"Divina commedia" opera troppo "religiosa": prof esenta dallo studio due ragazzi musulmani
- di: Redazione
L'arrivo dell'autonomia scolastica (incentrata soprattutto sulla libertà di adottare decisioni diverse rispetto ai programmi e ai calendari, sempre e comunque nel rispetto dei piani di studio) fu salutata giustamente come una conquista, lasciando ai docenti ampia discrezionalità su temi e contenuti.
Ma ci sono dei limiti che non possono essere valicati, soprattutto se riguardano capisaldi della nostra cultura, che non possono essere messi in discussione da scelte fatte sulla scia del sentimento del momento che, per definizione, può durare anche posti istanti.
Desta per questo perplessità, a volere essere educati, la decisione di un docente, in servizio a Treviso, che, avvedutosi per la prima volta, evidentemente, di ciò che è, in termini di forza espressiva, complessità e contenuto culturale, la ''Divina commedia'', ha deciso di esentare dal suo insegnamento due studenti islamici, così come essi erano stati esclusi per loro richiesta dall'ora di religione.
"Divina commedia" opera troppo "religiosa": prof esenta dallo studio due ragazzi musulmani
Ora, se da musulmani chiedi di non studiare i rudimenti del cattolicesimo, possiamo capirlo e giustificarlo, posto che le due religioni, al di là dell'unico Dio e dei concetti generali legati alla convivenza, hanno enormi differenze.
Ma lo studio della massima espressione dell'arte di Dante cosa c'entra? Qui non parliamo di ''cancel culture'', ma di ragionevolezza.
La ''commedia'' era figlia del suo tempo, in cui peraltro Dante non è che fosse un paladino del modernismo o delle culture alternative. Scrisse ciò di cui era convinto in un momento storico in cui il pensiero dominante, come la terra nel sistema tolemaico, era il cristianesimo che stava al centro di tutto.
Probabilmente, ad avviso del docente, prima di essere proposta, come studio e comprensione ai suoi studenti, dal testo dantesco dovrebbe essere espunto ogni riferimento a Cristo, Gesù e il resto se considerati come elementi fondanti del cristianesimo, al di là del fatto che di essi fa menzione anche l'islam, considerandoli profeti.
Al massimo della democrazia scolastica, il docente ha scritto alle famiglie dei due studenti per chiedere, educatamente, come la pensassero e se, bontà loro, autorizzassero i loro ragazzi a studiare con gli altri la Divina commedia, senza per questo passare, armi e bagagli, al cristianesimo.
La risposta dei genitori è stata scontata: grazie, ma questo non fa per i nostri figli, forse sapendo che il divino poeta non è che ci sia andato leggero con Maometto, collocato nell'inferno a patire le sue colpe.
Il ministro Valditara ha risposto disponendo una immediata ispezione nella scuola al fine di ''verificare come stanno effettivamente i fatti, perché oggettivamente un'esclusione dal programma scolastico di uno dei pilastri della nostra letteratura per motivi religiosi o culturali - ancora non abbiamo ben capito - è del tutto inammissibile".
Ci si consenta però una considerazione, che diremmo scontata. Ma se questo è il criterio (ovvero, sia pure caso per caso, la possibilità di negare l'insegnamento di un'opera che fa parte del percorso scolastico di gran parte degli studenti italiani) per il principio dell'analogia bisognerebbe prevede anche altro.
Ad esempio la possibilità o l'opportunità di escludere dallo studio dantesco: tutti coloro che possono essere messi in relazione con la comunità Lgtbq (vedi Brunetto Latini, che peccando, si diceva, contro natura, offese Dio); con chi agisce contro il patrimonio altrui (ladri, relegati nella settima bolgia); con i superbi (gli stupidi tra gli stupidi dei Vip); con i lussuriosi (non pensiamo ci sia bisogno di spiegare). Per non parlare di chi ama mangiare tanto e bene; di chi spende poco e chi spende in modo smodato; di chi si nutre dell'invidia verso il prossimo.
Se si pensa a quanti modi possono essere declinate queste definizioni, alla fine, nelle classi italiani, resterebbero pochi eroi a seguire le lezioni su Dante.
Ma l'intelligenza - facendo discendere il termine da ''intelligere'' significa comprendere - che fine ha fatto?