Stati Uniti-Unione Europea: la crisi aumenta il solco fra le due economie

- di: Redazione
 
Così come nella Storia, anche in Economia i cicli sono una costante, solo parzialmente coinvolta dalla globalizzazione dei mercati e dalla possibilità di potersi impegnare contestualmente su più settori dello scenario mondiale. Lo stesso sta accadendo o, almeno, accadrà a breve come strascico di un evento catastrofico quanto inatteso come è la pandemia, che ha mostrato anche la vulnerabilità del sistema economico mondiale davanti ad eventi che colpiscono repentinamente e con violenza.
Oggi, guardando alla diversa capacità di reazione, come ha detto più d'un analista, l'oceano Atlantico è, più che mai, un abisso economico di grandi proporzioni.

Non è una frase ad effetto perché appare di tutta evidenza che, come accadde in occasione della Grande depressione, gli Stati Uniti verranno fuori dalla crisi provocata dalla pandemia più velocemente e, soprattutto, più forti rispetto all'Europa. Non una semplice ipotesi di studio, ma il frutto di proiezioni, tutte concordanti su questa evoluzione determinata dalle diverse scelte compiute da questo lato dell'Atlantico e dall'altro.
Nel 2020 il Pil della zona euro ha registrato un crollo del 6,85%, mentre in America, anche per la diversa politica di restrizioni (meno decise) adottate, il prodotto interno lordo è arretrato di 3,5 punti percentuali.

Le conseguenze dei due diversi approcci sono evidenti anche ora, con il 2021 appena cominciato: in America il rimbalzo sarà di un + 6,5%, mentre il blocco europeo inseguirà a +3,9% (la stima è dell'Ocse).
Secondo gli analisti (e in fondo anche in base ad elementari regole di buonsenso) la corsa al recupero delle economie sarà vinta dai Paesi che impiegheranno meno tempo a vaccinare la popolazione; una azione che deve andare in parallelo con l'erogazione di più soldi per aiutare le famiglie e le aziende a uscire dal baratro nel quale le ha catapultate il virus.
Due piani sui quali gli Stati Uniti stanno andando a maggiore velocità rispetto all'Europa. Tanto per restare in tema di campagne vaccinali, basta ricordare che quasi un americano su tre ha già ricevuto almeno una dose e che più del 17% della popolazione ha ultimato il ciclo di somministrazione. Due dati numerici che significano che rispetto all'Europa gli Stati Uniti hanno percentuali di cittadini vaccinati rispettivamente più del doppio (prima dose) e del triplo (ciclo completato) rispetto all'Unione europea .

Ancora più rilevante è l'asimmetria delle misure fiscali adottate contro la crisi. Alla fine dello scorso anno Usa e area euro erano praticamente legati in termini di aiuti pubblici. Ma tutto è cambiato con Joe Biden alla Casa Bianca: dopo il via libera dal Congresso al colossale piano di stimolo del democratico, l'Amministrazione ha impegnato una spesa quasi doppia rispetto ai Paesi europei.
Mentre Washington inonda l'economia americana con denaro raccolto al minimo costo nei mercati, alcune capitali europee iniziano a guardare con sospetto ogni centesimo speso (non è il caso dell'Italia, come ha avuto modo di ribadire in più occasioni Mario Draghi). Anche se, dice il, Fondo monetario internazionale, non è questo il momento di contare quanto è stato speso. Ma non è che il problema sia esclusivamente legato alla massa monetaria mobilitata, ma il come ed il quando. Insomma, i soldi sono arrivati anche in Europa, ma con minore energia. Le differenze tra le economia americana ed europea rischiano di accentuarsi con il passare del tempo, anche dopo la fine dell'emergenza pandemica, soprattutto per gli effetti del nuovo vigore imposto da Biden alla politica fiscale. L'attenzione degli analisti si è appuntata soprattutto sulla velocità di reazione davanti alla crisi e sulle politiche adottate. Come dicono dall'Ocse, secondo il quale "l'idea dell'Europa di investire nella crescita a lungo termine è buona: è la cosa giusta da fare. Il problema è la lentezza in una recessione grande come questa".

Il divario tra le economie americana ed europea persisterà oltre quest'anno. Nel 2022, il piano di shock fiscale di Biden contro la crisi sosterrà ancora i consumi, di gran lunga il principale pilastro su cui poggia la crescita degli Stati Uniti. E il gigantesco programma di investimenti infrastrutturali presentato mercoledì scorso - altri 2 trilioni di dollari, un decimo del PIL - promette di fornire un ulteriore impulso. Ancor prima che questo programma venisse ufficializzato, l'Ocse prevedeva già una crescita di due decimi superiore nella prima potenza mondiale rispetto all'area dell'euro: 4% rispetto al 3,8% nei Paesi della moneta unica.
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