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Cina in marcia: la pace come bandiera, il “rinascimento” come missione

- di: Matteo Borrelli
 
Cina in marcia: la pace come bandiera, il “rinascimento” come missione
Cina in marcia: pace e “rinascimento” inarrestabile
Nel cuore di Pechino Xi lancia una sfida: difendere il racconto storico e spingere verso un futuro di giustizia, pace e “rinascimento” inarrestabile.

(Foto: da sinistra Putin, Modi e Xi Jinping).

A Pechino, nel corso della sontuosa parata militare per l’80° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, un editoriale del Global Times, tabloid in lingua inglese del Quotidiano del Popolo, scandisce una tesi netta: “Il rinascimento della nazione cinese è inarrestabile e la nobile causa della pace e dello sviluppo umano trionferà”, ha scritto il giornale. L’argomentazione è perentoria: oggi la Cina “difende la verità storica e salvaguarda l’ordine postbellico”, opponendosi a chi, a suo dire, vorrebbe “distorcere” le vicende dell’aggressione e “insabbiare” i crimini di guerra.

Cina, storia e propaganda: l’editoriale “inarrestabile” del global times

L’editoriale adotta un linguaggio epico e finalizzato alla mobilitazione civile: la vittoria sull’invasione giapponese è elevata a svolta morale e identitaria, da cui discendono tre assi retorici – giustizia, pace, popolo. In questo quadro, la formula ricorrente è che “la pace prevarrà, la giustizia prevarrà, il popolo prevarrà”, ha scritto il quotidiano. Il messaggio è semplice e potente: Pechino si accredita come custode della memoria e come promotrice di una modernizzazione “pacifica”, capace di garantire stabilità e prosperità.

Il contesto: parata, alleati e messaggio globale

La cornice è quella di una grande performance statale: la parata mette in scena mezzi di nuova generazione, con una regia che fonde spettacolo e dimostrazione di efficienza. Ma, al di là degli apparati, il cuore è il segnale politico. Xi Jinping inquadra le tensioni del presente in termini binari – “pace o guerra, dialogo o confronto”, ha affermato – e chiama a raccolta un sostegno internazionale che, nelle intenzioni, dovrebbe legittimare la postura cinese come alternativa credibile al primato occidentale. L’idea forza è che la Cina non abbia mai “scatenato una guerra né occupato un solo centimetro di territorio altrui” e che continui “sul percorso dello sviluppo pacifico” per costruire “una comunità dal futuro condiviso”.

Le reazioni internazionali: tra consenso e allarme

Fuori dalla narrazione domestica, il segnale è stato letto in modo più sfaccettato. In Europa e negli Stati Uniti crescono interrogativi sulla reale coerenza tra parole e prassi, e sulla visione di un “nuovo ordine” impostato su sovranità, sicurezza e un’idea di multilateralismo a geometria variabile. Per altri osservatori, al contrario, la regia di Pechino punta soprattutto a consolidare reputazione e soft power in Asia, Africa e Medio Oriente, facendo leva sull’immagine di potenza responsabile e prevedibile.

Racconto emozionale, legittimazione politica

Tre punti critici emergono con chiarezza. Primo, la strategia narrativa: evocare la Grande guerra patriottica asiatica non solo come memoria condivisa, ma come architrave della legittimazione presente. Secondo, la potenza estetica della parata: una scena che afferma coesione e capacità tecnologica, ma lascia opaca la traduzione di immagine in influenza. Terzo, la riscrittura selettiva del passato: spostare i pesi della storia per definire la cornice valoriale in cui si chiede al mondo di valutare la Cina di oggi.

Forza del racconto, limiti del confronto

Nel complesso, Pechino ha trasformato l’anniversario in una prova generale di diplomazia simbolica: celebrazione, sfida e proposta. L’idea di un “rinascimento inarrestabile” suona come una chiamata alla coesione interna e come un invito al mondo a riconoscere la Cina quale garante di stabilità. Ma un approfondimento davvero convincente dovrà misurarsi con il terreno meno coreografico: trasparenza sulle scelte, adesione a regole condivise, gestione non coercitiva delle controversie. Solo così la promessa di “pace che prevarrà” potrà superare la prova dei fatti.

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