Elezioni 2022 - Prova di forza del centrodestra: unito sul palco, ma poi ognuno per sé
- di: Diego Minuti
Dovendo dare un giudizio sulla giornata politica di ieri, si potrebbe dire che Giorgia Meloni, nella manifestazione unitaria di Roma, ha messo una volta per tutte le cose in chiaro, ribadendo la fondatezza delle sue ambizioni alla leadership. Ma, appena il tempo di scendere dal palco, e i leader del centrodestra hanno ripreso la loro campagna in solitaria in vista delle elezioni 2022. Cosa che ha un senso, ma che è emersa con troppa evidenza per non lasciare qualche dubbio che, una volta ufficializzata - dando per scontato che ciò accada - la vittoria della coalizione, non tutto vada liscio, non tutto proceda in comunione di intenti.
Se l'obiettivo è comune - tornare a governare e farlo per almeno cinque anni -, il percorso è però reso un po' accidentato dal fatto che, anche ieri, su questioni fondamentali le idee dei tre leader (con il massimo rispetto per Maurizio Lupi, che nella coalizione è l'elemento politicamente meno cogente) non è che siano completamente coincidenti.
Elezioni 2022 - Prova di forza del centrodestra unito sul palco
Perché, su vicende assolutamente centrali, come purtroppo è diventata quella ucraina, le posizioni di Meloni, Salvini e Berlusconi riflettono idee, prospettive ed analisi diverse. Così mentre Giorgia Meloni, ribadendo la sua totale coincidenza con la linea europea ed atlantista, conferma la convinta adesione allo strumento delle sanzioni come elemento di pressione sulla Russia che ha aggredito, Salvini solo nelle ultime ore s'è detto d'accordo sul fatto che Mosca ha aggredito, avvedendosi dell'evidenza. Una condanna, seppure continuando a chiedere la cancellazione delle sanzioni, ma per il fatto che il loro peso ricade pesantemente sugli italiani.
Ogni ravvedimento è sempre positivo, ma i tempi della conversione sulla via di Kiev del leader della Lega sono stati forse troppo lunghi per ritenerli frutto di una maturata convinzione.
Ma forse a sorprendere di più, sul dossier russo-ucraino, è stata l'analisi che ne ha fatto Silvio Berlusconi che ha regalato una esegesi del conflitto da cui emerge che in fondo Putin non ha fatto niente di male, giungendo a dire che il solo obiettivo del presidente russo era difendere le popolazioni delle repubbliche separatiste dalle aggressioni armate di Kiev e, quindi, sostituire il governo di Zelensky (eletto democraticamente) con ''persone perbene''.
Troppo, anche pure per chi sino a ieri vantava la saldezza del rapporto di amicizia con Vladimir Putin. Cose di cui Giorgia Meloni dovrà tenere conto perché, con la pronosticata vittoria, si avvicina anche il momento in cui, alla luce degli equilibri interni alla coalizione, si dovranno decidere i nomi da inserire nelle caselle dei ministeri, su cui Salvini rivendica pari dignità, al di là del risultato del voto.
Ma la manifestazione di ieri ha anche segnato, da parte del presidente di Fratelli d'Italia, quel passaggio del guado che divide, in politica, il conforto di tutti su argomenti importanti dalla decisione di fare valere i numeri e, quindi, andare avanti da soli.
Quando ha detto "Se gli italiani ci daranno la maggioranza faremo una riforma in senso presidenziale e saremo felici se la sinistra vorrà darci una mano, ma se gli italiani ci daranno i numeri noi lo faremo anche da soli", Meloni non ha solo mostrato sicurezza sull'esito positivo delle elezioni (per il centrodestra, ma soprattutto per Fratelli d'Italia e, quindi, per lei) , quanto ha marcato, definitivamente, le differenze tra le opposte ideologie, che rendono inattuabile il consociativismo perseguito in passato su temi delicati, quali le modifiche alla Costituzione. Se avremo i numeri, il presidenzialismo ce lo faremo da soli senza confrontarci con chi non la pensa come noi, ha detto, nella consapevolezza che questa affermazione sarebbe stata la cesura netta ad ogni ipotesi di dialogo post-voto.
Quindi, due distinte consapevolezze: la prima, quella di essere ''costretta'' a guidare una coalizione di cui è azionista di riferimento; la seconda, ribadire che l'Italia, con lei premier, girerà pagina nei rapporti tra le forze politiche, dicendo basta a ipocrisie e disponibilità di facciata (la Bicamerale insegna pure qualcosa).
Che poi Salvini, fino a ieri, ha disseminato di trappole il cammino di Giorgia Meloni è nella logica delle cose per una Lega che, dopo avere annaspato inizialmente nella ricerca dei consensi, ha fatto una campagna elettorale campale, cercando di presidiare fisicamente il territorio, per preservarlo dall'assalto dei Fratelli d'Italia, che insidiano il primato leghista anche nelle sue roccaforti.
Da oggi, dopo la liturgia della comunità, il centrodestra torna ad andare per conto suo.
Giorgia Meloni, come era facilmente prevedibile, per come abbiamo fatto, più che dai nemici esterni (gli avversari) e interni (gli alleati della coalizione), deve guardarsi dagli inciampi in cui stanno finendo alcuni dei suoi Fratelli.
Qualcuno è finito agli arresti, qualcun altro ha pensato bene di celebrare l'ultimo viaggio di un amico-compagno di ideologia-cognato facendo un saluto romano, che ha messo in forte imbarazzo il di lui fratello (Ignazio La Russa).