Hera

 

Business e sostenibilità, la ricetta di Hera per guardare lontano



Mentre gli effetti del climate change si intensificano per entità e frequenza, gli indirizzi della comunità internazionale faticano a convergere sul progetto di una transizione organica e unitaria. Sospese fra il recente fallimento di COP25 e le nuove speranze collegate al Green Deal dell’Unione Europea, le imprese più responsabili si trovano così a dover svolgere un ruolo importante e, talora, di vera e propria supplenza, trainando le economie ad esse collegate verso modelli di sviluppo che mostrino di saper coniugare crescita e sostenibilità e siano di esempio anche per altri.
Da sempre attento a questi temi, il Gruppo Hera - multiutility che eroga servizi energetici, idrici e ambientali a oltre 4,4 milioni di cittadini distribuiti fra Emilia-Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche, Abruzzo e Toscana - continua a lavorare per far evolvere il proprio approccio alla sostenibilità, con l’obiettivo di renderlo sempre più performante rispetto alle sfide collegate alla transizione energetica e all’economia circolare.
Senza accontentarsi di mitigare l’impatto ambientale dei propri business, Hera pianifica e organizza le proprie attività affinché siano esse stesse driver positivi del cambiamento. Tutto questo, a partire dal bilancio di sostenibilità pubblicato dalla multiutility nel 2017, ha già portato alla rendicontazione del Valore condiviso generato, ispirandosi all’approccio Creating Shared Value (CSV) di Porter e Kramer. Elemento distintivo del nuovo approccio è la misurazione del Margine operativo lordo derivante da attività che perseguono gli interessi del Gruppo e, allo stesso tempo, 11 dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile indicati nell’Agenda ONU al 2030, divisi a loro volta in tre aree di impatto: uso efficiente delle risorse, innovazione e contributo allo sviluppo del territorio e uso intelligente dell’energia. Dai 300 milioni di euro consuntivati sul 2016, il valore condiviso creato da Hera è andato crescendo fino ai 375 milioni di euro del 2018, pari al 36% del Mol totale, indicatore che - a sua volta - ha superato nel frattempo il miliardo di euro, a testimonianza del fatto che investire nella sostenibilità significa investire in un modello di impresa solida e resiliente, vocata alla crescita. Il Piano Industriale presentato a gennaio traguarda già al 2023 un Mol a valore condiviso di 530 milioni di euro, corrispondente al 42% del Mol complessivo. 
La sostenibilità, dunque, è al centro della strategia di Hera e ne permea il cosiddetto “purpose”, cioè la ragione profonda della sua esistenza, con effetti positivi sull’engagement di tutti gli stakeholder, a cominciare dagli stessi lavoratori. Forte di investimenti continui e costanti su welfare aziendale, formazione, diversity e innovazione, infatti, Hera è al 14esimo posto a livello mondiale nel Diversity&Inclusion Index di Refinitiv1, è entrata nel Gender-Equality Index di Bloomberg e - per l’undicesimo anno consecutivo - ha ottenuto anche il riconoscimento di Top Employer, classificandosi prima assoluta nell’edizione 2020. La motivazione delle persone, del resto, è per l’azienda quanto mai preziosa, perché se la strada percorsa ha dato risultati importanti, quella che resta da compiere è non meno sfidante, ed esigerà il concorso di tutti. Il 70% della crescita prevista dal Piano Industriale, infatti, sarà sostenuta da progetti orientati a obiettivi di sostenibilità, con investimenti per oltre 950 milioni di euro e un impegno dai tanti fondamentali capitoli: città sempre più smart e circular, efficienza energetica, recupero e riuso della materia (a partire dalla grande sfida della plastica), ma anche risparmio idrico, rigenerazione dei bacini acquiferi e riutilizzo delle acque in uscita dai depuratori, senza dimenticare la promozione di vettori energetici puliti e di forme di mobilità sostenibile che contribuiscano alla tutela dell’aria, passando per la resilienza di tutti i servizi a rete, che costituiscono il tessuto connettivo delle comunità servite dall’azienda. E questo solo per citare alcuni dei fronti più caldi.
Se qualcuno ancora pensasse che l’economia circolare sia questione legata alla sola gestione dei rifiuti, dunque, l’esperienza di Hera racconta ben altra storia e guarda semmai a un complessivo rinnovamento del sistema produttivo e dei modelli di consumo. Ne deriva un approccio trasversale a tutti i settori e ad ogni filiera, che combatte la cultura e la pratica dell’usa e getta non soltanto nei suoi effetti ma anche e soprattutto a partire dalle sue cause, disegnando così nuove e durature opportunità di crescita, trainate da investimenti, ricerca e innovazione e, soprattutto, sganciate da logiche emergenziali e/o di breve termine.
Uno sguardo lungo che, fra l’altro, passa anche dal coinvolgimento attivo di cittadini, scuole, terzo settore, istituzioni e imprese, cioè di tanti soggetti a favore dei quali Hera assume un ruolo abilitante sempre più articolato e concreto, fornendo a ciascuno occasioni e strumenti per incidere positivamente sulla transizione in corso.
Tutto questo è valso a Hera l’ingresso in importanti network internazionali, come ad esempio il CE100 della Fondazione Ellen MacArthur, che raccoglie le realtà più attive su scala globale nella transizione verso l’economia circolare, aiutando così l’azienda a confrontarsi con le migliori esperienze maturate nel mondo. In tale ambito si colloca la partecipazione di Hera alla fase di test di Circulytics, il nuovo tool della Fondazione Ellen MacArthur predisposto per misurare la circolarità delle aziende. La partecipazione ad un altro importante network sulla sostenibilità come il Global Compact ha permesso a Hera di contribuire alla definizione di SDG Action Manager, lo strumento recentemente lanciato dal Global Compact e B Lab per misurare i progressi delle aziende verso gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030. In entrambi i casi Hera è tra le prime aziende al mondo ad avere applicato entrambi gli strumenti.
Non a caso, le performance di Hera nella sostenibilità sono riconosciute anche dalla comunità finanziaria, sempre più attenta - del resto - ai rischi di crisi sistemiche dovute al climate change e, quindi, orientata a premiare le realtà che, proprio come Hera, si impegnano davvero per scongiurare tali scenari. Entrata nel FTSE MIB nei primi mesi del 2019, la multiutility con sede a Bologna aveva lanciato il primo green bond italiano già nel 2014 ed è stata fra le prime società in Europa a essersi dotata di un “Green Financing Framework”, cioè di un documento programmatico che copre non soltanto gli aspetti legati all’emissione del green bond, ma anche i sustainable loans e gli altri strumenti ESG presenti sul mercato.
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