Istat: vendite al dettaglio in aumento a novembre 2022. I commenti delle associazioni

- di: Barbara Leone
 
Il mese di novembre 2022 ha registrato un aumento delle vendite al dettaglio (+0,8% in valore e +0,4% in volume) rispetto al mese precedente. In particolare, stando alle stime preliminari diffuse dall’Istat, le vendite di beni alimentari sono aumentate in valore (+0,6%) e sono rimaste stazionarie in volume, mentre quelle dei beni non alimentari hanno fatto registrare una variazione positiva in valore e in volume (rispettivamente +1% e +0,7%). Su base tendenziale, invece, le vendite sono aumentate del 4,4% in valore e calate del 3,6% in volume, con i beni alimentari cresciuti in valore (+6,6%) e diminuiti in volume (-6,3%). Stesso trend per le vendite dei beni non alimentari, in aumento in valore e in diminuzione in volume (rispettivamente +2,9% e -1,8%).

Istat: vendite al dettaglio in aumento a novembre 2022

Nel trimestre settembre-novembre 2022 le vendite al dettaglio sono cresciute in valore (+0,8%) e calate in volume (-1,4%) in confronto ai tre mesi precedenti, con i beni alimentari in aumento in valore (+1%) e in calo in volume (-2,3%), così come quelle dei beni non alimentari (+0,7% in valore e -0,5% in volume). “A novembre, rispetto al mese precedente, si registra - commenta l’Istat - una crescita delle vendite al dettaglio sia in valore sia in volume. Su base tendenziale, invece, continua a manifestarsi la dinamica già evidenziata nei cinque mesi precedenti: a una crescita ancora sostenuta delle vendite in valore si contrappone una marcata flessione dei volumi, dovuta soprattutto all'andamento delle vendite dei beni alimentari. Tutte le forme distributive registrano variazioni positive, in particolar modo la grande distribuzione e il commercio elettronico”.

I dati sono stati così commentati dall’Ufficio Studi Confcommercio: “Il modesto incremento congiunturale dei volumi acquistati non attenua la portata negativa del profilo delle vendite al dettaglio. Nei primi undici mesi dell’anno, al netto della variazione dei prezzi, le vendite sono risultate sostanzialmente ferme rispetto allo stesso periodo del 2021, evidenziando una contrazione significativa degli acquisti di alimentari e difficoltà di recuperare i volumi del 2019 in molti comparti”.

Secondo l’Ufficio Studi Confcommercio“è sempre più evidente come le perdite di reddito e l’erosione del risparmio accumulato generate dall’inflazione costringano le famiglie a comportamenti selettivi nei confronti dei consumi. La riallocazione della spesa per adesso ha interessato principalmente i beni, ma l’espansione del costo dei consumi obbligati potrebbe presto interessare anche l’ambito dei servizi. Forse - conclude l’Ufficio Studi Confcommercio - la recessione mite potrebbe essere evitata, non il forte rallentamento dell’attività economica, innescato proprio dalla frenata dei consumi, come testimoniato dalle variazioni tendenziali del mese di novembre per le varie formule distributive: riguadagna terreno l’e-commerce, soffrono i piccoli negozi e, nell’ambito della grande distribuzione, corrono i discount, una configurazione non nuova per l’Italia della crescita allo ‘zero virgola’ che si vorrebbe archiviare con le riforme e gli investimenti del Pnrr. Una sfida resa più difficile proprio dall’elevata inflazione”. 

Coldiretti: si taglia sul cibo, vola il low cost (+10,3%)

Il caro prezzi taglia del 6,3% le quantità di prodotti alimentari acquistate dagli italiani che sono però costretti però a spendere comunque il 6,6% in più a causa dei rincari determinati dalla crisi energetica. È quanto emerge dall’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al commercio al dettaglio a novembre. La situazione di difficoltà è resa evidente dal fatto che – sottolinea la Coldiretti – volano gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +10,3% nelle vendite in valore, il più elevato nel dettaglio.

Il risultato dei discount – precisa la Coldiretti – evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che hanno speso quasi 13 miliardi in più per acquistare cibi e bevande nel 2022. Tra le categorie di prodotti che hanno pesato di più sugli aumenti nel carrello ci sono – sottolinea la Coldiretti – la verdura che precede sul podio “pane, pasta e riso” e poi “carne e salumi” mentre al quarto posto la frutta precede il pesce, poi “latte, formaggi e uova” e quindi “olio, burro e grassi”. Seguono con esborsi aggiuntivi più ridotti le categorie “acque minerali, bevande analcoliche e succhi”, “zucchero, confetture, miele, cioccolato e dolci”, “caffè, tè e cacao” e sale, “condimenti e alimenti per bambini”.

Una situazione che costringe gli italiani – sottolinea la Coldiretti – ad andare a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti. Accanto alla formula tradizionale del 3×2 ed ai punti a premio – precisa la Coldiretti – si sono moltiplicate e differenziate le proposte delle diverse catene per renderle meno confrontabili tra loro e più appetibili ai clienti: dalle vendite sottocosto che devono seguire regole precise ai buoni spesa.

Per difendersi dagli aumenti 8 italiani su 10 (81%) hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, secondo l’analisi Coldiretti/Censis che evidenzia come siano cambiati anche i luoghi della spesa con il 72% degli italiani che si reca e fa acquisti nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta, in promozione. Per difendersi gli italiani infatti – sottolinea la Coldiretti – vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti.

Le difficoltà delle famiglie si trasferiscono direttamente sulle imprese dove l’aumento dei costi di produzione colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne dove più di 1 azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, ma ben oltre 1/3 del totale nazionale (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’esigenza di “raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza spostando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell’Europa”. Nell’ambito del Pnrr abbiamo presentato tra l’altro – precisa Prandini – progetti di filiera per investimenti dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura con più di 50 proposte e migliaia di agricoltori, allevatori, imprese di trasformazione, università e centri di ricerca coinvolti.  Un impegno che – conclude Prandini – ha l’obiettivo di combattere la speculazione sui prezzi con una più equa distribuzione del valore lungo la filiera per tutelare i consumatori ed il reddito degli agricoltori dalle pratiche sleali.

Confesercenti, quadro resta critico, per piccoli negozi calo del 6% in volume sul 2021

L’inflazione continua a pesare sul commercio al dettaglio, il cui quadro, purtroppo, resta critico in particolare per i piccoli negozi. Se il dato odierno di Istat sulle vendite del mese di novembre sembra infatti, da un lato, registrare una mini ventata positiva, con una variazione rispetto ad ottobre di +0,4% anche in volume, nel complesso la situazione non volge al miglioramento: le variazioni delle vendite, rispetto allo scorso anno, sono tutte ‘drogate’ dalla crescita dei prezzi, presentando oscillazioni positive in valore ma riduzioni in volume. Che per i piccoli negozi sono diventate un vero e proprio crollo, lasciando sul terreno il 6% del volume di vendite rispetto allo scorso anno.

A novembre, infatti, emerge per il totale delle vendite – rispetto allo stesso mese del 2021 – una crescita del 4,4% in valore ma una flessione del 3,6% in volume. Per quanto riguarda le diverse tipologie distributive, secondo nostre stime, la variazione dei volumi per la grande distribuzione registra  -1%, mentre per le piccole superfici arriva a -6%. Considerando tutti gli 11 mesi, la variazione media in volume è comunque negativa, – 0,3%: per la GDO è quasi del +1%, mentre per le piccole superfici raggiunge il -1,3%.

Inflazione e bollette hanno, dunque, determinato una flessione dei volumi di vendita, le famiglie hanno speso di più per una quantità di beni che diminuisce. Il 2023 si prospetta difficile e le famiglie hanno quasi terminato le ‘scorte’ di risparmi con le quali hanno finora sostenuto gli acquisti, mentre proseguono le incertezze sul mercato delle materie prime alimentari e dell’energia. Per questo auspichiamo che il Governo prosegua con decisione sulla strada dei sostegni a famiglie ed imprese, a partire dal fisco: tutelare la domanda interna è prioritario per la tenuta dell’economia in questa fase delicata. Il mini-taglio del cuneo fiscale stabilito in manovra è un primo passo nella giusta direzione, ma serve una riduzione più sostanziale per avere un effetto sulla spesa delle famiglie. Una strada da percorrere potrebbe essere, come chiediamo da anni, quella della detassazione degli aumenti salariali: un intervento che darebbe una spinta alla ripartenza della contrattazione e, quindi, ai salari.

Federdistribuzione, nel 2023 occorre un argine a inflazione e incertezza

I dati diffusi da Istat relativi alle vendite al dettaglio del mese di novembre segnano un lieve incremento sul mese precedente (+0,8%) sia per i beni alimentari (+0,6%) che per quelli non alimentari (+1,0%).

Il 2022 è stato un anno segnato da un livello di inflazione che non si registrava, nel nostro Paese, da diversi decenni. Nel corso dell’anno concluso, lo sforzo delle imprese della Distribuzione Moderna è stato ingente e orientato a gradualizzare l’impatto derivanti dagli extra costi e dagli aumenti sui beni in acquisto, con l’obiettivo di tutelare il potere d’acquisto delle famiglie e salvaguardare i consumi. L’effetto è stato un importante impegno di risorse economiche, con un investimento rilevante di margine e un impatto significativo sui conti economici delle aziende.

L’andamento dei consumi, come evidenziato già nei mesi scorsi da Federdistribuzione, risulta particolarmente preoccupante, in considerazione della crescente apprensione delle famiglie rispetto alla propria situazione economica. Nel mese di novembre, le vendite a volume, nel settore alimentare, hanno infatti registrato un dato su base annua del -6,3%.

Il 2023 si apre in continuità con l’anno precedente, all’insegna dell’incertezza e con un’inflazione acquisita che, come stima l’Istat, si attesta intorno al +5,1%. Secondo le previsioni dell’Ufficio Studi di Federdistribuzione se la spinta inflazionistica registrata finora dovesse ulteriormente proseguire nei prossimi mesi, si rischierebbe un’ulteriore frenata nei consumi. Da una delle recenti rilevazioni Ipsos condotte per Federdistribuzione emerge che 8 italiani su 10 si dichiarano preoccupati per l’impatto dell’inflazione sul proprio bilancio familiare e per fronteggiarlo stanno cambiando le proprie abitudini d’acquisto. Per quanto riguarda il food, 4 italiani su 10 sono più attenti a limitare gli sprechi e comprano solo lo stretto necessario, oltre un terzo ha ridotto i consumi o cerca soluzioni più economiche a parità di prodotti. Anche per quanto riguarda il comparto dell’abbigliamento e delle calzature quasi 4 italiani su 10 hanno ridotto gli acquisti. In questo scenario le analisi dell’Ufficio Studi di Federdistribuzione, già da qualche settimana registrano sui mercati i primi segnali di un rallentamento delle quotazioni delle materie prime e dei beni energetici. E in questa prospettiva, lo sforzo delle imprese della Distribuzione Moderna necessita di una condivisione da parte di tutti gli attori lungo la filiera, affinché si possano trovare tutte le soluzioni possibili per mettere un freno alla corsa dei prezzi a difesa del potere d’acquisto delle famiglie ed evitare fenomeni recessivi dovuti al crollo dei consumi interni.
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