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L’economia italiana ferma: Pil +0,4% nel III trimestre 2025

- di: Bruno Coletta
 
L’economia italiana ferma: Pil +0,4% nel III trimestre 2025

Stallo con lieve crescita: un sospiro per l’Italia.

(Foto: Michele Camisasca, Direttore Generale Istat).

Secondo la stima preliminare diffusa da ISTAT il 30 ottobre 2025, nel terzo trimestre l’Italia si è trovata in uno stato di “ferma” crescita: il prodotto interno lordo (Pil), corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è rimasto praticamente invariato rispetto al trimestre precedente e ha segnato un aumento dello 0,4 % su base annua.

È un risultato che conferma una “crescita acquisita” per l’intero anno 2025 pari allo 0,5 %.

Dietro il numero: settori e componenti della domanda

La variazione congiunturale nulla è la sintesi di dinamiche contrastanti. Da un lato, l’agricoltura, silvicoltura e pesca evidenziano un aumento del valore aggiunto; dall’altro l’industria mostra una diminuzione e i servizi restano sostanzialmente stabili.

Dal lato della domanda, mentre la componente estera netta ha dato un apporto positivo, la domanda interna (al lordo delle scorte) ha contribuito in negativo.

Le molte “avanti lente” dietro i numeri

Il quadro che si presenta è quello di un’economia che non arretra, ma neppure accelera. Come osservato da analisti ed economisti, l’Italia resta “ferma” pur evitando, al momento, una recessione tecnica.

In particolare, uno studio di analisi macroeconomica segnala che il rilancio nel 2025 e 2026 del Pil italiano sarà trainato soprattutto dalla domanda interna — consumi e investimenti — mentre l’export, a causa dell’incertezza e dell’aumento dei dazi commerciali, sarà un fattore meno dinamico.

Quali rischi e quali leve per il futuro

Tra i rischi evidenziati spiccano l’elevata incertezza internazionale, gli effetti dei dazi statunitensi e la debolezza degli investimenti nelle imprese italiane.

Come leva di potenziale rilancio, c’è il contributo del PNRR e degli incentivi per la transizione e la modernizzazione, che potrebbero dare un impulso nei prossimi trimestri se ben attuati.

Commento ISTAT: “Crescita modesta ma evitata la caduta”

Nel comunicato ISTAT si legge: “Nel terzo trimestre 2025, l’economia italiana è rimasta stazionaria sui livelli del trimestre precedente … In termini tendenziali, si è registrata una crescita dello 0,4 %, in rallentamento rispetto ai primi due trimestri del 2025.”

Questa precisione statistica cela però una realtà politica ed economica meno entusiasmante: l’Italia sembra aver raggiunto un punto di equilibrio — basso — da cui stenta a ripartire.

Le implicazioni per consumatori, imprese e politica economica

Per i consumatori significa una crescita dei redditi reali ancora modesta e una persistenza della cautela nella spesa, come evidenziato da numerosi rapporti.

Per le imprese vuol dire che la debolezza della domanda interna, la difficoltà di esportare e la pressione dei costi energetici mantengono alta la soglia di rischio e riducono la propensione ad investire.

Per la politica economica è un monito: la crescita dello 0,5 % per il 2025 è un target fragile e poco ambizioso, che pone interrogativi sulla qualità della ripresa, sulla produttività e sulla capacità del paese di stare al passo con l’Europa.

Conclusione: un vigile “stand-by” economico

In sintesi: l’Italia non è caduta in recessione, ma è lontana dal far decollare la propria economia. Il Pil segnala una modestissima crescita dello 0,4 % su base annua e nessun progresso sul trimestre precedente. Le componenti che tengono — l’agricoltura e l’export netto — non bastano a generare una dinamica autonoma di rilancio. La verità è che, come ha sintetizzato un commentatore, «la crescita non è data, la si deve costruire» — e oggi quell’Italia che contava sulla ripresa appare più che mai in attesa.

Ora più che mai si aprono le domande: riuscirà il paese a trasformare il “fermo” in “ripartenza”? E se sì, con quali strumenti e in che tempi? La risposta dipenderà da quanto efficacemente si riuscirà a mettere in campo investimenti, politiche di domanda e riforme strutturali: altrimenti, lo 0,5 % resterà un vincolo più che un trampolino.

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