Il mercato obbligazionario statunitense vacilla sotto la pressione della guerra commerciale lanciata da Washington. La Cina potrebbe aver aperto le ostilità finanziarie.
(Foto: Scott Bessent, Segretario al Tesoro USA)
Il tonfo è stato secco e fragoroso: in meno di quarantott’ore, i titoli di Stato americani sono stati travolti da una pioggia di vendite che non si vedeva dai giorni più turbolenti della pandemia. Il rendimento del Treasury a 30 anni ha superato il 5%, mentre quello del decennale è volato al 4,51%, prima di stabilizzarsi leggermente. Un’impennata che ha allarmato gli investitori globali e aperto interrogativi inquietanti: cosa sta accadendo davvero al mercato dei bond più sicuri del pianeta? E dietro questa fuga improvvisa c’è forse la mano della Cina?
L'investimento sicuro non è più tale
Storicamente, i Treasury sono stati il rifugio prediletto durante le crisi: titoli a basso rischio, sostenuti dall'economia più solida del mondo. Ma ora qualcosa si è rotto. “È un segnale fortissimo di sfiducia sistemica”, ha detto Jamie Dimon, CEO di JPMorgan Chase, in una conferenza a Washington. Secondo Dimon, la recessione negli Stati Uniti “è ormai uno scenario probabile” a causa dell’“incontrollata escalation tariffaria” tra Washington e Pechino.
Il Dow Jones ha perso più di 2.000 punti in due sedute, mentre la volatilità sugli asset a reddito fisso ha raggiunto i massimi da ottobre 2023. Il cosiddetto MOVE index, che misura la turbolenza del mercato obbligazionario americano, è esploso in poche ore.
La Cina fa tremare il debito americano
Secondo fonti riportate da Business Insider alcuni analisti ritengono che la Cina — secondo detentore mondiale di Treasury con circa 761 miliardi di dollari in portafoglio — abbia iniziato a liquidare una parte delle sue riserve per lanciare un chiaro messaggio alla Casa Bianca. Una mossa che in gergo geopolitico viene considerata “opzione nucleare”. Costosa anche per Pechino, ma destabilizzante per Washington.
“Non possiamo escludere che dietro il sell-off ci sia un’azione concertata delle autorità cinesi”, ha affermato l’economista Nouriel Roubini. “Trump ha trasformato i Treasury in un’arma politica. Era inevitabile che qualcuno prima o poi rispondesse allo stesso modo.”
Trump incendia i mercati
A scatenare la tempesta è stata l’ultima raffica di dazi firmata da Donald Trump: un'imposta del 125% su centinaia di prodotti cinesi, entrata in vigore lunedì. La risposta di Pechino non si è fatta attendere: tariffe dell’84% sulle importazioni americane, comprese quelle agroalimentari. Ma il danno più grave è invisibile: è la fiducia, il collante che tiene insieme il sistema finanziario globale, ad aver subito la scossa più profonda.
“La guerra dei dazi è diventata una guerra di nervi sul debito americano”, scrive The Guardian. E il mercato non ha dubbi su chi stia perdendo il controllo: la Casa Bianca.
Bessent minimizza, ma i mercati non ci credono
Nel pieno della tempesta, il segretario al Tesoro USA Scott Bessent ha cercato di rassicurare gli investitori: “I movimenti sui rendimenti sono attribuibili a grandi operatori con posizioni troppo esposte. Non c’è nulla di sistemico, e Pechino non ha un ruolo in questo”.
Ma le parole di Bessent suonano deboli, se confrontate con l’evidenza dei numeri: il debito americano ha superato i 36mila miliardi di dollari, pari al 123% del PIL. E secondo il Congressional Budget Office, è destinato a raggiungere il 156% entro il 2055.
“Il valore dei titoli di Stato USA è l’architrave del sistema finanziario globale”, ha scritto Paul Krugman nella sua newsletter: “Se vacilla quello, vacilla tutto.”
Europa sotto pressione
L’ondata di vendite non si è fermata ai soli Treasury. I mercati obbligazionari europei hanno subito una reazione a catena: i rendimenti dei BTP italiani sono saliti al 3,91%, con uno spread tornato sopra i 130 punti base. Anche i bond francesi e spagnoli sono sotto stress. La Banca centrale europea potrebbe essere costretta ad anticipare un taglio dei tassi nella prossima riunione.
Una crisi finanziaria alle porte?
Lo scenario che inizia a prendere forma ricorda in modo inquietante quello del 2008: vendite incontrollate, margin call, corsa al cash.
Il messaggio è chiaro: se la fiducia nei titoli americani viene meno, nessuno è al sicuro. Il mondo intero ha finanziato per decenni il debito degli Stati Uniti. Ora, sotto il secondo mandato Trump, quel patto implicito sembra vacillare.
E se davvero la Cina ha iniziato a vendere, la risposta al fuoco commerciale di Washington potrebbe diventare l'inizio di un incendio finanziario globale.