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Istat: Pil acquisito per il 2025 allo 0,5%, ma con tre giornate lavorative in meno

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Istat: Pil acquisito per il 2025 allo 0,5%, ma con tre giornate lavorative in meno

L’Italia entrerà nel 2025 con un Pil acquisito pari allo 0,5%, un dato che riflette una crescita moderata e una dinamica economica che continua a muoversi su ritmi lenti. Lo ha ricordato il presidente dell’Istat, Francesco Chelli, nel corso dell’audizione parlamentare sul disegno di legge di bilancio, evidenziando come la stima tenga conto anche di un fattore tecnico spesso sottovalutato: nel 2025 si registreranno tre giornate lavorative in meno rispetto al 2024, un elemento che può incidere sensibilmente sul confronto annuo dei livelli produttivi.

Istat: Pil acquisito per il 2025 allo 0,5%, ma con tre giornate lavorative in meno

Secondo i dati diffusi recentemente dall’Istituto nazionale di statistica, nel terzo trimestre del 2025 l’economia italiana è rimasta stazionaria in termini congiunturali, dopo la lieve contrazione registrata nel trimestre precedente. Su base tendenziale, invece, la crescita si è attestata allo 0,4%, segnando un rallentamento rispetto ai due trimestri precedenti, quando la ripresa appariva più solida, sostenuta in parte dagli investimenti pubblici legati al Pnrr e da una domanda estera più vivace.

L’andamento dei principali indicatori suggerisce dunque una fase di raffreddamento congiunturale, in cui produzione industriale, consumi e investimenti mostrano segnali contrastanti. Il settore dei servizi rimane positivo, ma l’industria e le costruzioni risentono della fine del ciclo espansivo legato ai bonus edilizi e della riduzione delle esportazioni verso alcuni mercati chiave.

Effetto calendario e correzione statistica
Chelli ha voluto sottolineare un aspetto metodologico spesso trascurato nel dibattito pubblico: “Le stime trimestrali del Pil – ha spiegato – sono realizzate al netto delle differenze interannuali nei giorni lavorativi”. Nel 2025, ha aggiunto, “ci saranno complessivamente tre giornate lavorative in meno rispetto al 2024”.

Questo significa che il confronto diretto tra i dati annuali deve essere letto con cautela, poiché il minor numero di giorni utili alla produzione può tradursi in un impatto negativo apparente sulla crescita, pur in presenza di un’attività economica sostanzialmente stabile. È una precisazione tecnica che, nelle parole del presidente dell’Istat, serve a “dare un quadro più corretto della dinamica reale dell’economia italiana”.

Crescita debole ma non recessiva
Nonostante la frenata, il quadro delineato da Istat non evoca una recessione imminente. Il Pil acquisito dello 0,5% suggerisce che, se anche nei prossimi trimestri l’economia dovesse muoversi a ritmi contenuti, l’anno si chiuderebbe comunque in territorio positivo. La debolezza riguarda soprattutto la componente interna della domanda: i consumi delle famiglie risentono dell’inflazione e dell’incertezza, mentre gli investimenti privati restano condizionati dall’aumento dei costi di finanziamento e dal rallentamento del ciclo globale.

Nel frattempo, le esportazioni mostrano una tenuta migliore, anche se le tensioni geopolitiche e il rallentamento tedesco pesano sulla manifattura italiana, che rimane fortemente integrata nelle catene del valore europee.

Le implicazioni per la Manovra
Il dato dell’Istat arriva mentre il governo prepara il terreno per la discussione parlamentare sulla Manovra 2025, che punta a conciliare prudenza fiscale e sostegno alla crescita. Una crescita potenziale ferma intorno allo 0,5% implica infatti margini di manovra ridotti e un equilibrio complesso tra il contenimento della spesa e la necessità di sostenere investimenti e occupazione.

Il ministero dell’Economia, sulla base delle proiezioni contenute nella Nota di aggiornamento al Def, punta a mantenere il deficit sotto controllo e a incentivare misure di stimolo per il sistema produttivo, mentre l’Istat avverte che il vero nodo rimane la produttività, ancora stagnante.

Un 2025 all’insegna della cautela
Con una crescita acquisita allo 0,5%, un mercato del lavoro che mostra segnali di tenuta ma rallenta sul fronte delle assunzioni e un contesto internazionale incerto, il 2025 si annuncia come un anno di transizione per l’economia italiana.

L’auspicio, ha concluso Chelli, è che “la stabilità dei conti pubblici e il proseguimento dei programmi di investimento possano contribuire a consolidare la fiducia di imprese e famiglie”. Ma, avverte il presidente dell’Istat, “saranno le prossime politiche industriali e di produttività a determinare se la crescita tornerà sopra l’uno per cento o resterà inchiodata su livelli troppo bassi per sostenere l’occupazione e il reddito”.

Un messaggio di prudenza, ma anche di responsabilità: perché in un anno con tre giorni lavorativi in meno, anche la crescita più modesta va costruita con precisione da artigiano.

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