Poliziotta no green pass: la libertà di pensiero non cancella gli obblighi del proprio ruolo

- di: Redazione
 
La vicenda del vicequestore Nunzia Schilirò, che dal palco ha arringato i no green pass a continuare la loro battaglia contro il documento sanitario, non può essere relegata ad un semplice episodio, allo sfogo di una persona che ha dei principi e che è intenzionata a difenderli sempre e comunque.

Non è un semplice episodio, non per le cose che il funzionario di Polizia ha detto, ma per il suo lavoro che è quello di difendere lo Stato, quali che siano i campi in cui le Istituzioni manifestino il loro agire.

Le parole della dottoressa Schilirò, fossero state pronunciate da altre persone che non ricoprono un incarico pubblico come quello del funzionario (nei ranghi della Criminalpol, uno dei settori della Polizia di Stato maggiormente impegnati nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata), sarebbero suonate solo come la difesa di un pensiero, di una posizione, frutto di considerazioni proprie o magari rubacchiate ad altri - e in aree come quello della sanità pubblica il campo diventa immediatamente minato -. Qui è diverso perché l'occasione per difendere le proprie idee era pubblica e la sua apparizione sul palco, con tanto di microfono in mano, non è sembrata frutto del caso o assolutamente improvvisata.

Green pass: fa discutere la vicenda del vicequestore Nunzia Schilirò

Quella del vicequestore è stata una scelta, che però, come si usa dire, oggi appare gravida di conseguenze. Non sappiamo su quali basi l'Amministrazione della Polizia di Stato procederà nei confronti della dottoressa Schilirò (ovvero quali regolamenti abbia lei violato), di certo il procedimento è automatico davanti alla portata delle sue dichiarazioni.

Che non sono state solo l'invito a difendere le proprie idee, che non si sono tradotte solo in un incitamento ad andare avanti nella battaglia contro un documento visto come una inaccettabile compressione delle libertà personali, ma sono andate oltre.

Forse anche troppo, quando - per giustificare la battaglia contro il green pass - ha parlato di ''Stato dispotico e corrotto''. Parole gravissime sulla bocca di chicchessia, ma che lo divengono ancora di più se a pronunciarle è chi, indossando la divisa, ha giurato di difendere lo Stato. E forse sarebbe stato anche il caso di non utilizzare, come fanno purtroppo in molti usandoli come grimaldello quando una discussione si fa complicata, i nomi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un ricordo, quello dei due magistrati uccisi, che appare di difficile comprensione in una materia particolare come le tematiche legate alla pandemia e a come contrastarla.

In questo momento dell'esistenza dell'umanità, in cui le informazioni viaggiano turbinosamente senza alcun controllo, ci può stare che da un palco, per l'euforia di parlare davanti ad un pubblico, le parole escano in totale libertà. Ma, come pare la dottoressa Schilirò voglia fare, bisogna assumersene la responsabilità, magari con la consapevolezza che servire lo Stato talvolta è anche una sconfitta personale. Forse ogni tanto - piuttosto che frequentare siti e media complottisti - bisognerebbe andare a leggere vecchi testi, ormai dimenticati.
Come ''La rassegna di Novara'' dove Costantino Nigra scrisse, parlando di altri servitori dello Stato, ''usi ad obbedir tacendo e tacendo morir''.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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