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Mercato del lavoro: cala la disoccupazione, ma l’Italia invecchia e resta fragile

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Mercato del lavoro: cala la disoccupazione, ma l’Italia invecchia e resta fragile

Il mercato del lavoro italiano registra un segnale positivo, ma le dinamiche strutturali continuano a pesare. Secondo i dati diffusi dall’Istat, il tasso di disoccupazione a giugno è sceso al 6,3%, in calo di 0,3 punti rispetto al mese precedente. L’occupazione segna un incremento di 16mila unità su base mensile e di ben 363mila rispetto a un anno fa. Un trend che consolida il numero complessivo degli occupati a quota 24 milioni 326mila, confermando un lento ma progressivo recupero.

Mercato del lavoro: cala la disoccupazione, ma l’Italia invecchia e resta fragile

La fotografia del mercato del lavoro mostra una riduzione dei contratti a termine, spesso considerati una valvola di flessibilità nelle fasi di espansione. L’aumento degli occupati si concentra invece tra i contratti stabili, segno che la dinamica congiunturale potrebbe avvantaggiare la qualità dell’occupazione. Tuttavia, la stabilità non si traduce automaticamente in un rafforzamento del tasso di occupazione, che rimane fermo al 62,9%. Un dato lontano dalla media europea e ancora più distante dagli obiettivi di piena inclusione fissati dalle strategie comunitarie.

L’invecchiamento della forza lavoro
Al di là dei numeri, il vero nodo riguarda la composizione demografica. L’Istat sottolinea come le coorti dei nati a metà degli anni Settanta abbiano ormai raggiunto i cinquant’anni senza essere rimpiazzate da generazioni successive altrettanto numerose. Il risultato è un mercato del lavoro che invecchia, con una forza lavoro sempre meno giovane e una pressione crescente sul sistema pensionistico. La stretta sulle possibilità di pensionamento anticipato, introdotta negli ultimi anni, accentua questa dinamica, trattenendo in attività lavoratori anziani ma senza riuscire ad assorbire pienamente i più giovani.

I giovani e le criticità dell’ingresso nel lavoro
Il tasso di disoccupazione giovanile, pur in lieve calo, rimane alto rispetto alla media europea. La difficoltà di accesso al mercato del lavoro, unita a percorsi formativi spesso non allineati con le esigenze produttive, alimenta il fenomeno dei Neet (giovani che non studiano e non lavorano). Questo rallenta il ricambio generazionale e limita la capacità del Paese di innovare e competere. Senza politiche attive mirate e investimenti in formazione tecnica e digitale, il rischio è di consolidare una struttura occupazionale sbilanciata.

Il ruolo delle imprese e delle politiche pubbliche
Sul fronte delle imprese, la domanda di lavoro resta elevata in alcuni settori, come la manifattura specializzata, i servizi ad alto contenuto tecnologico e la sanità. Tuttavia, la carenza di competenze adeguate crea uno scarto tra offerta e domanda. Le politiche pubbliche, seppure rafforzate dal Pnrr, non sembrano ancora in grado di colmare il gap. Incentivi fiscali e misure per la conciliazione vita-lavoro possono aiutare, ma la sfida di fondo resta la produttività, che in Italia cresce a ritmi molto più lenti rispetto ai principali partner europei.

Uno sguardo alle prospettive
La discesa della disoccupazione rappresenta un segnale positivo, specie in un contesto internazionale caratterizzato da incertezza geopolitica e tensioni economiche. Tuttavia, il rischio di una crescita senza inclusione resta concreto. L’Italia si trova davanti a una duplice sfida: garantire stabilità occupazionale a chi già lavora e allo stesso tempo aprire spazi reali per i giovani. In assenza di un riequilibrio demografico e di una politica del lavoro di lungo respiro, la riduzione della disoccupazione rischia di essere una parentesi più che un punto di svolta.

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