Di Maio come il sughero, sbattuto dalla tempesta, ma sempre a galla

- di: Redazione
 
C'era una volta, in un tempo non lontano, un bambino che, nato ad Avellino (secondo la leggenda, già in completo scuro e appena rasato), per meglio metterne in risalto le capacità e la forza di apprendimento, fu trasferito a Pomigliano d'Arco, diventata la sua città elettiva, dove crebbe e studiò al liceo Imbriani, da dove spiccò il volo verso la Facoltà di Giurisprudenza della Federico II, di Napoli.
Qui lo si ricorda ancora, vestito di tutto punto, aggirarsi per aule e corridoi. Soprattutto corridoi, perché nelle aule c'entrava poco, soprattutto quando c'erano le sedute di esami.
E difatti lui non si laureò.
Ma cosa importa, questo piccolo particolare?

Di Maio come il sughero, sbattuto dalla tempesta, ma sempre a galla

Perché per lui, travata sbarrata la porta della laurea e negatagli la possibilità di menzionare l'università napoletana come alma mater, non s'è fermato e, con feroce determinazione, ha perseguito i suoi obiettivi, che andavano ben oltre l'aggirarsi nell'allora San Paolo, non in tribuna d'onore, ma con una cassetta di bibite.
E a cosa mai può aspirare un mancato laureato, se non a diventare deputato, vicepresidente della Camera (a 27 anni, che se non è record mondiale, poco ci manca), e poi, in sequenza, ministro del Lavoro e delle politiche sociale; dello Sviluppo economico; vicepremier; capo politico dei Cinque Stelle; presidente del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa; ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale; segretario di un partito (Impegno civico)?

Ecco - e ci si scusi per il mancato senso della sintesi, ma quando la materia è troppa.... - il curriculum, a dispetto di una verdissima età - il de cuius è nato nel 1986 -, di Luigi Di Maio, che sta veleggiando, sospinto dal forte vento iberico, il ''Borrel'', verso l'incarico di inviato dell'Unione europea per il Golfo. Un approdo non spianato dal fatto che il governo italiano, che pure dovrebbe sentirsi gratificato, proprio non ci sta a vedere questa nomina che sa tanto di smacco per la maggioranza di centro-destra.
Si dirà: come non applaudire freneticamente quando un italiano viene chiamato ad un incarico di tale responsabilità?

Giusto, se non fosse che stiamo parlando proprio di lui, un uomo politico - usiamo questa definizione non avendo altre notizie su sue altre attività di lavoro - sul quale critiche e sfottò sembrano scivolare come gocce di pioggia su un vetro. Lui va avanti, sempre, a dispetto di tutto e tutti, e bisogna dargli atto anche con successo, se è vero che è riuscito a tornare a galla dopo avere portato la fragile navicella di Impegno Civico ad inabissarsi, nel volgere di poco tempo, nelle profondità della parte più buia della politica.

Gli altri che lo hanno seguito nell'avventura (animati dallo spirito dei kamikaze, i piloti giapponesi che si immolavano gettandosi contro le navi americane) sono letteralmente spariti, vuoi per vergogna, vuoi per oggettiva inadeguatezza, vuoi perché hanno cercato fortuna altrove. Laddove fortuna non hanno trovato, sono finiti nell'anonimato da dove era stati pescati, spesso raccattati dai Cinque Stelle.
Però, se guardiamo alla vita di Luigi Di Maio come ad una fiaba, dobbiamo sempre saperne tirare fuori una morale. E, in questo caso, è che la resurrezione può essere sempre dietro l'angolo, anche per chi come lui è inseguito da una cattiva fama, che è quella di essere comunque riuscito ad ottenere risultati stupefacenti, nonostante la sua storia personale. Perché, da collezionista di incarichi e cariche, Di Maio dovrebbe avere una preparazione che però nessuno gli riconosce. Una cosa che si fa a pelle, perché Gigino non è che riesca a spandere simpatia, sempre agghindato come se dovesse andare ad una comunione (la sua), anche se gli altri sono in jeans e camiciola. Lui no, sempre antipaticamente inappuntabile, anche quando è in maglioncino, o anche in mare, a fare il bagno.
Cosa poi Josep Borrel, l'alto rappresentante dell'Ue (un superministro degli Esteri, per essere chiari) ci abbia visto in lui è un mistero della fede, qualcosa che accade e che non riesci a spiegarti. E' come quando si cerca di capire grazie a cosa il calabrone riesce a volare pur essendo impossibile che la sua morfologia glielo consenta. Per sollecitarne le nomina, Borrel ha attinto a tutto il miele disponibile a Bruxelles, dicendo, anzi proprio scrivendo: "Dopo un'attenta valutazione, considero Luigi Di Maio il candidato più adatto in quanto ex ministro degli Esteri italiano''. Per Borrel Di Maio ''ha il necessario profilo politico a livello internazionale per questo ruolo”. In particolare, “gli ampi contatti con i paesi del Golfo gli permetteranno di impegnarsi con gli attori rilevanti al livello appropriato. Dobbiamo mantenere lo slancio del nostro impegno rafforzato con il Golfo. Per questo conto sul sostegno a Di Maio per attutare la nostra partnership strategica con i partner del Golfo".

Insomma, avevamo una pepita sotto gli occhi e non ce n'eravamo accorti.

Ma c'è da essere sicuri, se dovesse incassare l'incarico (e con esso un compenso affatto da buttare via), Luigi Di Maio si farà trovare preparato. Per lui solo un'avvertenza: studi bene la pronuncia dei nomi arabi, magari per evitare la figuraccia rimediata quando chiamo il presidente cinese ''Ping'', quando tutti sanno che, dalle parti di Pechino, così come negli atti ufficiali, il cognome è Xi. Ma cosa volete che questo possa significare per Di Maio che, come un turacciolo di sughero, può essere sbattuto dalla tempesta, ma non affonda mai?
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