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Manager, arriva il Manifesto dei “Cinque Sì”: così le aziende cambiano passo sulla parità di genere

- di: Giulia Caiola
 
Manager, arriva il Manifesto dei “Cinque Sì”: così le aziende cambiano passo sulla parità di genere

A Milano il Winning Women Institute ha lanciato un messaggio semplice nella forma, radicale nella sostanza: il cambiamento nelle imprese italiane passerà dai vertici maschili. Non per una contrapposizione, ma per una scelta di alleanza. Il “Manifesto dei 5 Sì”, presentato nel corso di un incontro dedicato al gender gap, è infatti pensato soprattutto per gli amministratori delegati e per chi guida le funzioni strategiche. L’obiettivo è chiaro: mettere fine a modelli organizzativi costruiti “a misura d’uomo”, ormai inadeguati a sostenere competitività e innovazione.

Manager, arriva il Manifesto dei “Cinque Sì”: così le aziende cambiano passo sulla parità di genere

La presidente del Wwi, Paola Corna Pellegrini (nella foto), lo sintetizza senza giri di parole: «Dobbiamo ridurre il divario di genere e dobbiamo farlo in fretta. È un imperativo per le aziende e per il Paese».

Che cosa cambia con i “5 Sì”
Il Manifesto non elenca intenzioni generiche, ma chiede di assumere obiettivi DE&I misurabili nei piani di performance, attivare punti di ascolto contro la violenza sulle donne, puntare alla certificazione della parità di genere, garantire trasparenza retributiva, sostenere la crescita dei talenti femminili.
Cinque impegni operativi che rappresentano un cambio di metodo: misurare, ascoltare, rendicontare, proteggere, promuovere.

Per Francesca Mosca, che ha coordinato il lavoro, il nodo è culturale oltre che organizzativo: «Gli uomini ai vertici devono essere i primi alleati delle donne, dando l’esempio con azioni concrete e rimuovendo le barriere che ancora frenano la piena valorizzazione del talento femminile».

L’economia che cresce quando cresce la diversità
L’argomento non è più solo valoriale. È un asset competitivo documentato da anni di ricerche internazionali: team misti generano maggiore innovazione, riducono i rischi decisionali e aumentano la probabilità di performance finanziarie superiori.
La complementarità degli approcci manageriali femminili e maschili, sottolineano dal Wwi, crea un ambiente più flessibile, capace di leggere le crisi e adattarsi con rapidità. È qui che il Manifesto si innesta: nella consapevolezza che le imprese che investono sulla diversità crescono meglio e più velocemente.

La sfida demografica come leva di realismo
C’è poi la dimensione macroeconomica, quella che porta la discussione oltre i confini delle imprese. L’Italia, ricorda ancora Corna Pellegrini, deve fare i conti con declino demografico e invecchiamento della popolazione. In questo scenario, parità salariale e occupazione femminile elevata sono strumenti essenziali per evitare un indebolimento strutturale del sistema Paese.
Non è un tema ideologico, ma un calcolo di sostenibilità futura: un mercato del lavoro che esclude metà del potenziale disponibile rallenta, non regge la competizione internazionale e riduce la base fiscale e previdenziale.

Perché serve un impegno “di vertice”
La richiesta agli uomini ai timoni aziendali non nasce da una delega, ma dal riconoscimento del loro potere trasformativo. Sono loro a decidere tempi, priorità, risorse; loro possono “spostare l’ago della bilancia” introducendo criteri oggettivi che premiano l’equità.
Il Manifesto suggerisce una via pragmatica: intervenire sui meccanismi che generano disparità (dai sistemi di valutazione ai processi di avanzamento), rendere trasparenti i dati interni, creare spazi sicuri di ascolto. Niente rivoluzioni retoriche, ma governance più moderna e coerente con gli standard internazionali.

La sfida dei prossimi mesi
Il Wwi punta ora a raccogliere sottoscrizioni, ma soprattutto ad aprire una stagione di accountability pubblica, i cui effetti potranno essere misurati nei bilanci sociali e nelle metriche ESG.
Il Manifesto arriva in una fase in cui il dibattito sulla parità attraversa politica, imprese e società civile, ma ciò che ancora manca, sostengono gli organizzatori, è un salto di responsabilità manageriale: non basta simpatizzare, serve cambiare gli indicatori con cui si giudica la buona gestione.

In gioco c’è la capacità dell’Italia di restare competitiva, innovare e trattenere talento. E il messaggio del Manifesto, nella sua essenzialità, prova a ricordarlo: accelerare sulla parità non è un atto simbolico, ma una decisione di business.

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