Meloni al Villaggio di Coldiretti: ''Queen'' Giorgia conquista gli agricoltori

- di: Redazione
 
La sottile guerra di nervi in casa del centrodestra, alla spasmodica ricerca di una linea condivisa in vista della composizione del futuro governo, ha vissuto un momento importante con il passaggio di Giorgia Meloni al Villaggio della Coldiretti, a Milano. Importante perché, oltre ad essere, in un contesto di folla che è stato realmente entusiasta, la prima uscita ufficiale del presidente di Fratelli d'Italia dopo il trionfo delle elezioni, ha costituito -non sappiamo fino a che punto casuale - una ''invasione di campo'' di Giorgia Meloni in quello che Salvini ha sempre ritenuto un punto fondamentale del proprio successo, l'agricoltura.
A Milano si è avuta conferma che Giorgia Meloni sta ''studiando'' da presidente del consiglio, misurando le parole, toccando le corde care all'uditorio, non lanciandosi - al contrario di altri - in promesse che difficilmente si possono onorare. Un discorso da leader che ha sorpreso solo chi non ha mai accreditato a Giorgia Meloni una padronanza della politica vera, che deve essere intesa come realizzazione di un ponte tra i desideri della gente e l'equilibrio delle decisioni prese da chi il popolo ha indicato per gestire il Potere.

Meloni al Villaggio di Coldiretti

Non deve essere certo stato un caso se, per il primo scontato bagno di folla, Meloni abbia scelto Coldiretti, una organizzazione mai troppo tenera con chi sta dentro il Palazzo e che si ricorda del comparto agricolo solo quando ne ha convenienza.
Davanti al presidente di Coldiretti, Ettore Prandini (che, parco nelle parole, è sempre molto critico nei confronti di chi sottovaluta i problemi del comparto agricolo italiano, al punto da scagliarsi contro il vicepresidente dell'Ue, Timmermans, definito un nemico) , Giorgia Meloni ha riproposto il suo modello di rapporto con l'Europa comunitaria, nei cui confronti non ha certo lesinato critiche, come quando ha detto: ''Non entrerò più di tanto in un'eventuale polemica, ma quando qualcuno in questa nazione segnalava che in Europa si parte dalla difesa di interessi nazioni per arrivare soluzioni comuni, non lo faceva perché era populista, ma perché era lucido''.

Una posizione netta che, in qualche modo, potrebbe depotenziare la linea della Lega che, in cima ai propri desiderata, ha messo, insieme al Viminale (che Salvini reclama quasi con ferocia), proprio il ministero dell'Agricoltura, forse per il doppio profilo (nazionale ed europeo) che consentirebbe di portare avanti le battaglie care ad un modello che, cullato un tempo dal movimento, ormai è stato sopravanzato dalle tematiche della sicurezza.
Poi, in poche parole, un'anticipazione di come il governo targato Meloni si muoverà: ''Usciamo da una legislatura nella quale si è detto che la povertà si poteva abolire con un decreto, che la crescita e la ricchezza si creavano con un decreto, non è così: la ricchezza in questa nazione la fanno le aziende con i loro lavoratori''.

L'evento di Milano ha avuto un altro momento significativo, perché spiega molto di come Giorgia Meloni intende improntare il suo rapporto con Bruxelles: la firma della petizione mondiale per fermare contro il cibo sintetico promossa da World Farmers Markets Coalition, World Farmers Organization, Farm Europe, Coldiretti e Filiera Italia.

Dalla carne prodotta in laboratorio al latte “senza mucche” fino al pesce senza mari, laghi e fiumi, il cibo in provetta potrebbe presto inondare il mercato europeo poiché già ad inizio 2023 potrebbero essere introdotte a livello Ue le prime richieste di autorizzazione all’immissione in commercio di questo ''cibo''.
Per Prandini ''la carne in provetta cancella l’identità popolare di una intera nazione'' non nascondendo il timore che ''dietro l’alibi della tutela ambientale si nascondano speculazioni che portano al cibo sintetico''.
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