Siamo ciò che mangiamo? Se ne parla ai Dialoghi di Pistoia

- di: Barbara Leone
 
Siamo ciò che mangiamo? Nutrire il corpo e la mente è il tema che guida le riflessioni di antropologi, storici, filosofi, scienziati, chef, scrittori, artisti e psicologi, che da venerdì 24 maggio fino a domenica 26 maggio saranno protagonisti della quindicesima edizione dei Dialoghi di Pistoia, il festival di antropologia del contemporaneo promosso dalla Fondazione Caript e dal Comune di Pistoia, ideato e diretto da Giulia Cogoli. Ben 55 appuntamenti nel corso dei quali verrà approfondita la relazione tra gli esseri umani e il cibo, indagando le modalità con cui, nel tempo, ogni società costruisce e trasforma la propria idea di gusto condiviso. Mangiare, cucinare e produrre cibo sono esperienze sociali e culturali, frutto di scambi che sono alla base del nostro vivere comune. Sono attività legate all’ecologia della Terra, ma influenzate dalle mode e dalla comunicazione. I Dialoghi di Pistoia quest’anno parleranno del nostro rapporto con il cibo, di sostenibilità, di prevenzione, di come gli alimenti hanno viaggiato e come cambieranno in futuro. Perché come ha scritto Ludwig Feuerbach «siamo ciò che mangiamo»: non basta, infatti, che una pianta o un animale siano commestibili da sempre scegliamo il cibo per tabù mode, norme sociali e religiose e sempre più per motivazioni ecologiche e prospettive sul futuro.

Siamo ciò che mangiamo? Se ne parla ai Dialoghi di Pistoia

«La scelta del cibo oggi è indicativa di gusti, ideologie, mode e persino di prospettive sul futuro – afferma la direttrice del festival Giulia Cogoli -. Ci dividiamo in “tribù” alimentari: vegetariani, vegani, fruttariani, strenui difensori dell’onnivoro, parlare di cibo dunque significa parlare di identità, culture, comunità ed ecologia. Senza dimenticare che ancora troppa gente soffre di denutrizione o di malnutrizione, mentre in alcune parti di mondo si spreca e si getta via il cibo in abbondanza, e le malattie legate all’alimentazione sono un dato sempre più in aumento».

Quest’anno il Premio Internazionale Dialoghi di Pistoia, alla sua settima edizione, è assegnato a Corrado Augias, uno dei protagonisti più attenti e profondi della nostra società e della nostra cultura. Alla consegna del premio, sabato 25 maggio in piazza del Duomo, seguirà l’incontro Dialoghi e parole per l'Italia di oggi. In un’epoca di veloce transizione, di scomparsa di valori che credevamo intramontabili, di nuove paure e grande incertezza, Augias in colloquio con l’antropologo Marco Aime, vuole andare controcorrente, rallentare di fronte alla continua accelerazione di immagini e parole.

Il festival si apre, come detto, venerdì 24 maggio con la conferenza inaugurale della filosofa e scrittrice Michela Marzano, una domanda e insieme un invito rivolto a tutti gli adulti a ricercare e individuare ciò di cui i ragazzi e le ragazze di oggi hanno davvero bisogno. Non ci si nutre infatti solo di cibo, ma anche e soprattutto di parole, quelle che permettono di nominare le mille sfumature di ciò che ci circonda. Prima di rinchiudersi in sé stessi, prima di essere devastati da sintomi talvolta difficili da decifrare, sono sempre il riflesso della società in cui vivono, un mondo in cui gli adulti non sono in grado di fornire loro punti di riferimento adeguati a consolidarne l’identità. Di cosa cibarsi, allora – si chiede Marzano - per evitare di restare, sempre e comunque, affamati? In serata spazio allo spettacolo con due imperdibili appuntamenti nei teatri di Pistoia e Pescia. Sul palco del teatro Manzoni saliranno due degli artisti più noti del panorama jazz contemporaneo internazionale. Il trombettista e compositore Paolo Fresu e il pianista cubano Omar Sosa saranno i protagonisti di FOOD, un concerto che indaga e indugia sul piacere del gusto, della convivialità, della scoperta e del dialogo, ma anche sull’importanza di una sana ed etica alimentazione. FOOD è un originale ed emozionante percorso sonoro in cui si alternano i suoni tipici di cantine e ristoranti – registrati nel corso di un intero anno – a voci narranti che, in italiano, sardo, francese, inglese, friulano e giapponese, raccontano ricette, ambientazioni culinarie e socialità. Una dedica suggestiva e coinvolgente al mondo del cibo e al suo linguaggio universale. In occasione del ventennale dalla scomparsa di Tiziano Terzani, al teatro Pacini di Pescia l’attore Peppe Servillo, accompagnato dal pianista Natalio Luis Mangalavite, porterà in scena il reading musicale tratto dal libro più amato del grande scrittore e viaggiatore: Un indovino mi disse.

Nel 1976 un vecchio indovino cinese avvertì Terzani: «Attento! Nel 1993 corri un gran rischio di morire. In quell’anno non volare. Non volare mai». Lui trasformò questa profezia in un’occasione per guardare il mondo con occhi nuovi: percorrendo l’Asia in treno, in macchina, in nave, e a volte anche a piedi, dando vita a un racconto ricco di leggende e avventure, anticipando le grandi questioni del nostro tempo, dal rapporto con la natura e la tecnologia, all’etica materialista di un mondo sempre più interconnesso (lo spettacolo replica sabato 25 al teatro Manzoni di Pistoia). Il fondatore della neurobiologia vegetale Stefano Mancuso, tra i massimi esperti internazionali impegnati a studiare e divulgare una nuova verità sulle piante, nella conferenza Una specie senza limiti: come fare a non mangiarsi la terra lancia un allarme: ogni anno in un semestre consumiamo la totalità delle risorse non rigenerabili a disposizione dell’umanità, vivendo di fatto per altri sei mesi con risorse sottratte alle generazioni future. Mancuso prospetta le possibili strategie da mettere in atto per conciliare la nostra presenza sul pianeta compatibile con il nostro un futuro.  Chiude la prima giornata dei Dialoghi la proiezione del documentario Food for profit, di Pablo D'Ambrosi, film-maker italo britannico, e Giulia Innocenzi, giornalista d’inchiesta e conduttrice televisiva. L’indagine investigativa mette in luce l’orrore degli allevamenti intensivi, la connivente protezione politica loro garantita, e le principali problematiche legate a questo tipo di produzione industriale: perdita di biodiversità̀, inquinamento delle acque, sfruttamento dei migranti e antibiotico resistenza.

Sabato 25, giornata dedicata al vino, che non è solo alcol. Per il suo valore evocativo e simbolico è espressione di pratiche colturali e culturali profonde e radicate. Il vino contribuisce a definire la fisionomia dei paesaggi attraverso l’attività dei suoi produttori, veri custodi del territorio, e rappresenta una risorsa economica di primaria importanza. In Cosa vuol dire vino Daniele Cernilli - giornalista e critico enologico, tra i fondatori de Il Gambero Rosso – percorre i modi in cui il vino è stato raccontato, dall’antica Grecia alla letteratura moderna, dalla Gran Bretagna alla Francia e infine all’Italia con figure centrali come Luigi Veronelli e Mario Soldati. Perché si spreca tanto cibo? Nel mondo un terzo di ciò che si produce non arriva sulle nostre tavole, e solo in Italia lo spreco alimentare domestico vale oltre sette miliardi di euro. Il valore del cibo, tuttavia, non è soltanto economico: continuiamo a darlo per scontato e, allo stesso tempo, lo vogliamo sempre più scontato. Andrea Segrè, professore di economia circolare e fondatore di Last Minute Market, nel corso della conferenza Per un’educazione alimentare a spreco zero affronta uno dei temi più urgenti della contemporaneità, raccontando anche alcune utili e buone pratiche, per un consumo più consapevole, come la campagna Spreco Zero.  Se una volta si diceva “siamo quel che mangiamo”, oggi siamo piuttosto quello che non mangiamo. Vegetariani, fruttariani, vegani, no carb, respiriani… Viviamo prevalentemente nelle città, ma ci dividiamo in tante tribù alimentari, ciascuna con le proprie ossessioni e preclusioni. Con i suoi totem e tabu, credenze e astinenze. Nella conferenza Di che cibo sei? Religioni, diete e tribù alimentari l’antropologo della contemporaneità Marino Niola spiega come abbiamo trasformato l’alimentazione in una forma di ascetismo laico, e l’etica in dietetica. L’aumento della frequenza delle esplorazioni spaziali di lungo periodo è legata alla possibilità di creare ecosistemi artificiali, in cui le piante svolgono un ruolo centrale per rigenerare l’aria, purificare l’acqua e produrre cibo. Nel corso dell’incontro Agricoltura spaziale: piantare patate su Marte, l’esperta di coltivazione vegetale in sistemi di controllo ambientale biorigenerativo Stefania De Pascale – responsabile del Laboratory of Crop Research for Space nato in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea – illustra le più avanzate soluzioni a supporto della vita dell’uomo nello spazio. Ma non solo: saranno utili anche sulla Terra, per la coltivazione in ambienti estremi, come i deserti o le moderne megalopoli, e per la messa a punto di soluzioni agricole più sostenibili. Dal futuro dei viaggi spaziali alle nuove frontiere dell’alimentazione. In Cavallette a colazione. I (dis)gustosi cibi del futuro l’antropologa culturale Gaia Cottino guida il pubblico alla scoperta dei novel food, nuovi alimenti a basso impatto ambientale che, a causa dell’emergenza climatica, entreranno a far parte delle nostre abitudini alimentari. Insetti, cactus, meduse e alghe non sono considerati commestibili dagli occidentali, nonostante milioni di persone nel mondo li consumino quotidianamente. Guardando ai lunghi processi di inclusione di nuovi alimenti, avvenuti nel passato, e alle dinamiche culturali di costruzione dei (dis)gusti, Cottino analizza le resistenze al consumo di cibi inediti, individuando possibili strategie per una loro integrazione.

Nel 2022 circa 735 milioni di persone hanno sofferto la fame e 2,4 miliardi hanno vissuto in stato di insicurezza alimentare: la fame, tuttavia, non è legata soltanto alla mancanza di cibo sul pianeta, ma è frutto di scelte precise. Secondo le stime della Divisione Statistica della FAO, infatti, un terzo del cibo mondiale viene sprecato, per un valore totale di quasi mille miliardi di dollari. Nell’incontro Il pane e la parola. Cos’è la solidarietà, lo storico e studioso del fenomeno religioso Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, spiega perché la fame è anche questione, oltre che di cibo, di relazioni. Si dice che l’essere umano è onnivoro, ma non è affatto vero, poiché non mangiamo tutto quello che è commestibile. Numerose culture hanno scelto di rendere tabu alcuni cibi, come tartarughe, anguille, squali, maiali, bovini e, ovviamente, la carne umana. Nell’incontro Tabu. Non mangerai di questo cibo l’antropologo culturale Adriano Favole ci conduce in un viaggio in giro per il mondo, alla scoperta dei cibi proibiti e delle ragioni – simboliche, religiose, materialistiche - che ne vietano il consumo. La dieta mediterranea è lo stile di vita più studiato al mondo, al punto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità la raccomanda per tutte le età, la FAO la considera uno dei regimi più sostenibili e l’UNESCO l’ha riconosciuta come patrimonio culturale dell’umanità. Nonostante la sua fama universale, pochi sanno in cosa consista davvero, e ancora meno che è stata scoperta in Italia. Lo spiega l’antropologa Elisabetta Moro nella conferenza La dieta mediterranea, storia e benefici, consentendoci di riscoprire le virtù di questa grande eredità culturale.  Dall’Eucarestia al banchetto nuziale, dalla tavolata con gli amici alla preparazione di piatti dedicati a una ricorrenza speciale: il cibo è spesso oggetto di condivisione, tanto in senso religioso quanto in senso laico. Enzo Bianchi, monaco, saggista e fondatore della Comunità di Bose, è il protagonista della conferenza Cibo, tavola e condivisione: condividere la mensa è il segno di un legame di fraternità, che assume un valore ancora più alto in tempi di scarsità. Sedersi alla stessa tavola e spartirsi il cibo, sancisce un patto tra i commensali, facendo germogliare un legame comunitario rintracciabile anche in culture differenti.

L'incremento del consumo di carne ha portato negli ultimi anni a un aumento vertiginoso dei capi animali a livello globale. Se da un lato l’allevamento intensivo consente di produrre tanta carne in uno spazio ristretto, facilitando l’accesso alle proteine animali a fasce crescenti della popolazione, dall’altro ha enormi costi ambientali, sociali e sanitari. In Fabbriche di carne, il giornalista e regista Stefano Liberti ripercorre la storia degli allevamenti intensivi, analizzando l’impatto crescente che questo modello di produzione ha sulle campagne, sulle città, e sul rapporto uomo-animale. La seconda giornata del festival si conclude con la proiezione di Petit paysan - Un eroe singolare, acclamata opera prima del cineasta francese Hubert Charuel. Il film, a metà fra il noir, il dramma rurale e il thriller sociale, ha come protagonista Pierre, un giovane allevatore di vacche da latte profondamente legato alla sua terra. La sua vita e il suo lavoro vengono sconvolti da un’epidemia vaccina e pur di salvare i suoi amati animali, Pierre sarà trascinato in un vortice di colpe e speranze, spingendosi sino ai limiti estremi della legalità.

L’ultimo giorno del festival, invece, è dedicato al tema dell’esperienza del cibo, che  contribuisce a formare la nostra mentalità e percezione del mondo. Il cibo che abbiamo conosciuto e la sua memoria consentono andate, ritorni, restanze, recuperi di persone, luoghi e pratiche alimentari del passato. L’antropologo Vito Teti, in Cosa mangio qui? Cibo, memoria, migrazioni parte da un interrogativo che l’homo sapiens si pone da sempre, in tutti i contesti storici e culturali in cui è vissuto, lo stesso che si sono posti tutti i migranti e i viaggiatori, quello che ci poniamo anche noi oggi, nel periodo in cui luoghi e cibo stanno diventando “eccessivi” o “inesistenti”. Da un lato i mondi dell’obesità e dello spreco, dall’altro quelli della penuria, della fame e della sete. Senza carne. Perché abbiamo imparato a essere (anche) vegetariani? è il titolo della conferenza dello storico dell’alimentazione Massimo Montanari, che ci conduce alle origini del vegetarianesimo e delle motivazioni che hanno determinato questa specifica scelta alimentare, paradossale, se si pensa che la specie umana è biologicamente onnivora. Nel tempo si sono succedute motivazioni di ordine culturale ed economico, ma anche princìpi simbolici, ideologici, etici, religiosi, e infine salutistici. Senza dimenticare le ragioni del gusto: piacere e necessità viaggiano sempre assieme quando si tratta di mangiare.

E ancora. Anoressia, bulimia, binge eating: i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione sono un tema di crescente attualità e urgenza. Ne parla lo psichiatra e psicoanalista Vittorio Lingiardi nella conferenza Quando il cibo racconta il dolore psichico, un viaggio diagnostico e culturale in quadri clinici sempre più frequenti. Poiché la diagnosi prelude sempre al trattamento, si parlerà anche di strategie terapeutiche, riflettendo sul ruolo giocato dalla personalità nel manifestarsi del disagio alimentare. Ancora una volta scopriremo, come direbbe Freud, che «l’Io è innanzitutto un’entità corporea». In collaborazione con Fondazione Hapax – Synapsis. Quando ci si riferisce a qualcosa di “alto”, che sia moda, design, oppure cucina, immediatamente gran parte di noi si sente escluso, pensa a oggetti e ristoranti riservati a pochi eletti, a stili di vita cristallizzati e costi proibitivi. In controtendenza, la chef stellata Cristina Bowerman ha incentrato il suo lavoro sulla trasformazione dell’alta cucina in un’esperienza alla portata di tutti. Una cucina che non crea isolamento, bensì apertura a ingredienti e ricette che non hanno frontiere, con prezzi accessibili, percorsi di degustazione libertari. Ne discute con la scrittrice e critica gastronomica Camilla Baresani nell’incontro: Alta cucina senza tabù. La gestione del cibo è uno degli elementi cardine del funzionamento di una famiglia. A partire dalle scelte di allattamento che la madre fa, fino alla preparazione e cura del desco domestico, ai figli si veicola non solo il nutrimento, ma anche un’educazione all’altro. La psicologa e psicoanalista, Laura Pigozzi, in Educo come mangio, racconta come in famiglia l’eccesso di cibo, di amore, di controllo e di dipendenza rischia di interrompere un vero scambio con i figli. Questo incontro apre un ciclo di lezioni promosse da Fondazione Hapax – Synapsis rivolte ai genitori. Il cibo non è infatti solo nutrimento, ma è un discorso, un esperanto relazionale: mangiare o non mangiare per un bambino significa comunicare qualcosa a chi lo cura.   Il food porn, ovvero la proliferazione di discorsi e immagini intorno al cibo, è l’ossessione per la cucina e per l’estetica degli alimenti, una tendenza diffusasi paradossalmente in una società in cui la maggior parte delle persone è sempre a dieta. Questo fenomeno è evidente nei palinsesti televisivi, con le innumerevoli trasmissioni culinarie, nell’elevazione degli chef a vere e proprie celebrità, e nella tendenza dei politici a realizzare selfie o dirette social con il cibo. L’immersione nella “gastro-pornografia” – spiega la sociologa Luisa Stagi nella conferenza Food porn e dieta. La nuova comunicazione del cibo - ha prodotto un linguaggio specifico spesso per parlare di sé, dei propri posizionamenti identitari o anche solo per subliminare il desiderio di consumo.

Mangiare bene è uno dei principali segreti per vivere più a lungo e felici. Purtroppo, numerose ricerche epidemiologiche hanno evidenziato che l’industrializzazione della filiera produttiva del cibo ha un ruolo determinante nella genesi delle malattie croniche. Molto spesso ci ammaliamo perché mangiamo troppo e male: i nostri piatti sono pieni di cibi pronti, alimenti ultra processati, dolcificanti artificiali ed emulsionanti. La raccomandazione per una sana alimentazione è, invece, quella di scegliere ingredienti semplici e naturali, prestando sempre attenzione alla varietà e alla biodiversità. Nell’incontro Curarsi con il cibo: gli ingredienti della longevità Franco Berrino, medico, patologo ed epidemiologo - decano degli studi sulla prevenzione - traccia le linee guida fondamentali per alimentarsi correttamente e vivere bene.  I ristoranti esistono da più di due secoli e mezzo, per un motivo molto semplice: perché servivano. La borghesia europea aveva bisogno di un nuovo tipo di luogo dove incontrarsi con persone sconosciute, un luogo aperto a tutti, o quasi, gradevole e non necessariamente costoso. I ristoranti, i piatti, i menu, le recensioni erano in origine un elegante pretesto per decidere se valeva la pena di rivedere la persona seduta a cena con noi, per fare affari, per inventare cose nuove, o per innamorarsi. Nella conferenza Perché andiamo al ristorante? lo chef e scrittore Tommaso Melilli parla di una delle consuetudini più radicate nella nostra società. È difficile sentir dire a qualcuno di odiare gli animali, però alcuni li salviamo dalla nostra fame, altri invece no. Perché ci indigniamo per la caccia o per gli allevamenti intensivi di mammiferi e pollame, ma molto meno per la pesca e gli allevamenti ittici? Molti fattori ci indicano che dobbiamo cambiare il nostro stile alimentare, ma non è facile, le abitudini sono dure a morire. Lo scrittore Antonio Manzini e l’antropologo Marco Aime - in Ero carnivoro ma sto cercando di smettere: tentativi di consapevolezza alimentare – discutono del fatto che gli esseri umani, pur essendo una specie onnivora, orientano gusti e preferenze sulla base di principi etici, influenzando così alcune scelte determinanti sul piano ambientale, economico e politico.

In chiusura della manifestazione la proiezione del film Club Zero della regista austriaca Jessica Hausner, un thriller psicologico, inquietante e provocatorio, presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes. La signorina Novak è docente in una scuola di élite dove insegna alimentazione consapevole, basandosi sul principio innovativo che mangiare meno è salutare. L’insegnante piega gli studenti alla sua pericolosa ideologia, convincendoli che, seguendola pedissequamente, potranno non solo purificare il corpo, ma addirittura salvare il pianeta.  La XV edizione del festival si arricchisce della mostra fotografica Mercati, cibi e aromi organizzata dai Dialoghi di Pistoia in collaborazione con Confcommercio. 60 scatti fotografici dell’antropologo e fotografo Marco Aime saranno esposti, dal 23 maggio a fine giugno, in luoghi pubblici ed esercizi commerciali di tutta la città e negli spazi del festival, offrendo un’inedita narrazione visiva, carica di emozioni, sguardi e colori. Le immagini che compongono il mosaico di questa mostra diffusa, curata da Giulia Cogoli, sono state catturate in diversi angoli di mondo: dagli inebrianti negozi di spezie dell’India e dell’Iran, alle profumate rivendite di pani dell’Asia centrale. Dalle esili bancarelle dei mercati africani, a quelle dei nostri mercati. E si arricchisce anche la serie di libri Dialoghi di Pistoia, edita da UTET, che con l’ultimo volume in uscita a maggio “Cavallette a colazione. I (dis)gustosi cibi del futuro” di Gaia Cottino raggiunge i 24 titoli pubblicati.

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