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Wall Street in pausa per il Thanksgiving, Asia apre contrastata

- di: Matteo Borrelli
 
Wall Street in pausa per il Thanksgiving, Asia apre contrastata
Wall Street in pausa ma il Nasdaq corre ancora
La Borsa Usa si ferma per il Thanksgiving dopo quattro sedute di rialzi, con il Nasdaq a guidare il rally tecnologico e lo S&P 500 vicino ai massimi storici. Nel mattino asiatico del 28 novembre i listini si muovono in ordine sparso: Tokyo consolida sopra quota 50 mila, Seul frena, Hong Kong e Shanghai oscillano sulla parità mentre Taipei e Mumbai restano agganciate ai massimi.

Notte di pausa tecnica a Wall Street: giovedì 27 novembre la Borsa di New York è rimasta chiusa per il Thanksgiving, ma gli operatori continuano a guardare ai numeri della chiusura di mercoledì, quando l’America finanziaria ha infilato la quarta seduta consecutiva di rialzi e ha messo le basi per la migliore settimana del Ringraziamento dal 2012. Sullo sfondo, un unico grande driver: le scommesse sempre più aggressive su un taglio dei tassi della Federal Reserve già a dicembre.

Mentre i trader americani si godono il tacchino, i riflettori si spostano sull’Asia: il rimbalzo globale degli ultimi giorni inizia a perdere un po’ di spinta, ma i listini della regione chiudono un novembre complicato su un terreno più solido, tra rally del Nikkei, prese di beneficio sui tecnologici coreani e mercati cinesi ancora appesantiti dal caso immobiliare.

Quattro sedute di fila al rialzo prima del Thanksgiving

L’ultima vera fotografia di Wall Street è quella di mercoledì 26 novembre. Lo S&P 500 ha chiuso a quota 6.812,61 punti, in progresso di circa lo 0,7% nella seduta e di oltre il 3% nella settimana del Ringraziamento. Il Dow Jones Industrial Average è salito di circa lo 0,7% a 47.427 punti, con un guadagno di oltre 300 punti in una sola giornata. Il Nasdaq Composite, cuore tecnologico del mercato Usa, ha fatto ancora meglio: +0,8% a circa 23.215 punti, consolidando una performance settimanale superiore al 4%.

Anche le small cap hanno partecipato al movimento: il Russell 2000 è avanzato di circa lo 0,8% fino a poco sotto quota 2.500 punti, segnale che il rimbalzo non riguarda solo i grandi nomi della tecnologia ma si allarga al tessuto più profondo del mercato americano.

Dietro il rally c’è un mix di fattori: dati macro in rallentamento ma non recessivi, un’inflazione che continua a raffreddarsi e, soprattutto, una probabilità ormai stimata intorno all’80–85% dai future sui Fed funds che la Fed possa tagliare i tassi al meeting di dicembre. In altri termini: il mercato sta già scontando l’idea che il picco dei tassi sia alle spalle e che il costo del denaro possa iniziare a scendere, con un impatto diretto sulle valutazioni azionarie.

Il motore tecnologico del rally Usa

A tirare il carro di Wall Street sono stati ancora una volta i titoli tecnologici e legati all’intelligenza artificiale. Grandi nomi come Nvidia, Microsoft e Broadcom hanno registrato nuovi rialzi, mentre il listino ha premiato i campioni del software e dei semiconduttori, considerati il cuore della “superciclo” AI che molti strategist vedono proseguire fino al 2026.

Tra le singole storie di giornata spiccavano i balzi di Robinhood, volata in doppia cifra dopo l’annuncio di un’espansione sui mercati delle previsioni, e di Dell Technologies, spinta da una domanda robusta per i prodotti dedicati all’AI. Sul fronte opposto, i listini hanno punito aziende come Workday e Deere, finite sotto pressione per timori sui ricavi ricorrenti e sull’outlook degli investimenti.

Il messaggio che arriva dalla chiusura di mercoledì è chiaro: la fame di tecnologia resta enorme, nonostante le valutazioni tirate e le paure di una nuova bolla. L’equilibrio, per gli investitori, è sempre lo stesso: cavalcare il trend di lungo periodo senza farsi travolgere dall’euforia di breve.

Asia divisa tra entusiasmo e nervosismo

Con Wall Street ferma per festività, la palla è passata all’Asia. Nelle prime ore di contrattazione di venerdì 28 novembre (ora locale), gli indici si presentano in ordine sparso: il grande rally degli ultimi giorni rallenta, ma non evapora.

L’indice MSCI Asia-Pacifico (escl. Giappone) oscilla attorno alla parità, dopo un recupero di circa il 3% nella settimana ma con una perdita complessiva di quasi il 3% su tutto il mese di novembre. In questo quadro si inseriscono dinamiche nazionali molto diverse: Giappone ancora tonico, Corea del Sud in correzione, Cina sotto pressione per il real estate, India e Taiwan vicine ai massimi, Australia sostanzialmente piatta.

Tokyo, Seul, Taipei: i numeri di stamattina

A Tokyo il Nikkei 225 consolida l’impressionante corsa delle ultime sedute restando attorno a quota 50 mila punti. Nella mattinata di venerdì l’indice si muove leggermente sotto i livelli di giovedì, con variazioni intorno a -0,1 / -0,2%, dopo un balzo superiore all’1% nella sessione precedente e un progresso settimanale superiore al 3%. Il listino resta comunque in calo di oltre il 4% nel mese, a testimonianza della violenza della correzione di inizio novembre.

In Corea del Sud lo scenario è più nervoso. Il Kospi ha aperto in netto ribasso, con un tuffo di circa -1% intorno a 3.950–4.000 punti, zavorrato dalle prese di beneficio sui grandi titoli tecnologici e dalle preoccupazioni per il calo della produzione industriale di ottobre. In controtendenza il Kosdaq, l’indice delle small cap tecnologiche, che in avvio è arrivato a guadagnare oltre il 3%, sostenuto da indiscrezioni su possibili incentivi fiscali e maggiori acquisti da parte dei fondi pensione.

Più sereno il quadro a Taipei. L’indice Taiex si mantiene sopra quota 27.500 punti, dopo un recupero di circa 2.000 punti nel corso del mese. Nella mattinata del 28 novembre la Borsa taiwanese si muove in lieve rialzo, spinta dalle aspettative di un taglio dei tassi Fed e dal buon andamento delle esportazioni hi-tech, anche se il sentiment degli investitori resta cauto dopo la grande volatilità sulle azioni legate all’intelligenza artificiale.

Hong Kong, Shanghai e il nodo immobiliare cinese

Sulle piazze cinesi il clima è più pesante. A Hong Kong, l’indice Hang Seng archivia il rally delle sedute precedenti e nella mattinata di venerdì oscilla leggermente in territorio negativo, con un calo intorno allo 0,1–0,2%. Il sottoindice tecnologico resta fragile dopo i forti rimbalzi, mentre gli investitori guardano con crescente preoccupazione al comparto immobiliare.

Sulla mainland, lo Shanghai Composite e l’indice CSI 300 cedono circa lo 0,3% nelle prime battute, appesantiti da nuove vendite su big del mattone come China Vanke, i cui bond continuano a essere sotto forte pressione. Il mercato sconta il rischio che la crisi del real estate non sia ancora stata circoscritta, nonostante i segnali di sostegno arrivati da Pechino nelle ultime settimane.

In questo contesto, il miglioramento del sentiment globale grazie alla prospettiva di un taglio dei tassi Usa non basta, da solo, a far ripartire in modo strutturale i listini cinesi: gli investitori chiedono segnali più chiari sul fronte interno, dalle riforme al sostegno ai consumi.

India, Australia e il resto della regione

In India, la Borsa di Mumbai si muove poco sotto i massimi storici: il Sensex e il Nifty 50 aprono la seduta di venerdì in territorio sostanzialmente piatto, con oscillazioni minime dopo i guadagni della vigilia. Gli investitori attendono i dati sul Pil e monitorano l’evoluzione delle aspettative sui tassi Usa, consapevoli che il flusso di capitali esteri resta estremamente sensibile alle decisioni della Fed.

A Sydney, l’indice S&P/ASX 200 è pressoché invariato nella mattinata del 28 novembre, con movimenti fra -0,1% e +0,1%. Il listino australiano resta agganciato ai massimi grazie ai finanziari e ai titoli legati alle materie prime, mentre il comparto minerario sconta il rallentamento cinese e le incertezze sulla domanda globale.

Nelle piazze del Sud-est asiatico, come Singapore, Jakarta e Bangkok, prevalgono movimenti contenuti e volumi ridotti, complici sia la chiusura di Wall Street sia la fine del mese. I listini si muovono in un corridoio stretto, in attesa di un segnale più deciso da parte delle Banche centrali e dei dati macro in arrivo a dicembre.

Dollaro, Treasury, oro e petrolio: il quadro di fondo

Sul fronte dei Treasury, il rendimento del decennale Usa si mantiene intorno al 4%, in calo di circa 10 punti base sul mese e al quarto mese consecutivo di discesa: un segnale di fiducia crescente nel rallentamento dell’inflazione e nella possibilità di un ciclo di tagli più intenso nel 2025–2026. Il dollaro resta forte rispetto a molte valute emergenti asiatiche, ma ha perso un po’ di spinta contro euro, dollaro australiano e neozelandese.

L’oro continua la sua corsa di bene rifugio: nella mattinata asiatica di venerdì le quotazioni si muovono nella zona dei 4.150–4.200 dollari l’oncia, con un rialzo settimanale superiore al 2% e un guadagno di quasi il 5% nel solo mese di novembre. Il metallo giallo beneficia del calo dei rendimenti reali e della domanda di copertura contro un possibile rallentamento più brusco dell’economia globale.

Più complicato lo scenario del petrolio. Il Brent si aggira intorno ai 63 dollari al barile, sostanzialmente invariato nella seduta ma avviato a chiudere il quarto mese consecutivo in perdita, schiacciato tra le preoccupazioni sulla domanda e le incertezze geopolitiche. Un segnale che, per il momento, il mercato energetico non sta comprando in pieno l’idea di una ripartenza robusta della crescita reale.

Cosa guardare nelle prossime ore

La giornata di venerdì resterà a basso regime negli Stati Uniti: le Borse riapriranno solo in modalità sessione ridotta di Black Friday, con chiusura anticipata nel primo pomeriggio. I volumi saranno sottili e l’attenzione si concentrerà soprattutto sui future e sui dati in arrivo la prossima settimana, a partire dagli indicatori sul mercato del lavoro e dai primi spunti sulle vendite del periodo festivo.

Per i mercati asiatici, la vera partita si gioca su due fronti: da un lato la credibilità del prossimo taglio della Fed, dall’altro la capacità di Cina e Giappone di gestire rispettivamente la crisi immobiliare e il possibile cambio di passo della Banca del Giappone. Per ora, il messaggio delle Borse è duplice: il rimbalzo c’è stato, è stato forte e in larga parte guidato dai tecnologici, ma la fiducia resta fragile. Bastano un dato macro storto o una dichiarazione di un banchiere centrale per raffreddare l’ottimismo.

In sintesi: Wall Street entra nel ponte di Thanksgiving con il vento in poppa e il Nasdaq in prima fila, mentre l’Asia tira il fiato dopo una settimana intensa. Gli investitori, però, hanno già gli occhi puntati su dicembre: sarà il mese in cui la Fed inizierà davvero a invertire la rotta sui tassi o l’ennesima promessa rinviata?

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