Cosa cambia e come, nell'epoca dello 'sharp power', le opportunità e i rischi

 

Intervista a Paolo Messa

L'importanza fondamentale delle relazioni istituzionali (soprattutto per un grande Gruppo che opera in settori strategici), le loro caratteristiche, la loro evoluzione, la loro trasformazione in un’epoca, come la nostra, di grandi trasformazioni geopolitiche e geoeconomiche in cui sempre più forti appaiono le ‘armi’ dell’innovazione telematica, in primis dell’intelligenza artificiale. Argomenti di grande fascino e importanza sui quali abbiamo intervistato Paolo Messa, Direttore Relazioni Istituzionali di Leonardo S.p.A.

Per Leonardo (ex Leonardo-Finmeccanica), che opera nei settori cruciali della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza e che è la tredicesima più grande impresa di difesa del mondo e la terza più grande d’Europa, le relazioni istituzionali rappresentano ovviamente un elemento fondamentale, operando in un business caratterizzato da un forte peso, diretto e indiretto, del settore pubblico (nazionale e internazionale), nel quadro di dinamiche dettate dalla geopolitica e dalla geoeconomia. Dal novembre 2018 è Direttore delle Relazioni Istituzionali di Leonardo. In dettaglio, in cosa si sostanzia la ‘mission’ assegnatagli dal Gruppo? In altre parole, cosa fa un Direttore di Relazioni Istituzionali? Come? Con quale ‘modus operandi’? A suo parere, con quale stile deve svolgere il suo compito?
Le istituzioni sono interlocutori fondamentali per ogni soggetto economico. Per Leonardo, per la sua stessa natura di azienda strategica, le istituzioni sono se possibile anche qualcosa in più: li consideriamo come partner con i quali sviluppare la nostra mission aziendale e, più in generale, realizzare l’interesse nazionale. Va infatti considerato che Leonardo rappresenta il campione nazionale nel settore dell’Aerospazio Difesa & Sicurezza (AD&S): conta il 63% degli addetti in Italia su oltre 49mila risorse complessive nel mondo, e alimenta una significativa parte del tessuto imprenditoriale italiano, generando valore economico nei territori dove opera e favorendo una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile dell’economia italiana.
Come si può facilmente immaginare, non esiste un “modus operandi” standard per chi si occupa di relazioni istituzionali. Ciascun professionista avrà sempre una sua identità che lo distingue. Possiamo però di certo condividere l’idea che il task principale sia quello di saper garantire il più efficace e trasparente processo di comunicazione dall’impresa alle istituzioni, e viceversa. Nel caso di Leonardo, mi piace segnalare che l’azienda ha scelto una parola chiave che è particolarmente eloquente: “integrità”. Questo è il punto cardinale della nostra bussola professionale: ci orienta nel labirinto della quotidianità. Recentemente il nostro Amministratore Delegato ha ricordato come l’integrità sia quel valore in cui credere per “una gestione sostenibile del business” e che “agire con integrità e trasparenza significa essere partner affidabili nel lungo termine per tutti gli stakeholder”. Questa affermazione vale per tutti e ancora di più vale per chi si occupa di relazioni istituzionali.

L’azionista di riferimento di Leonardo, con il 30,2%, è il ministero dell’Economia e delle Finanze, e il 51,2% è detenuto da investitori istituzionali. In base all’esperienza che ha avuto in oltre un anno, come giudica la qualità e il livello del rapporto tra Leonardo e il suo azionista di riferimento? E quello con gli altri investitori istituzionali che rientrano nella sua sfera d’azione in qualità di Direttore Relazioni Istituzionali? Che tipo di azionista di riferimento è il Ministero?
Anzitutto occorre operare una distinzione che non è solo di carattere formale. Nelle aziende quotate come la nostra, esiste la funzione di Investor Relations che, per propria natura, segue i rapporti con gli azionisti, svolgendo un lavoro specifico e distinto rispetto al nostro. Per chi si occupa di relazioni istituzionali è una gran fortuna, come nel nostro caso, di poter contare su colleghi di primissimo ordine che gestiscono professionalmente i rapporti con azionisti e mercato in generale.
Per parte nostra, e lo dico senza formalità, l’interlocuzione con il governo e con il Mef è da sempre orientato alla massima collaborazione. Avendo chiarissima la distinzione dei ruoli, il dialogo è basato sulla comune tensione verso l’interesse nazionale. Questo concetto è davvero importante perché non indica una sorta di “fast track” ma al contrario carica sulle spalle di tutti gli attori, compresi quelli che rappresentano le imprese, una responsabilità più grande, più pervasiva.
Aziende come Leonardo hanno accompagnato e accompagnano lo sviluppo del Paese, contribuendone alla modernizzazione e dotandolo di uno straordinario patrimonio di competenze, capacità e tecnologie, eccellenze in settori altamente competitivi, know-how, cultura dell’innovazione, ricerca e occupazione qualificata.

Lei ha scritto un eccellente libro dal titolo “L’Era dello Sharp Power” (Università Bocconi - ottobre 2018), che ha avuto una vasta eco e che tratteggia l’evoluzione del potere nell’ambito delle relazioni istituzionali. Dal libro emerge che ciò che è cambiato e che ha oggi trovato la sua codificazione nel termine ‘sharp power’ è da un lato la sistematicità delle azioni e dall’altro la straordinaria potenzialità e al tempo stesso la grande vulnerabilità dei mezzi tecnologici che oggi permeano e condizionano la vita quotidiana degli individui, così come l’esistenza e la funzionalità delle istituzioni. Cos’è quindi lo ‘sharp power’ e come impatta a livello di relazioni istituzionali?
Lo “sharp power” attiene al confronto fra le potenze nazionali ed al concetto, ben noto alla cultura politica italiana, dell’egemonia. Si tratta di una nuova postura che supera la logica del “soft power” che ha distinto il primato occidentale durante la guerra fredda. Dopo la caduta del muro di Berlino, superata l’illusione della fine della storia, le innovazioni tecnologiche ed il predominio della dimensione cibernetica hanno cambiato le regole del gioco internazionale e player come Russia e Cina sono tornate in campo per quella ormai in tanti chiamano la “guerra fredda 2.0”.
In questo contesto, le aziende operanti nel settore della Difesa sono naturalmente impattate ma non in modo diretto ma in quanto strumenti di politica estera di ciascun Paese. Ovviamente i professionisti delle relazioni istituzionali di per sé non rivestono un ruolo di primaria importanza ma, c’è un ma. Infatti, oggi come mai prima occorre che tutta la classe dirigente - inclusi i manager delle imprese - abbia il maggior grado di consapevolezza possibile. Agiamo in un mondo sempre più interconnesso, dove la tecnologia è pervasiva, la minaccia cibernetica si manifesta in modo articolato e le campagne di disinformazione raggiungono picchi di sofisticatezza inimmaginabili solo fino a qualche anno fa. La prima difesa è quella culturale e non può che fare perno, appunto, sulla consapevolezza.

Legandoci alla domanda precedente, lo ‘sharp power’ appare come un caleidoscopio in continuo mutamento di equilibri e di situazioni, legato com’è ai movimenti geopolitici e geoeconomici. Prevedere ragionevolmente, soprattutto in una fase della storia mondiale così incerta, è certamente cosa difficilissima, ma può tracciare ugualmente alcune linee di fondo all’interno delle quali si possono trovare indicazioni per la geopolitica (e geoeconomia) italiana, soprattutto nei campi - come detto, cruciali - in cui opera Leonardo? In questa fase di profondi mutamenti, e quindi di incertezza, quali sono a suo parere gli elementi permanenti nella ‘cassetta degli attrezzi’ che un responsabile delle relazioni istituzionali di una grande azienda strategica deve tenere sempre a mente e che restano sempre validi?
Nella “cassetta degli attrezzi” sicuramente trovano posto le buone letture: i manuali di politica, di geografia e di storia. C’è sempre tanto da imparare e conoscere. Non viviamo tempi noiosi...

Lei è arrivato alla carica in Leonardo avendo alle spalle numerose e qualificatissime esperienze professionali. Volendo fare una classifica, quali di quelle esperienze le sono state più utili per il suo incarico in Leonardo?
Non ho dubbi. L’esperienza di figlio, prima, e di padre, poi.

L’AD di Leonardo, Alessandro Profumo, in commissione Difesa al Senato sulle “Prospettive dell’export italiano di materiali per la difesa e la sicurezza” ha lanciato una sorta di appello al Governo e alle società statali come Cdp, Sace e Simest a sostenere all’estero il Gruppo. Affermando anche: “Pensiamo si possano avere delle ottimizzazioni nella nostra normativa, prevedendo soluzioni che possano consentire un sostegno dell’export più rilevante, in linea con quanto stanno facendo i nostri concorrenti”. Qualcosa si sta muovendo in questa direzione?
Con estremo orgoglio posso testimoniare che insieme a CDP stiamo lavorando con un elevato grado di sintonia. Abbiamo strutturato la nostra già buona relazione attraverso un’intesa che sta portando al raggiungimento di risultati molto positivi e che possono essere un buon esempio di quel supporto allo sviluppo del sistema-Paese di cui spesso parliamo. La nostra esperienza dimostra che è possibile lavorare efficacemente insieme. I benefici di questa sinergia non si limitano a questi due campioni nazionali. Insieme, ad esempio, siamo impegnati in un programma a favore della crescita sostenibile della nostra filiera industriale che vale 3,7 miliardi di euro e può contare su 2.700 Pmi diffuse su tutto il territorio nazionale.

Lei ha anche scritto per la Gnosis, la rivista della comunità di intelligence italiana, un saggio su “Industria e sicurezza nazionale”. Tema di grande fascino e importanza, che è in sinergia con le relazioni istituzionali. Qual è in questo campo la sua tesi di fondo?
La mia tesi di fondo è che alcune aziende, come quelle che operano nei settori della difesa e sicurezza, giochino un impatto decisivo non solo sull’economia del Paese ma anche in termini di sicurezza nazionale. Si tratta di imprese che godono di una attenzione particolare da parte del legislatore. La disciplina dei “poteri speciali” (Golden Power), recentemente aggiornata dal governo e dal Parlamento, rappresenta un ancoraggio fondamentale fra libertà economica e tutela dell’interesse nazionale. Va detto peraltro che questo impianto normativo non è eccentrico bensì è del tutto coerente con la legislazione europea e statunitense. E’ invece un primato del nostro Paese quello di aver formalizzato quello che è stato definito come il “perimetro di sicurezza nazionale cibernetica”: un modello che numerosi altri Stati stanno guardando come un vero e proprio benchmark. Questi strumenti normativi, per la loro delicatezza, impongono ad aziende come Leonardo vincoli ancora più stringenti rispetto al proprio posizionamento. E’ una sensibilità di cui i responsabili delle relazioni istituzionali devono sapersi fare corretti interpreti, se possibile con un plus di consapevolezza e responsabilità. Rappresentiamo un asset primario per il nostro sistema-Paese, da difendere e promuovere. Possiamo farlo se uniti nell’obiettivo di far coincidere politica industriale ed interesse nazionale. Avere una industria nazionale della Difesa e della Sicurezza è infatti un presupposto della sovranità: esistono altri ambiti produttivi che possono avere una rilevanza economica uguale o superiore, ma non altrettanto valore strategico. Non dimenticando mai che si tratta di una industria che opera per garantire la sicurezza, il pane di consumo quotidiano della collettività, e per contribuire incessantemente alla produzione di quel bene essenziale che è la “libertà dalla paura”, uno dei presupposti del contratto tra Stato e cittadino.

Cosa vorrebbe che un domani fosse ricordato del suo attuale incarico in Leonardo? Quale impronta vuole lasciare?
Una realtà aziendale come Leonardo è capace di dare professionalmente tantissimo ed io ne sono sinceramente grato. Restituire questa incredibile opportunità è davvero difficile. Personalmente, mi piacerebbe consegnare l’impronta di un modello organizzativo efficace e ben connesso con tutte le altre funzioni della società. Last but not least, coltivo l’ambizione di lasciare un gruppo dirigente capace di fare meglio di me e, se guardo al team delle persone che lavorano nelle relazioni istituzionali di Leonardo, non posso che essere ottimista.

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