FB Bubbles: "Strategia, viralità o contenuti: qual è la chiave per vincere le prossime elezioni?"
- di: Barbara Leone
Malgrado l’indiscusso protagonismo della rete nella campagna elettorale più social di sempre, una competizione moderna per essere vincente deve poggiare su un mix di elementi: piattaforme, temi in trend, viralità e format da un lato. E ovviamente elementi programmatici, contenuti, credibilità personale e strategia dall’altro lato. I social network, dunque, sono sì fondamentali per ampliare la visibilità e fungere da cassa di risonanza per i propri messaggi, ma il mero presidio di una piattaforma non è sufficiente. Non solo ogni canale ha le proprie regole e i propri format, ma necessita anche la definizione di un messaggio chiaro che, una volta veicolato, potrebbe oggettivamente avere un impatto sul voto. In definitiva, i social non bastano a sé stessi ma vanno necessariamente utilizzati all’interno di una strategia complessiva più ampia. È quanto emerge dall’analisi condotta da FB&Associati attraverso la divisione specializzata in advocacy FB Bubbles, che restituisce una fotografia completa e aggiornata a 10 giorni dal voto di come si muovono partiti e leader politici per cercare e mantenere il loro consenso in rete.
Analisi della campagna elettorale vista dai social a cura di FB Bubbles
Tra le dinamiche più significative spiccano in particolare: lo sbarco dei partiti su Tik Tok con la “curiosa” discesa in campo di Silvio Berlusconi; la fortissima capacità di pressione della community di Azione, in particolare durante la fase dell’accordo Calenda-Letta e Calenda-Renzi; ed infine l’ascesa e il posizionamento del profilo di Giuseppe Conte, che è probabilmente l’avversario più temuto nel centro-sinistra e non solo per l’egemonia social .A voler stilare una sorta di “classifica” che tenga insieme strategie, numeri, aneddoti ed impatti di partiti e leader, quello più strutturato e con la crescita più veloce nell’ultimo periodo risulta essere Calenda. Il più sorprendente? Ovviamente Berlusconi. Il più seguito di tutti è invece Conte, che incassa anche il maggior numero di like. E se quelli più bravi su Tik Tok sembrano essere i leghisti di Salvini, i candidati di Fratelli d’Italia sono i meno conosciuti. Infine i più simili in termini di strategie, che non a caso risultano essere Pd e 5Stelle. Ma la presenza sui social basta a sé stessa, oppure è necessaria una precisa strategia di comunicazione per vincere le elezioni? FB Bubbles – divisione di FB&Associati specializzata in strategie di advocacy e analisi del dibattito pubblico – si è interrogata sulle modalità di comunicazione dei leader politici, sul loro stile comunicativo più o meno efficace sul piano del consenso, sulla capacità di ingaggiare o meno il pubblico degli elettorali, costruendo “community”. L’analisi, che ha effettuato un monitoraggio strutturato della rete aggiornata al 10 settembre, in pratica a due settimane dal voto, prende il via con una ricognizione di queste community dei leader per poi approfondire le diverse strategie in base ai differenti canali privilegiati. Vediamo in base a questi dati, dunque, chi vince e chi meno.
Ovviamente in tema di community social. Da uno sguardo di insieme sulle community in termini di fanbase, è sempre Matteo Salvini il protagonista sulla quasi totalità delle piattaforme, con la sola eccezione di twitter, tallonato da un Giuseppe Conte in ascesa verticale. Per quanto riguarda Tik Tok ricordiamo che la prima ad aprire un profilo è stata nel 2019 Giorgia Meloni nel tentativo di cavalcare il successo del remix “Io sono Giorgia”. Profilo che, però, la leader di Fratelli d’Italia ha praticamente abbandonato quasi subito per via delle eccessive critiche. Salvo riprovarci a febbraio 2022, raggiungendo oggi 132.7K follower e 754.1K Mi piace. Nonostante la cofondatrice di Fratelli d’Italia abbia dato più volte prova delle proprie doti comunicative (anche sui social, posizionandosi sempre tra i primi due leader in termini di engagement, con una fanbase complessiva di 4.8M), TikTok non è la piattaforma sui cui è meglio posizionata: video lunghi, parlati e senza canzoni non sono in linea con gli interessi di chi usa questo social, e fanbase ed engagement raggiunti in questi mesi sono nettamente inferiori rispetto a quelli di profili politici ben più recenti. Elemento meloniano funzionale all’attuale congiunzione elettorale è invece la natura dei contenti: seppur tendenzialmente sbagliati nel format sono ottimi veicoli dei key-message del partito e il programma elettorale. Orientati a veicolare, con puntualità e una buona dose di precisione, i propri punti programmatici sono i recenti profili di Matteo Renzi (30.5K follower, 123K Mi piace), Carlo Calenda (21.6K follower, 96.1K Mi piace) e del Partito Democratico (3.1K, 10.8K Mi piace), creati tutti tra fine agosto e il primo di settembre. Anteponendo senza dubbio i contenuti al format, tutti e tre i profili mostrano comunque di essere curati e ragionati.
Con Calenda che struttura le pubblicazioni come Q&A rispondendo alle domande ricevute nei commenti dei video precedenti, e il PD che associa ogni video ad un tema e lo fa raccontate da uno specifico rappresentante: Alessandro Zan per i diritti civili, Chiara Gribaudo per la parità salariale e il lavoro, e Marco Furfaro per la cannabis. Di natura molto differente è invece la comunicazione TikTok di Matteo Salvini. Considerato, a livello di strategia comunicativa, uno degli esempi più lampanti di efficacia e capacità di raccogliere engagement (la fanbase complessiva di tutti i suoi canali social si attesta attorno ai 9.3 milioni di utenti), Salvini conferma di saper adoperare anche questo strumento con 585.4K follower e 7.3M mi piace complessivi. Sbarcato sulla piattaforma già a fine 2019, il leader del Carroccio condivide con costanza video tecnicamente adeguati, con musiche virali e format corretti risultando però deficitario nel messaggio. Il principale obiettivo non sembra infatti essere veicolare i contenuti della campagna elettorale che non risultano particolarmente chiari; prediletti, invece, sono i cavalli di battaglia tradizionali della Lega, come immigrazione e sicurezza. Dunque, per lo meno su TikTok, Salvini tenta forse più di diventare virale e fare polemica (ovvero far parlar di sé) che di fare campagna elettorale.
Quantitativamente sorprendente è poi il profilo di Silvio Berlusconi, che in soli dieci giorni ha collezionato 525.7K follower e un volume di engagement di 1.5M mi piace. Qualitativamente i video risultano invece spesso imbarazzanti, ai limiti del grottesco, perché ritraenti un personaggio divertente ma non per il pubblico a cui si rivolge: autoironico ma forzato, il Cavaliere mira ad avvicinarsi al giovane popolo di TikTok ma con scarsi risultati. Questi elementi, che contraddistinguono tutto il profilo, sono tuttavia in grado di innescare un processo che rende virale il contenuto: anche solo per la curiosità di vedere con i propri occhi o con l’intenzione di criticare e deridere, le interazioni al primo video hanno superato le 9.2 milioni di visualizzazioni. I profili social del leader di Azione, Carlo Calenda, sono cresciuti vertiginosamente nel mese di agosto. Secondo le rilevazioni effettuate, in seguito alla comunicazione dell’alleanza con il Partito Democratico prima e Italia Viva dopo, le sue pagine personali, rispettivamente Facebook e Twitter, sono cresciute di 5mila (282.1K follower) e 37mila (401.1K) utenti, andando a registrare un conseguente incremento di engagement per ogni post che, ad ora, si attesta mediamente attorno alle 23 mila interazioni. Ma quali sono state le reaction della community azionaria? L’accordo raggiunto con il Partito Democratico su Facebook è stato accolto da oltre 4.6K commenti, gran parte dei quali duramente critici rispetto l’ipotesi di un asse Calenda-Letta (accusato di non dar seguito alla forma liberale del partito di Azione) e precisi nel ribadire la propria indisponibilità ad allearsi con figure come Fratoianni e Di Maio.
Dall’analisi dei profili social dei singoli candidati sembra evidente come, a prescindere dalla specificità dei singoli programmi elettorali e dalle scelte comunicative, il tema della crisi energetica e delle relative conseguenze economiche sia centrale. Tutti gli schieramenti, infatti, stanno facendo i conti con gli sviluppi incerti della guerra in Ucraina. La competizione tra partiti non si gioca quindi sulle posizioni ma sulla capacità dei partiti stessi di presentarsi con soluzioni credibili e quanto più immediate. Rispetto alla modalità di comunicazione, la Lega e il Pd sembrano essere più simili. La solidità delle macchine partitiche, la maggiore esperienza politica e la notorietà di alcuni candidati sembrano un fattore determinante. I candidati di queste due forze politiche, infatti, sono molto più autonomi e strutturati a livello di engagement rispetto a quelli di Fratelli d’Italia, i cui profili, nella maggior parte dei casi, si strutturano in un rimando continuo ai post della leader Giorgia Meloni, veicolando maggiormente la forza della figura stessa piuttosto che dei singoli contenuti. Notevole anche la differenza dei follower: i candidati di Fratelli d’Italia non sono molto conosciuti neanche nel mondo social, mentre il Pd può contare su personaggi quali Deborora Serracchiani, Elly Schlein e Marco Furfaro, con oltre 100 mila follower solo su Facebook. Stesso discorso per la Lega, che con una media di 60mila follower è trainata da Lucia Borgonzoni, Simone Pillon, Claudio Borghi e Armando Siri. Si potrebbe dire che, se inserita anche in un programma elettorale identitario e polarizzato, la strategia comunicativa di Giorgia Meloni è sufficiente a trainare le sorti di tutto il partito. E veniamo a Giuseppe Conte: il volto credibile del Movimento 5 Stelle, il cui posizionamento del Movimento 5 Stelle in questa campagna elettorale è indubbiamente ben strutturato. I penta stellati, infatti, sono presenti tanto sui media tradizionali quanto su tutti i social network (TikTok compreso con il profilo di Giuseppe Conte da 313.1K follower e 3.1M Mi piace) e sembrerebbero mostrare una coesione rinnovata, a tratti stupefacente considerati i trascorsi, che non passa inosservata. Candidato capolista in 4 regioni e 5 collegi per Montecitorio, il leader 5Stelle sta trovando la propria dimensione: antisistema nel sistema, più a sinistra del dem Letta (che sembra esser forse troppo schiacciato tra il Movimento e il Terzo Polo) populista di sinistra ed ex premier con un tasso di gradimento ancora parecchio elevato. Secondo i sondaggi, infatti, con il 37% di preferenze Conte ispira fiducia a più di un terzo degli italiani, secondo solo a Mario Draghi al 62% e ben lontano da Letta (29%), Calenda (21%) e Renzi (13%). Sono soprattutto i giovani (tra i 18 e i 24 anni) e coloro che vertono in condizioni economiche appena sufficienti o critiche le categorie nelle quali il suo grado di fiducia è più alto.
Attenzione programmatica e mediatica a temi come lavoro, reddito di cittadinanza e salario minimo potenzialmente spiegano anche l’ottimo posizionamento del Movimento nel Sud e nelle isole: in un confronto territoriale rispetto alle intenzioni di voto, infatti, rispetto agli altri partiti i pentastellati collezionano il 24,5% di preferenze (dati Istituto Ixè), che invece si riduce all’8,8% nel Centro e Nord Italia (dove spicca Fratelli d’Italia con il 25,1%). È dunque forse su questi temi, in queste macro aree territoriali, economiche e anagrafiche che si nasconde il potenziale dei 5Stelle e la possibilità, più o meno concreta, che il movimento di Giuseppe Conte sottragga voti al partito di Enrico Letta? In conclusione l’analisi condotta da FB Bubbles evidenzia che una campagna elettorale moderna, per essere vincente, deve essere costruita come un bilanciato connubio di elementi che tra loro si compensano e completano: piattaforme, temi in trend, viralità e format da un lato, elementi programmatici, contenuti, credibilità personale e strategia dall’altro. I social network, dunque, sono sì fondamentali per ampliare la visibilità e fungere da cassa di risonanza per i propri messaggi ma il mero presidio di una piattaforma non è sufficiente. Non solo ogni canale ha le proprie regole e i propri format, ma necessita anche la definizione di un messaggio chiaro che, una volta veicolato, potrebbe oggettivamente avere un impatto sul voto. In definitiva, i social non bastano a sé stessi ma vanno necessariamente utilizzati all’interno di una strategia complessiva più ampia.