Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan Chase, non è tipo da dichiarazioni leggere. E quando parla della politica economica americana, ogni parola pesa. In una recente intervista, ha definito il maxi piano fiscale e di spesa del presidente Trump come “un potenziale fattore di stabilizzazione”, ma ha subito messo in guardia: “Non è affatto una misura utile alla riduzione del deficit”. Tradotto: bene sul breve termine, male sulle prospettive di sostenibilità. L’economia può trarne beneficio nell’immediato, ma i conti pubblici americani rischiano di deragliare.
Jamie Dimon: “La manovra di Trump può stabilizzare, ma il deficit resta fuori controllo”
La lettura di Dimon si inserisce nel dibattito su una manovra che, da mesi, agita mercati e istituzioni. Da un lato, tagli fiscali massicci e spese pubbliche in settori chiave (energia, difesa, infrastrutture) possono dare fiato all’economia reale. Dall’altro, l’espansione senza coperture adeguate rischia di alimentare un debito già elevatissimo. “Dobbiamo essere onesti – ha detto il CEO – questa politica non ha un impianto coerente di riduzione del disavanzo. Serve un piano più articolato per tenere sotto controllo la spesa nel lungo periodo”.
Un messaggio al mercato (e al Congresso)
Le parole di Dimon suonano come un monito al mondo finanziario, ma anche – e soprattutto – alla politica americana. Il Congresso resta diviso: da una parte i sostenitori della dottrina espansiva voluta da Trump, dall’altra i fautori di un rigore selettivo che guarda al medio-lungo periodo. Dimon, da leader di una delle più grandi banche del pianeta, fa capire che la fiducia degli investitori dipenderà anche dalla capacità di rientrare nei parametri di sostenibilità. Per ora i mercati tengono, ma nessuno può ignorare i numeri: il deficit federale è proiettato ben oltre i mille miliardi di dollari annui.
Un equilibrio instabile che può pesare sul 2025
La prospettiva di un nuovo mandato per Trump rende ancora più delicata l’analisi. Per Dimon, la stabilizzazione a cui fa riferimento è legata a un contesto di minori incertezze, soprattutto sul piano fiscale. Ma allo stesso tempo lancia un segnale: la solidità del sistema non può reggersi solo sulla crescita del Pil e sul rimbalzo occupazionale. “Serve una visione di lungo respiro, non solo una spinta adrenalinica”, ha detto senza giri di parole. È la finanza che, ancora una volta, ricorda alla politica che i conti prima o poi tornano. Anche se per ora il conto lo pagano solo i numeri.