Sanzioni, navi e lessico da Guerra fredda: Washington stringe Caracas e chiama “anti-droga” una morsa che sa di energia e dominio.
(Foto: una petroliera che cambia rotta).
La parola chiave non è “narcotraffico”. È petrolio. E la parola d’ordine non è “operazione di sicurezza”,
ma “quarantena”: un termine chirurgico, freddo, calibrato per suonare tecnico mentre fa il lavoro sporco
della geopolitica. Secondo quanto riportato da Reuters, la Casa Bianca ha indirizzato
le forze statunitensi a concentrarsi quasi esclusivamente sull’interdizione del greggio venezuelano
per almeno due mesi, indicando che l’obiettivo immediato è la pressione economica, più che un attacco diretto.
È una svolta che mette a nudo l’impalcatura retorica: si può invocare la “lotta al crimine” quanto si vuole, ma quando il mirino
si sposta sulle petroliere, sulle rotte e sui contratti, la scena cambia. Non è un inseguimento di narcos: è una presa alla gola
di un Paese attraverso il suo rubinetto vitale.
Una “quarantena” che riecheggia Cuba 1962
Reuters nota un dettaglio che pesa come un macigno: “quarantena” è il lessico usato dagli Stati Uniti durante la crisi dei missili cubani,
quando si evitò la parola “blocco” per non ammettere apertamente un atto di guerra. Oggi la grammatica torna utile: cambiare etichetta
per rendere digeribile la sostanza.
Un funzionario statunitense, citato da Reuters in forma anonima, avrebbe spiegato che l’intento è ottenere il risultato
desiderato prima con sanzioni e interdizione, lasciando sul tavolo “opzioni militari” ma senza farne la prima carta.
Nella stessa ricostruzione, Washington ritiene che entro fine gennaio il Venezuela rischi una “calamità economica”
se non accetterà concessioni ritenute “significative”.
La morsa in mare: sequestri, inseguimenti, “dark fleet”
La parte concreta della strategia è fatta di scafi, elicotteri e carte legali. Reuters riferisce di
due petroliere già intercettate e di una terza, indicata come Bella 1, che sarebbe nel mirino.
Un altro dispaccio Reuters (24 dicembre 2025) descrive un elemento rivelatore: nonostante una grande presenza militare nella regione,
l’operazione pratica ricade in larga misura sulla Guardia Costiera, che deve gestire abbordaggi ad alto rischio con risorse limitate.
Qui la narrativa “muscolare” inciampa sulla logistica: per salire su una nave che non collabora servono squadre specializzate,
elicotteri, procedure, tempo. E quando il tempo si allunga, emerge un fatto imbarazzante: l’arsenale da vetrina è scenografico,
ma la partita si gioca nei dettagli operativi.
Il punto: togliere ossigeno a Caracas, non “salvare” qualcuno
Il petrolio venezuelano non è solo una merce: è liquidità, è capacità di importare diluenti e componenti industriali,
è tenuta sociale. Reuters ha riportato che a novembre l’export viaggiava attorno a circa 921 mila barili al giorno,
con la Cina come principale destinazione e una quota inviata anche verso gli Stati Uniti attraverso operazioni collegate a Chevron.
Se blocchi navi e assicurazioni, se spaventi broker e armatori, colpisci la cassa prima ancora del palazzo.
E infatti, Reuters ha descritto l’aumento degli sconti richiesti sul greggio venezuelano in alcune rotte:
quando la sanzione diventa inseguimento in mare, il “rischio” si traduce in ribassi. Chi compra pretende un premio.
Chi vende incassa meno. E chi paga alla fine è un Paese già fragile.
Le sanzioni come clava: il Tesoro Usa allarga la rete
La cornice giuridica non è un dettaglio, è l’architrave. Il Dipartimento del Tesoro (comunicato dell’11 dicembre 2025)
ha annunciato nuove designazioni legate al settore petrolifero venezuelano e a navi/gestori accusati di operare o facilitare traffici
nel perimetro sanzionatorio, citando l’applicazione di strumenti come l’Executive Order 13850.
Il messaggio è chiaro: non si mira solo al barile, ma a tutta la catena che lo muove.
Anche un documento di sintesi del Congressional Research Service (5 dicembre 2025) ricostruisce come negli ultimi anni
l’architettura delle licenze e delle restrizioni sia stata continuamente ritoccata, con effetti diretti sulle compagnie abilitate,
sui flussi e sulle finestre operative. Traduzione: la politica estera passa dal porto, ma anche dal timbro su un modulo.
Lo scontro sul diritto: l’affondo dell’Onu
Il problema è che, quando una sanzione “si arma” e diventa interdizione navale, entra in un terreno scivoloso: chi decide
cosa può passare in mare? Un gruppo di esperti Onu per i diritti umani (comunicazione pubblicata sul sito OHCHR, 24 dicembre 2025)
ha condannato la “parziale” interdizione marittima definendola una violazione delle regole fondamentali del diritto internazionale e ha
criticato l’idea di far rispettare misure unilaterali tramite una forza navale.
In altre parole: non è solo un braccio di ferro tra Washington e Caracas. È un precedente. Se oggi si normalizza l’idea che una potenza
possa imporre una “quarantena” energetica con navi e minacce, domani chiunque potrà rivendicare lo stesso schema.
Imperialismo in giacca e cravatta: perché il bersaglio è l’energia
Chiamiamola col suo nome: mentalità imperialistica. Non quella caricaturale da poster, ma quella moderna, che si presenta
con un comunicato e si esercita con un radar. L’energia è potere perché è leva su entrate fiscali, tenuta interna,
alleanze internazionali, capacità di negoziare. E il Venezuela, con le sue riserve e la sua posizione, resta un obiettivo permanente
per chi ragiona in termini di sfere d’influenza.
La retorica “anti-narcotraffico” funziona come carta assorbente: prende l’inchiostro più scomodo e lo rende presentabile.
Ma se l’ordine operativo è “quasi esclusivamente” sul greggio, allora la storia è un’altra. Ed è una storia in cui la virtù
proclamata copre una pratica brutale: affamare di valuta un Paese per piegarne la politica.
Cosa può succedere da qui a fine gennaio
Se la strategia resta centrata sulla pressione economica, i prossimi snodi saranno tre:
1) Mare e assicurazioni. Più cresce il rischio di sequestro, più la logistica si complica: armatori, broker, coperture assicurative,
pagamenti, triangolazioni.
2) Sconti e contratti. Se aumentano i ribassi richiesti dagli acquirenti, Caracas incassa meno anche quando riesce a vendere.
3) Reazione internazionale. La condanna degli esperti Onu, se seguita da prese di posizione politiche più ampie, può aprire
un fronte di contestazione diplomatica sul concetto stesso di “quarantena” armata.
L’unica certezza è che il costo umano di queste strette raramente ricade su chi firma gli ordini. Ricade su chi vive l’inflazione,
le carenze, la compressione del reddito. E qui la durezza non è un’opinione: è una constatazione.