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Macron sfida Trump sulla Palestina. E Riad sta con Parigi

- di: Bruno Coletta
 
Macron sfida Trump sulla Palestina. E Riad sta con Parigi
Francia pronta al riconoscimento dello Stato palestinese, Usa e Israele insorgono. Ma l’Arabia Saudita applaude Macron e spiazza Trump. La Francia rompe il fronte occidentale: la Palestina sarà riconosciuta.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato che la Francia riconoscerà ufficialmente lo Stato di Palestina in occasione della prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre. Un gesto che rilancia l’ambizione geopolitica di Parigi e rompe la linea conservatrice imposta dagli Stati Uniti nel conflitto israelo-palestinese.

L’iniziativa si inserisce in un piano più ampio per riavviare il processo di pace e rispondere al collasso umanitario a Gaza, dove oltre 59.000 palestinesi hanno perso la vita dall’inizio dell’offensiva israeliana post-7 ottobre.

La furia di Washington: “Un regalo a Hamas”

La reazione degli Stati Uniti, sotto la presidenza Trump, è stata immediata e furiosa. Il segretario di Stato Marco Rubio, fedelissimo dell’ex presidente, ha dichiarato su X: “Gli Stati Uniti respingono fermamente il piano di Macron. Questa decisione sconsiderata alimenta la propaganda di Hamas ed è uno schiaffo alle vittime del 7 ottobre”.

Un’accusa durissima che però non stupisce. Nella visione trumpiana, ogni riconoscimento della Palestina senza il consenso esplicito di Israele equivale a un atto ostile. E difatti il governo Netanyahu ha accusato la Francia di “ricompensare il terrorismo”, mentre il ministro israeliano della Difesa, Israel Katz, ha definito la mossa “vergognosa”.

Ma Riad sorprende: “Una scelta storica”

A cambiare il quadro è però l’Arabia Saudita. Grande alleata di Trump, regina delle intese sottobanco con Jared Kushner, regista dei famigerati Accordi di Abramo, Riad ha accolto con entusiasmo la svolta francese.

In una dichiarazione ufficiale del Ministero degli Esteri, il regno wahhabita definisce la decisione di Macron “storica” e “coerente con il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione”. Ancora più sorprendente è l’appello rivolto agli altri Paesi: “Invitiamo la comunità internazionale ad adottare misure analoghe e positive”.

Il cortocircuito è evidente. Il Paese che per anni ha finanziato lobby filo-israeliane a Washington, e che ha sostenuto Trump con regali, commesse miliardarie e petrolio a buon mercato, oggi sfida pubblicamente la sua linea. E il presidente americano, incastrato dai debiti di gratitudine verso il principe ereditario Mohammed bin Salman, non può nemmeno rispondere.

Macron nel solco di De Gaulle: la Francia non prende ordini

Macron ha scelto di agire in solitaria, come fece il generale De Gaulle quando decise di riconoscere la Cina comunista nel 1964 o di uscire dal comando integrato della NATO. Anche oggi Parigi rifiuta la logica binaria imposta da Washington, rivendicando un ruolo autonomo in Medio Oriente.

Il portavoce dell’Eliseo ha spiegato che “la Francia non può più restare ferma di fronte alla tragedia di Gaza. Il riconoscimento è un atto politico, non simbolico”.

La scelta arriva alla vigilia della conferenza ONU di New York del 28–29 luglio, organizzata da Francia e Arabia Saudita per discutere una soluzione multilaterale al conflitto. Gli Stati Uniti hanno già fatto sapere che non parteciperanno, mentre diversi Paesi europei stanno valutando se unirsi alla Francia.

I motivi dietro lo schiaffo di Riad a Trump

Dietro il sostegno saudita alla Palestina c’è una strategia calcolata. Dopo anni di intese sottotraccia con Israele, Bin Salman ha capito che l’allineamento totale con Washington non conviene più. Il mondo arabo è in ebollizione, e il rischio di una rivolta interna cresce con ogni raid su Gaza.

L’Arabia Saudita tenta così di recuperare credibilità tra i musulmani e di presentarsi come leader morale del mondo islamico. E per farlo, non esita a sconfessare l’amico Trump, consapevole che l’ex presidente è troppo compromesso con gli affari sauditi per alzare la voce.

L’Europa osserva, ma resta divisa

Intanto, l’Unione Europea è spaccata. Spagna, Irlanda e Slovenia hanno già riconosciuto lo Stato di Palestina, ma Germania e Italia frenano. Il premier italiano Giorgia Meloni, in una nota del 25 luglio, ha dichiarato: “Serve una soluzione bilanciata. L’Italia sostiene il dialogo, non atti unilaterali”. Ma per molti osservatori, Roma segue in silenzio la linea Trump.

L’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, invece, ha aperto uno spiraglio: “È tempo che l’Europa giochi un ruolo attivo per la pace”. Ma senza un’iniziativa comune, il peso geopolitico del continente resta modesto.

Uno spartiacque geopolitico

Il riconoscimento francese, con la benedizione saudita e la condanna americana, segna una svolta nei rapporti di forza internazionali. L’asse storico Washington-Parigi si spezza ancora una volta. E Macron, con tutte le sue contraddizioni, incarna oggi la voce dissonante dell’Occidente.

Riad, che fino a ieri pagava Trump per tacere, ora alza la voce. E l’Europa, se non vuole restare schiacciata tra le superpotenze, dovrà decidere se seguire l’autonomia di Parigi o restare appiattita sull’agenda americana.

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