Elezioni 2022 - A chi giova parlare di Viktor Orbàn
- di: Diego Minuti
Forse deve esserci sfuggito qualcosa di importante negli ultimi giorni: che Viktor Orbàn si sia candidato alle elezioni politiche italiane o che le sue diatribe con l'Europa debbano necessariamente interessarci.
Facciamo un passo indietro, nemmeno di tanti giorni, quando l'Unione Europea ha minacciato di tagliare parte dei fondi destinati all'Ungheria (all'incirca sette miliardi di euro) non condividendo la politica che, entro i confini del Paese, porta avanti il suo leader, appunto Orbàn.
Per qualche motivo, Orbàn è diventato tema di dibattito in vista delle elezioni 2022
Ora, in sede europea, mentre Forza Italia si è espressa come il Partito popolare, quindi 'versus' il leader ungherese, Fratelli d'Italia e Lega hanno votato contro, schierandosi quindi con Orbàn.
Una scelta che è stata soprattutto politica perché, come ha detto Giorgia Meloni, il precedente, che si sarebbe creato, domani avrebbe potuto essere preso a modello nei confronti di altri Paesi di cui non si condividono scelte di politica interna. Certo, con l'Ungheria c'è in gioco l'esercizio della democrazia, ma, in linea di principio, la tesi della presidente di Fratelli d'Italia deve essere almeno non respinta acriticamente, non quindi essere interpretata come un appoggio ad un clima repressivo che, vero e falso che sia, vigerebbe a Budapest e dintorni.
In ogni caso, siccome non viviamo in una comunità internazionale a compartimenti stagni, in cui ciò che accade al di là dei confini non ci deve interessare, la scelta di Fratelli d'Italia e Lega è stata vista, da quasi tutti i loro antagonisti nella competizione elettorale nazionale, come non solo un endorsement al regime (perché, possiamo girarci intorno, quello di Orbàn è questo, un regime), quanto come la conferma dei timori che, con la vittoria del centro-destra in Italia, la nostra democrazia sarebbe in serio pericolo. Cosa, quest'ultima, a cui pochi credono.
Le due tesi - pro e contro Orbàn, con le varie declinazioni ideologiche della faccenda - alla fine finiscono per elidersi, come processo naturale quando idee contrapposte vengono estremizzate, perdendo della originaria spinta propulsiva.
Cerchiamo di spiegarci: se Orbàn nei suoi anni di potere (all'incirca dodici da primo ministro) ha creato, dentro l'Ungheria, un sistema politico fatto a suo uso e consumo, resta un problema interno, sino a quando non viola, per come oggi gli contesta Bruxelles, le elementari regole della democrazia.
Guardando al ferreo controllo che Orbàn ha del Paese (dalla politica, all'economia, ai media) verrebbe da dire che l'Ue ha il dovere di chiedergli il ripristino di tutte le libertà personali, a cominciare da quella d'espressione.
C'è però un ''ma'' grande come una casa: il forte consenso che Orbàn ha nel Paese.
Con un'altra premessa, usata da Giorgia Meloni: Orbàn è stato eletto democraticamente.
Giusto, ma la libera e non condizionata espressione del voto, una volta che chi è stato eletto usa il potere per crearne un altro personale e senza limiti, non può essere utilizzata sempre per elargire patenti di democrazia.
Chiediamoci, comunque, se questa vicenda merita l'attenzione che le è stata riservata. Anche qui i punti di vista devono, quasi obbligatoriamente, essere diversi.
Viktor Orbàn è un problema per l'Europa, dando per scontato che le critiche che gli vengono mosse sono suffragate da evidenze. E Orbàn rischia anche di essere un problema, seppure secondario, per Giorgia Meloni, non per le argomentazioni che lei ha scelto per motivare il suo ''no'' alle misure contro l'Ungheria, quanto perché l'appoggio al leader ungherese potrebbe depotenziare l'opera che sta portando avanti per accreditarsi all'estero come una leader di destra, ma certo non dello stesso tipo dell'ingombrante presidente ungherese.