Il gruppo romano conferma l’adesione, le quote salgono al 30%. Siena prepara un assegno da 640–700 milioni per blindare il controllo oltre il 50%.
La scalata vive un momento cruciale
Il risiko bancario italiano entra nella sua fase più rovente. Monte dei Paschi di Siena, forte di un capitale in eccesso di circa 2,8 miliardi di euro, si prepara a mettere sul tavolo un assegno tra i 640 e i 700 milioni per rafforzare l’offerta pubblica di scambio su Mediobanca. L’operazione, in corso da gennaio, si è trasformata in un braccio di ferro con l’istituto guidato da Alberto Nagel.
A spostare gli equilibri è arrivato il “sì” del gruppo Caltagirone, che con Delfin rappresenta il blocco azionario più rilevante di Piazzetta Cuccia. Le controllate del gruppo romano hanno definito l’offerta “conveniente e sostanzialmente corretta”, portando le adesioni complessive a circa il 30% del capitale.
La posta in gioco
Il consiglio di amministrazione di Mps, riunitosi il 2 settembre 2025, deve decidere se rafforzare l’offerta con una quota cash aggiuntiva. L’obiettivo è semplice ma cruciale: spingere le adesioni oltre il 35%, soglia minima per la validità dell’OPS.
Da lì, il traguardo diventa il 50%, necessario per il controllo di diritto della banca. Significherebbe imprimere una nuova governance e sfruttare i crediti fiscali (DTA) di Mediobanca per ridurre il carico fiscale sugli utili futuri.
Infine, resta il bersaglio più ambizioso: il 66,7%. Superata questa soglia, si aprirebbe la strada al delisting e a una fusione pienamente gestita dal Monte, blindando la capacità decisionale in assemblea straordinaria.
Un concambio contestato
L’offerta originaria prevede 2,533 azioni Mps per ogni azione Mediobanca, valutazione che implica uno sconto di circa il 4% rispetto alle quotazioni di Borsa. Mediobanca aveva risposto giudicando l’operazione “del tutto inadeguata” e chiedendo un concambio vicino a 3,71 azioni, ovvero un rialzo di quasi il 50%.
Il rilancio in contanti servirebbe proprio a colmare questo gap, rendendo l’offerta più appetibile per gli investitori internazionali. Una componente cash sostanziosa può cambiare la percezione dell’OPS e accelerare le adesioni.
I grandi azionisti e il governo sullo sfondo
Oltre a Caltagirone e Delfin, l’operazione coinvolge attori decisivi: fondi come Anima e Amundi, casse di previdenza come Enpam ed Enasarco, e grandi investitori come Unicredit e i Benetton. Proprio questi soggetti, già determinanti nel respingere il tentativo difensivo di Mediobanca su Banca Generali, sono oggi gli arbitri della contesa.
Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, ha denunciato il ruolo “in conflitto di interessi” di alcuni soci favorevoli alla scalata, sostenendo che sarebbero stati condizionati dal governo. La partita, dunque, non è solo finanziaria, ma anche politica.
Una storia che si ripete
Il mercato ricorda bene precedenti simili: dall’offensiva di Intesa Sanpaolo su Ubi al tentativo di Bper su Sondrio. In tutti i casi, la componente cash si è rivelata la mossa risolutiva per convincere i soci riluttanti. La scommessa degli analisti è che anche stavolta Siena seguirà lo stesso copione.
Le scadenze decisive
Il calendario è serrato. Il termine ultimo per aderire all’OPS è l’8 settembre, con la possibilità di una riapertura dei termini dal 16 al 22 settembre. Le azioni conferite il 7 e l’8 settembre non potranno essere vendute, aumentando la pressione sugli indecisi.
La mossa di Caltagirone
Il sostegno esplicito di Francesco Gaetano Caltagirone ha dato ossigeno all’OPS di Mps, ma la partita non è ancora chiusa. Le adesioni vicine al 30% sono un traguardo importante, ma insufficienti senza un rilancio in grado di attrarre fondi e istituzionali. Siena sembra avere mezzi e volontà per farlo.
La domanda è semplice: riuscirà Mps a spingersi oltre la soglia psicologica del 50% e a trasformare Mediobanca da roccaforte intoccabile a nuova colonna della propria strategia? Il dado verrà tratto nelle prossime settimane, con un finale che promette di riscrivere gli equilibri della finanza italiana.