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Meta ferma la pubblicità politica nell’Ue da ottobre

- di: Jole Rosati
 
Meta ferma la pubblicità politica nell’Ue da ottobre
Stop deciso per “regole inattuabili”: tra complessità operativa e incertezza giuridica.

Meta ha annunciato che dal 10 ottobre 2025 smetterà di accettare e mostrare pubblicità relative a temi politici, elettorali e sociali su Facebook, Instagram e Threads in Unione Europea. La ragione ufficiale? Le nuove norme europee previste dal Regolamento Transparency and Targeting of Political Advertising (TTPA), che il colosso americano definisce troppo complesse e cariche di incertezza legale.

Decisione motivata da complessità e incertezza

Meta sostiene che il TTPA, sebbene in vigore dall’aprile 2024, diventerà pienamente operativo dal prossimo autunno, imponendo obblighi stringenti: etichettatura chiara degli annunci, trasparenza su sponsor, costi, obiettivi elettorali e tecniche di targeting, nonché archiviazione degli annunci e consenso esplicito per l’uso dei dati personali.

Secondo Meta, tutto ciò determina:

  • “sfide operative significative e incertezze legali”
  • riduzione degli annunci rilevanti o personalizzati per gli utenti
  • una situazione insostenibile per inserzionisti e piattaforme

Meta afferma che tale scelta, seppur dolorosa, era inevitabile: adattare i propri servizi alle richieste europee significherebbe offrire un “prodotto pubblicitario che non funzionerebbe per inserzionisti né per utenti”, senza garanzie di conformità.

Google e l’eco di una strategia condivisa

L’annuncio di Meta segue quello di Google, che già a novembre 2024 aveva annunciato l’interruzione di pubblicità politiche nell’UE, motivando la scelta con analoghe difficoltà nel conformarsi al TTPA. Anche Google ha evidenziato che la legislazione si applica a un ampio spettro di temi, rendendo la sua interpretazione e applicazione su larga scala poco affidabile.

Trasparenza, disinformazione e nuovo scontro Bruxelles‑Big Tech

Il TTPA, insieme alla Digital Services Act (DSA), rappresenta l’ultima frontiera della regolamentazione UE per limitare la disinformazione, contrastare le interferenze straniere nei processi elettorali e rafforzare la responsabilità delle piattaforme digitali.

Meta ha anche rifiutato di sottoscrivere il Codice di condotta sull’intelligenza artificiale promosso dalla Commissione, denunciando ambiguità normative simili e ulteriori rischi legali.

Reazioni politiche: allergia alla trasparenza?

In Italia, l’eurodeputato Sandro Gozi (Renew Europe) ha commentato duramente: “Meta conferma una profonda allergia alla trasparenza, protezione dei dati e responsabilità democratica” e sostiene che questa mossa lascia spazio alle aziende europee “che rispettano le regole e la democrazia”.

Nel comunicato, Gozi afferma che gli interessi economici di Meta emergono più chiaramente quando si parla di manipolazione e profilazione degli utenti, ritenendo che la decisione segni una “scelta anti‑cittadino piuttosto che pro‑utente”.

Impatti e prospettive future

  • Per gli inserzionisti: campagne su temi politici e sociali dovranno fare affidamento su modalità organiche, senza amplificazione a pagamento.
  • Per gli utenti europei: meno contenuti targettizzati ma potenzialmente più impermeabili a tecniche di micro‑targeting.
  • Per il mercato: Google e Meta escono dalla competizione per questo segmento pubblicitario, aprendo potenzialmente spazio a piattaforme europee compliant con le nuove regole.

Il passo di Meta si inserisce in un contesto di crescente attrito tra le istituzioni europee e le Big Tech americane: da Bruxelles, la risposta alle tensioni è un quadro normativo sempre più stringente, mentre per aziende come Meta e Google la compliance appare sempre meno praticabile senza sacrificare modelli di business centrati sulla profilazione pubblicitaria.

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