali, ovviando ai limiti del sistema previdenziale pubblico e contribuendo a una maggiore sicurezza finanziaria nel lungo periodo. Nella scelta della forma di previdenza complementare a cui aderire i costi giocano un ruolo fondamentale, per questo soluzioni come il PIP di Moneyfarm, grazie alla competitività dei suoi portafogli in ETF e all’approccio personalizzato, restano tra le opzioni più valide.
L’efficienza dei costi, combinata con i vantaggi fiscali della previdenza complementare, può fare la differenza in termini di accumulo del capitale necessario per una pensione confortevole, a conferma dell'importanza di una pianificazione finanziaria proattiva.
Ne sono consapevoli le clienti Moneyfarm che, come osserva Patrizia Franchi, Investment Consultant Manager di Moneyfarm, “hanno investito in media quasi il 5% in più nel Piano Pensione Moneyfarm rispetto ai clienti uomini, segno di una strategia proattiva mirata a colmare le disparità pensionistiche. Questa analisi è corroborata anche dal fatto che il 33% delle clienti con un Piano Pensione ha un versamento ricorrente mensile, contro il 29% degli uomini; e che tale versamento è in media più alto di circa il 4% rispetto a quello maschile”.
“Si tratta di dati significativi, anche perché in controtendenza con la media italiana calcolata dalla COVIP, che evidenzia una contribuzione media annua del 20% inferiore per le donne rispetto agli uomini. Tuttavia, ad oggi le investitrici rappresentano solo il 20% del totale dei clienti di Moneyfarm che scelgono di investire in un Piano Pensione. Questa percentuale sottolinea che, nonostante l'impegno di tante investitrici, vi è ancora un ampio margine per incrementare la partecipazione femminile a questa tipologia di strumenti previdenziali”.
In conclusione, il contrasto tra i maggiori asset investiti dalle donne nel PIP e il fatto che le clienti restino comunque una minoranza, sottolinea, da un lato, l'incoraggiante consapevolezza di quante già investono, dall'altro, la lunga strada che ci resta ancora da percorrere per colmare il divario pensionistico di genere.