Imprenditore o libero professionista che mette al centro della propria vita gli affetti familiari e il tempo libero. Questo è il quadro che emerge dalla Ricerca “Giovani e lavoro” realizzata dal Centro Studi di Assolombarda ed Eumetra e presentata oggi a Pavia nel corso del convegno “I giovani, il lavoro e la cultura d'impresa”. L’indagine, svolta a maggio 2023 su un campione di 1000 ragazzi tra i 18 e i 26 anni delle province di Milano, Monza e Brianza, Pavia e Lodi, mostra quali siano le aspettative dei giovani verso il mondo del lavoro, quale sia la percezione, da parte delle giovani generazioni, delle opportunità professionali e personali, offerte dal nostro sistema formativo e produttivo, come i giovani interpretino i valori del lavoro e dell’impegno, anche sociale. La ricerca evidenzia anche quanto la pandemia, la crisi climatica, lo smart working, la transizione digitale ed energetica e la guerra alle porte dell’Europa abbiano impattato e impattino ancora oggi sulle scelte dei giovani per quel che riguarda il loro impiego, il loro corso di studi, le loro scelte di vita.
Giovani e lavoro, indagine Assolombarda-Eumetra: il 57% si immagina un futuro da imprenditore o libero professionista
“La ricerca dimostra che per andare incontro alle esigenze e alle aspettative delle nuove generazioni occorre adottare un nuovo approccio, attraverso il quale possano sentirsi protagonisti - ha dichiarato il presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Assolombarda, Federico Chiarini -. Dallo studio emerge un dato significativo: i giovani ci sono ma si trovano, oggi, a fare i conti con una grande epoca di cambiamento. Vivono, del resto, un contesto sociopolitico senza precedenti: mi riferisco alla guerra, tornata in Europa mentre ancora divampava la pandemia, ma anche all’inflazione e alle difficoltà legate all’approvvigionamento energetico. Per metterli nelle condizioni di guidare il mutamento in atto, è necessario cogliere una nuova sfida: dare seguito a una ‘terza transizione’, quella che ha a che fare con la rigenerazione delle competenze attraverso la formazione. Si tratta di un processo in grado non solo di allineare la domanda e l’offerta di lavoro ma anche di ‘agganciare’ le nuove inclinazioni dei giovani, espresse nel documento curato dall’Associazione, alla società in cui vivono. Occorre aprire la strada verso le nuove professioni, affinché sempre più giovani lavoratori siano formati per lavorare al fianco di giovani imprenditori: da qui dobbiamo ripartire per affrontare i tempi che corrono”.
Dall’analisi emergono aspetti di estremo interesse del sentito e delle aspettative dei giovani del territorio: un quadro su cui è importante interrogarsi ed è urgente intervenire per non perdere talenti imprescindibili per lo sviluppo del Paese, per comprendere e indirizzare gli interventi sul tema del mismatch delle competenze e per garantire una piattaforma di incontro su formazione, soft skills, professionalità. A emergere, nella ricerca, è un forte desiderio di protagonismo da parte dei giovani. Il 57% di loro si immagina un futuro da imprenditore o libero professionista, contro un 28% che vorrebbe un lavoro da dipendente. I settori dove i giovani preferirebbero lavorare sono vari: la consulenza è scelta dal 17% del campione, seguita subito dopo dall’ambito sanitario/assistenziale (12%), dal settore finanziario e assicurativo (12%) e dal commercio (12%), mentre il manifatturiero è indicato soltanto dal 5% dei giovani. Il sentimento di proattività che emerge dai risultati si affianca alla centralità delle relazioni. Infatti, il contributo della famiglia e degli affetti è ritenuto il più importante da ben il 72% dei rispondenti. Questo approccio caratterizza anche il contesto lavorativo: il 60% degli intervistati ritiene prioritario instaurare e mantenere buoni rapporti con colleghi, seguito dal 42% che reputa fondamentale avere una buona relazione con i propri superiori e dal 34% che riconosce l’importanza di lavorare in team.
Il protagonismo e la centralità attribuita alle relazioni affettive sono coerenti con le caratteristiche considerate più rilevanti per poter conciliare vita e lavoro: più di tutte, i giovani cercano flessibilità oraria (55% degli intervistati), seguita dalla possibilità di avere tempo libero per attività extra (49%) e, come terza preferenza, dalla possibilità di fare smart working (35%). Svolgere mansioni poco faticose e/o poco stressanti è, invece, una priorità solo per il 16% del campione in analisi, a indicare che il fattore maggiormente ricercato non è la “facilità” nel lavoro, ma la possibilità di gestire il proprio tempo. Se da un lato i giovani chiedono flessibilità, dall’altra hanno voglia di mettersi in gioco. Questo anche considerato che ben l’80% degli intervistati ha sviluppato una esperienza lavorativa nel corso degli studi (in particolare, nel 40% dei casi come cameriere, barista e cassiere), quindi evidenziando uno spiccato spirito di adattamento. La percezione della realtà esterna da parte dei giovani lombardi non offre un quadro positivo. Il 62% degli intervistati, il cui livello di istruzione è mediamente, ritiene che l’Italia offra limitate (43%) o addirittura scarse (19%) opportunità di lavoro; solo il 27% pensa che queste siano sufficienti. La causa, secondo gli intervistati, viene ricondotta a un “sistema paese” che non favorisce l’assunzione di giovani con poca o senza esperienza (61% del panel) e che non permette di raggiungere una stabilità lavorativa (47%). A questa visione si contrappone la percezione della città di Milano, dove vorrebbe lavorare il 41% dei giovani intervistati: il capoluogo lombardo si conferma quindi polo attrattivo per i talenti.
I giovani lombardi riportano una visione parziale della struttura economica italiana: nonostante il nostro Paese sia la seconda potenza manifatturiera d’Europa, solo il 15% degli intervistati la segnala quale settore trainante dell’economia nazionale, ruolo al contrario attribuito al comparto turistico da quasi la metà dei rispondenti (49%). Inoltre, più della metà del campione (54%) considera la manifattura un sintomo di specializzazione, mentre solo il 39% la collega all’innovazione. Emerge comunque un dato positivo e interessante se si considerano i giovani laureati: il 42% di loro ritiene che l’industria manifatturiera oggi offra delle buone opportunità per impieghi legati alla sostenibilità ambientale, leggendo il manifatturiero come un ambito propulsore della transizione ecologica, dove i mestieri green possono trovare massima applicabilità e generare un impatto tangibile. Il campione si compone di 1.000 giovani lombardi tra i 18 e i 26 anni residenti nelle province di Milano, Pavia, Monza-Brianza e Lodi. Gli intervistati hanno in media 22 anni e il 90% ha conseguito almeno il diploma e, tra questi, il 36% ha già ottenuto anche una laurea. Con riferimento agli ambiti di studio, il 44% dei laureati ha intrapreso un percorso nel campo umanistico-sociale, seguito da un 42% per quello scientifico-tecnologico (economia, ingegneria, matematica e fisica). Solo il 5% si è specializzato in scienze mediche.