Rossi e Stagnaro (IBL) su lavoce.info: “Non è la tassa il problema, ma una spesa pubblica che tutti fingono di non poter toccare”.
Non è la flat tax a minacciare i conti pubblici: è il mito dell’intoccabilità della spesa statale. È questo il punto di rottura che Nicola Rossi e Carlo Stagnaro mettono al centro del loro intervento su lavoce.info, ribaltando la narrativa dominante con una tesi netta: l’aliquota unica può essere compatibile con un bilancio in ordine, a patto di avere il coraggio – politico, culturale e tecnico – di rivedere il perimetro dell’intervento pubblico.
Un’eresia? Forse. Ma ben argomentata.
Il lavoro dei due economisti, entrambi legati all’Istituto Bruno Leoni – Rossi è professore ed ex parlamentare, Stagnaro (foto) è direttore delle ricerche dell’Istituto Bruno Leoni – parte da un dato tecnico che nessuno contesta: il fiscal drag è una distorsione inevitabile della tassazione progressiva. Lo hanno sottolineato Marco Leonardi e Leonzio Rizzo, in un altro contributo su lavoce.info, stimando l’impatto dell’inflazione sulla pressione fiscale reale. E come ricordano Rossi e Stagnaro, la conseguenza è logica: “Se tutti fossero sottoposti a flat tax, non esisterebbe fiscal drag”. Una semplificazione che vale oro, per i contribuenti e per la trasparenza del sistema.
Un progetto concreto, già nel 2017
Ma non si tratta solo di principi astratti. Come puntualizzano Rossi e Stagnaro, una proposta tecnica per realizzare la flat tax esiste da tempo, e porta la firma proprio dell’Istituto Bruno Leoni. Si chiama 25% x tutti e risale al 2017, quando ancora l’inflazione sembrava un ricordo degli anni Settanta. Il progetto prevedeva un’aliquota unica del 25%, con l’eliminazione delle detrazioni, l’aumento selettivo dell’Iva (sempre al 25%) e soprattutto una profonda revisione della spesa pubblica.
Secondo le stime di allora – che Rossi e Stagnaro invitano giustamente ad aggiornare – il saldo netto da finanziare sarebbe stato di circa 30 miliardi, ovvero meno di due punti di Pil. “Una cifra gestibile”, scrivono, “paragonabile all’aggiustamento previsto dal governo Monti nel 2011 e ampiamente inferiore alla sforbiciata di Javier Milei in Argentina, che ha tagliato cinque punti di Pil in pochi mesi”.
Il messaggio è chiaro: non serve un miracolo. Serve una volontà.
“Il vero tabù è la spesa pubblica”
La flat tax viene spesso criticata – da Leonardi, Rizzo e molti altri – perché “farebbe saltare i conti”. Ma questa affermazione è vera solo se si dà per scontato che nulla dello Stato possa essere toccato. È esattamente contro questo pregiudizio che si scagliano Rossi e Stagnaro, i quali parlano esplicitamente di “un giudizio di valore non generalizzabile” nascosto dietro a una presunta analisi tecnica.
E qui arriva la parte più provocatoria del loro intervento: se la tassa piatta è “insostenibile”, è solo perché si rifiuta di mettere in discussione l’architettura della spesa pubblica italiana. “Dire che la flat tax è incompatibile con l’equilibrio di bilancio equivale ad affermare che l’attuale livello della spesa sia ottimale e incomprimibile”, scrivono. Una posizione che definiscono, senza mezzi termini, “più ideologica che realistica”.
Progressività sì, ma per deduzioni e non per scaglioni
Rossi e Stagnaro non sono nemici della progressività, ma ne criticano la forma attuale. Secondo loro, la progressività per scaglioni crea distorsioni, incentivi sbagliati e complicazioni inutili, mentre quella per deduzioni permetterebbe di tutelare equamente i redditi più bassi senza penalizzare la trasparenza e l’efficienza del sistema.
“Chi difende la progressività a tutti i costi – osservano – rischia di sacrificare il potere d’acquisto di lavoratori dipendenti e pensionati sull’altare di un principio astratto, laddove una flat tax ben disegnata potrebbe proteggerli meglio.” E il riferimento a Leonardi e Rizzo è esplicito: “Dal momento che visibilmente hanno a cuore gli interessi di quelle categorie, perché difendere a oltranza un sistema che le penalizza con il fiscal drag?”
La provocazione finale: cambiare il paradigma
In conclusione, il lavoro di Rossi e Stagnaro su lavoce.info non è solo una difesa della flat tax: è un attacco frontale al tabù dell’intangibilità dello Stato. E il loro invito è netto: discutiamo la spesa, prima di bocciare le riforme.
Perché, come affermano, non è la tassa piatta a essere insostenibile: è insostenibile un sistema fiscale progettato per nascondere i costi della spesa e premiare solo chi riesce a orientarsi tra detrazioni e aliquote. Se si vuole davvero proteggere i contribuenti – tutti, non solo quelli “mediamente colpiti” – bisogna avere il coraggio di mettere mano dove nessuno vuole guardare: alla macchina statale.
E allora sì, la flat tax può funzionare. A una condizione: che si abbia il coraggio di fare i conti davvero.