Il governo mette la scuola al centro della sua azione

- di: Redazione
 
Non era certo la prima volta che Mario Draghi, come ha fatto ieri, in conferenza stampa, sosteneva la centralità della scuola nel 'sistema Italia'. Una affermazione, si potrebbe dire, abbastanza scontata. Ma che, ripetuta nel momento in cui il Paese - almeno quello cui interessa la politica - era col fiato sospeso in attesa di sapere quali fossero le intenzioni del premier sul suo futuro immediato, assume un valore diverso e molto più alto.

Il governo mette la scuola al centro della sua azione

Messa da parte la querelle in merito a cosa voglia fare Draghi di sé e del governo, le frasi riservate dal presidente del consiglio alla strategia che l'esecutivo vuole adottare nei confronti della scuola sono state molto importanti. Innanzitutto perché sono servite a ribadire che, nella lotta alla pandemia, la scuola è un avamposto, che deve essere difeso ad ogni costo, anche a costo di una frattura con i governi locali (Regioni) che ritengono perniciosa la troppa esposizione degli studenti al dilagare del contagio, proponendo il prolungamento della chiusura delle aule dopo lo stop delle vacanze di fine anno.

Prudenza, quella sostenuta dai presidenti di Regione, che il governo non intende fare propria sapendo che la partita che sulla scuola si gioca non è ''solo'' quella sanitaria, ma è soprattutto politica. Perché, proseguire a tenere chiuse le aule, significherebbe ammettere che l'apparato sanitario non era pronto ad affrontare l'insorgere della variante Omicron, molto aggressiva e, quindi, capace di espandersi a ritmi inattesi. E questa sarebbe una sconfitta per il governo, che si troverebbe davanti a responsabilità che forse non sono interamente sue, ma che dovevano essere pure considerate davanti ad un Paese che sul fronte della lotta alla pandemia procede a strappi, accettando misure rigorose di contenimento, ma non sapendo fare a meno di appuntamenti conviviali (come accaduto durante le feste) che sono stati visti come la rinascita del vivere insieme, anche se si sapeva che erano un rischio. Che l'istruzione sia fondamentale per tutti i Paesi è cosa risaputa, e lo diventa ancora di più quando essa diventa paradigmatica della risposta di uno Stato di fronte ad una emergenza.

Chiudere le scuole o rinviarne l'apertura sarebbe una sconfitta per tutti, e questo Draghi e il governo non possono permetterselo. In gioco, infatti, non c'è soltanto qualche lezione in più o in meno, ma l'efficacia dell'arsenale che uno Stato può mettere in campo a difesa dei giovani, il nostro presidio verso il futuro. Insomma, per essere chiari, la scuola è troppo importante per essere usata come strumento per scardinare pseudo-equilibri politici. Come, con comportamenti e dichiarazioni quasi schizofreniche, stanno facendo alcuni presidenti di Regione che sembrano pigiare il piede sull'acceleratore delle proteste solo per dare fiato alle loro strumentali posizioni barricadere. Dalle quali sono pronti a fare dietro-front nel momento in cui si rendono conto d'averla fatta grossa. Come chi, da presidente di Regione, invita i genitori degli studenti ad impugnare i provvedimenti del governo dimenticando che il suo compito è quello di amministrare e non di fare il capopopolo.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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