Intermonte, Report mensile sulle Mid Small Cap italiane: se il rimbalzo fosse il preludio al riposizionamento del 2024

- di: Andrea Randone, Head of Mid Small Cap Research di Intermonte
 

·       Performance (+). Il mercato azionario italiano (prezzi al 16 novembre 2023) è salito del 3,3% nell'ultimo mese ed è in rialzo del 21,3% su base annua. L'indice FTSE Italy Mid-Cap (+6,5%) ha sovraperformato l'indice principale del 3,2% nell'ultimo mese (-16,2% YtD su base relativa), mentre l'indice FTSE Italy Small Caps (+2,3%) ha registrato una performance dell'1,0% inferiore al mercato e del -28,5% su base relativa dall'inizio del 2023. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l'indice MSCI Europe Small Caps è salito del 3,2% nell'ultimo mese, registrando una performance peggiore rispetto alle mid-cap italiane.

·       Stime (=). Dall'inizio del 2023, abbiamo attuato una revisione al rialzo del +18,19% delle nostre stime sugli EPS per il 2023, mentre la revisione è stata più contenuta (+10,8%) sugli EPS per il 2024; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, invece, dal 1° gennaio 2023 abbiamo aumentato gli EPS 2023 di appena il 5,1%. In particolare, nell'ultimo mese non abbiamo apportato modifiche significative alle nostre stime né per i titoli del FTSE MIB (+1,1% sugli EPS 2023), né per la nostra copertura delle mid-cap (-0,6%).

·       Valutazioni (-). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l'esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un re-rating YtD del 3,2% (la stessa metrica era -2,2% un mese fa); le mid-cap hanno registrato un de-rating del 3,5%, mentre le small-cap si sono rivalutate del 17,8%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 31% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%) e al livello di un mese fa (25%).  

·       Liquidità (+). Osservando l'andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità delle large cap nell'ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è superiore del 21,0% rispetto allo stesso periodo di un anno fa, ma è in crescita solo del 5,5% a livello annuale. Il quadro è più preoccupante per le mid/small cap: nello specifico, la liquidità per le mid cap è scesa del 12,1% YoY, mentre per le small cap è scesa del 16,9% YoY, nonostante il miglioramento dell'ultimo mese, dovuto soprattutto al più favorevole confronto su base annua.    

·       Strategia d’investimento. Nell’ultimo mese, le mid cap italiane hanno segnato un importante rimbalzo, guidato, ancora una volta, dalle speculazioni sul fatto che non dovrebbero esserci più rialzi dei tassi. La complessità del quadro politico è talmente elevata da poter immaginare che sia un deterrente a una politica monetaria troppo restrittiva. In Italia, la legge di Bilancio sembra avere spazi di manovra limitati e questo rende le relative discussioni poco rilevanti borsisticamente. Intanto i risultati del 3Q23 hanno offerto complessivamente spunti abbastanza confortanti, sottolineando in diversi casi l’attrattività sui fondamentali di diverse società, anche in presenza di qualche delusione tra le aziende industriali e consumer, che soffrono del rallentamento economico in corso. In questo scenario noi consigliamo di aumentare il peso sui titoli mid cap, puntando su quelli che offrono una buona generazione di cassa (coerentemente allo scenario “higher for longer” dei tassi). Nonostante il rimbalzo i titoli tecnologici continuano a essere interessanti, qualche utility e qualche azienda che può contare su un order backlog significativo. In termini di flussi PIR, i riscatti nei primi 9 mesi hanno superato 1,8 miliardi di euro e la visibilità di un'inversione di tendenza resta bassa. Questa situazione dovrebbe spingere il governo a consentire agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR).

 

I deflussi dai PIR sono proseguiti anche in settembre

Nella sua revisione trimestrale del 7 settembre 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del secondo trimestre ‘23. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 610 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato afflussi per 0,7 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 17,5 miliardi di euro, mentre 1,5 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi.

Secondo l'Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, i dati sui deflussi in luglio, agosto e settembre sono rimasti poco incoraggianti, pari rispettivamente a -169,4 milioni di euro, -87,5 milioni di euro e -163,4 milioni di euro, portando i deflussi del terzo trimestre 2023 a un totale di 420,3 milioni di euro.

 

Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell'indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l'eliminazione dell'imposta sulle plusvalenze a condizione che l'investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Il PIR alternativo è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all'economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L'importo massimo investibile all'anno è di 300.000 euro per persona (contro i 40.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail).

 

Confermiamo le nostre stime sui PIR ordinari, anche se la visibilità rimane bassa

I dati di Assogestioni relativi al 1° semestre del 2023 mostrano 1425,4 milioni di euro di deflussi e i dati preliminari di mercato relativi al terzo trimestre (-420,3 milioni di euro) confermano questo trend negativo. Ricordiamo che le nostre stime per l'anno in corso, dopo una serie di revisioni al ribasso, al momento prevedono deflussi pari a 1,9 miliardi di euro, presupponendo un miglioramento dei numeri nel quarto trimestre 2023, nonostante la visibilità rimanga bassa.

Se si guarda alle ragioni dei riscatti dai fondi PIR, si può certamente ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei 5 anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri fondi e mercati.

Secondo la stampa, il governo italiano sta studiando un emendamento per consentire agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR). Il piano non comporterebbe alcun costo aggiuntivo per il governo, poiché il tetto di investimento di 40.000 euro all'anno per persona (o 200.000 euro in 5 anni) rimarrebbe invariato. Accogliamo con grande favore questa iniziativa, che, se approvata, pensiamo possa rilanciare gli afflussi verso i fondi PIR, in quanto il vantaggio di diversificare su più prodotti PIR potrebbe aumentare gli investimenti dei singoli.

Nel lungo termine, ci aspettiamo che l'interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell'investitore.

 

Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

 

·        Per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di PIR pari a 120 milioni di euro;

·        Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;

·        Infine, calcoliamo che l'ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo sarà pari al ~16% degli Assets under Management nel 2023.

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