Influencer, nasce il primo sindacato italiano di categoria per quelli che non lavorano… o forse sì?

- di: Barbara Leone
 
Un esercito di 350mila persone per un valore di mercato di 280 milioni di euro. Professione: influencer. Che da oggi possono contare anche su un sindacato nuovo di zecca nato per tutelare i loro diritti. Si chiama Assoinfluencer, ed è il primo sindacato italiano che rappresenta influencer e content creator: dagli youtuber ai podcaster, dagli streamer agli instagrammer fino ai cyberatleti. Una vera e propria associazione sindacale creata ad hoc, a testimonianza del crescente riconoscimento della loro professionalità e del loro ruolo nel mondo della comunicazione e del marketing.

Influencer, nasce il primo sindacato italiano di categoria

“Questo ambito della digital economy - sostiene Jacopo Ierussi, founder e presidente di Assoinfluencer - non solo non è ancora attenzionato da una legislazione specifica sia sul piano fiscale sia dei compensi, ma spesso vede i suoi attori scontare un quadro giuridico poco chiaro e trasparente, nella cui costruzione l’associazione mira a coinvolgerli”.

L’associazione, in realtà, si era già attivata in passato per sostenere l’emendamento denominato Creators approvato dal Parlamento nell’ambito della Legge sulla Concorrenza 2021. Emendamento che, ricorda Ierussi, “ha portato il governo a riconoscere la figura del creatore di contenuti digitali, di fatto il primo passo delle istituzioni per lo sviluppo della Creator Economy italiana”. Di primo acchito questa notizia ci lascia un po’ perplessi. Perché istintivamente viene da pensare alla rappresentazione plastica di un Paese che viaggia totalmente alla rovescia.

Tradotto: un sindacato per persone che non lavorano. Perché diciamoci la verità: la figura dell’influencer è alquanto indigesta. Appaiono, e molto spesso lo sono, come dei nullafacenti superficialotti che fanno soldi facili convincendo gli allocchi di turno, definiti da molti deficienter, a vestirsi e truccarsi così, mangiare e bere cosà e più in generale ad allinearsi a mode e modi di fare. Sembra tutto finto, forzato ed insopportabilmente frivolo. Una vita, quella degli influencer (soprattutto i famosissimi e seguitissimi come la Ferragni, Khaby Lame, Gianluca Vacchi e compagnia cantando), lontana anni luce da quella della gente che si spacca la schiena in fabbrica, o che si alza alle sei del mattino per andare in un ufficio dove presumibilmente si ritrova ad ingoiar rospi dalla mattina alla sera per millecinquecento euro.

Quando tutto va bene, ovvio. E di cui alla fine poco rimane tra affitto, bollette, condominio, benzina e varie ed eventuali che servono per campare. Insomma, senza falsa retorica a uno che trotta come un mulo dalla mattina alla sera, e magari stenta pure ad arrivare a fine mese, questi influencer che incassano follower e soldi a suon di tik tok girati mentre fanno comodamente colazione alle undici del mattino stanno un po’ sulle balls. Siamo umani. E la nascita di un sindacato che ne tuteli i diritti pare tanto una presa per i fondelli per i muli di cui sopra. Ma non è sempre oro tutto quello che luccica. E dopo l’iniziale travaso di bile osserviamo che, con le dovute differenze, anche in questo ambito c’è chi si impegna seriamente e merita quindi d’esser tutelato.

Esattamente come tutti i lavoratori. Dietro la categoria del content creator, ad esempio, ci sono grafici, editor e tante altre figure professionali che escono dai nostri istituti tecnici. Gente che lavora anche otto ore al giorno per montare un video o per metter su un progetto comunicativo, pagati da quelli che ci mettono la faccia sorridente e distesa e che quindi, oltre ad essere influencer, sono anche datori di lavoro con Partita iva. Da qui il numero, che letto superficialmente pare pure eccessivo, di 350mila lavoratori in Italia. Bocce ferme e ragioniamo, dunque. Il mondo è cambiato, e sta cambiando alla velocità di un megabyte. Facciamocene una ragione. Speriamo solo che questo sindacato funzioni meglio di quelli che tutelano gli operai. Sennò poveri, si fa per dire, influencer: sono davvero fregati!
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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