Al Fayed, storia di un miliardario stupratore seriale

- di: Redazione
 
Per decenni, anche chi non ne condivideva l'asprezza del carattere e la spregiudicatezza degli affari, per moltissimi britannici Mohamed Al Fayed era l'uomo che, a dispetto delle origini (era nato ad Alessandria, in Egitto), s'era fatto strada nel mondo della grande economia del Regno Unito, sino a legare il suo nome a quello di Harrods, non un semplice grande magazzino, ma il simbolo del nostro modo di fare, di pensare, di muoverci tra la gente.

Al Fayed, quando l'uomo di successo si svela uno spregiudicato violentatore seriale

Poi ci si è messo anche il destino che lo ha privato del figlio Dodi, che forse si era troppo avvicinato al sole e che fu bruciato dall'amore per la principessa Diana, uniti dallo stesso tragico destino a Parigi.
Ora, a distanza di un anno dalla sua morte, il vero Mohamed Al Fayed emerge, un predatore sessuale che, se dicono la verità le decine di donne che ne stanno denunciando i comportamenti, non aveva scrupoli, facendo valere il peso del suo denaro e della sua posizione su giovanissime che decidevano di tacere, per denaro, ma soprattutto per paura e vergogna.
I racconti che i media britannici stanno raccogliendo sono il compendio della "carriera" di un mostro. Una delle sue vittime aveva appena 16 anni quando, assunta da Harrods, pensava di avere dato una svolta alla sua giovanissima vita. Svolta ci fu, ma non quella che lei sperava. 
Quando Mohamed Al Fayed la convocò nella sua lussuosa residenza a Park Lane le chiese di fare sesso e, dapprima mostrandosi gentile, al suo rifiuto cambiò atteggiamento: "Si è arrabbiato, le porte erano chiuse e non potevo uscire. Mi ha violentata".
Lei aveva cercato di dimenticare, ma dopo avere visto il documentario della BBC ("Predator at Harrods") che accusa Al Fayed, ha deciso di parlare. E la sua testimonianza non solo ha chiarito, di più, il delirio predatorio di Al Fayed, quanto il fatto che i vertici della sua azienda lo assecondassero. 
Ora Harrods ha nuovi proprietari, ma questa nomea rischia di pesarle addosso, perché  molte delle donne che affermano di essere state aggredite mentre lavoravano per il grande magazzino di lusso hanno denunciato un sistema corrotto: medici che eseguivano inopportuni e arbitrari controllo intimi sulle dipendenti (soprattutto sui loro comportamenti sessuali); pressioni da parte degli assistenti personali del miliardario per evitare che parlassero; le guardie di sicurezza che hanno protetto l'appartamento teatro di molte delle violenze sessuali.
La rete di connivenze e complicità che Al Fayed aveva steso intorno a sé stesso per garantirsi di potere proseguire nei suoi comportamenti, secondo la BBC, coinvolge il capo della sicurezza John Macnamara (che ha intimidito i testimoni e gestito la sorveglianza); le risorse umane (che erano a conoscenza della distruzione delle prove), i dottori Ann Coxon e Wendy Snell (che hanno eseguito test medici invasivi), Michael Cole dell'ufficio stampa; assistenti personali (che hanno facilitato le azioni predatorie di Al Fayed).
Molte delle donne intervistate dalla BBC hanno detto che alcuni degli assistenti personali senior di Fayed erano ingranaggi chiave nel meccanismo degli abusi. Dopo aver ricevuto i risultati delle visite mediche, hanno detto che gli assistenti personali senior mandavano con un pretesto le ragazze nell'ufficio o nell'appartamento di Fayed (che aveva il terrore delle malattie trasmesse per via sessuale) dove venivano abusate.
Una delle testimonianze conferma che la trafila era drammaticamente la stessa, quotidianamente: "Mohamed aveva questo tipo di modus operandi ogni giorno. Chiamava un assistente senior e chiedeva quali ragazze lavorassero quel giorno e poi una di noi veniva convocata nel suo ufficio". E quel che accadeva dopo era una drammatica routine.
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