De Angelis: quando il ruolo impone limiti alla libertà di parola

- di: Redazione
 
''Negli ultimi giorni ho espresso delle riflessioni personali sul mio profilo social, che sono invece diventate oggetto di una polemica che ha coinvolto tutti. Intendo scusarmi con quelli - e sono tanti, a partire dalle persone a me più vicine - a cui ho provocato disagi, trascinandoli in una situazione che ha assunto dimensioni per me inimmaginabili'': in altre circostanze, ma soprattutto con altri protagonisti, frasi come queste, affidate da Marcello De Angelis a Facebook, avrebbero forse fermato il fiume in piena delle critiche che hanno scatenato le sue precedenti affermazioni sulle responsabilità per la strage di Bologna (per la quale ha ''assolto'' i neofascisti per essa condannati, con sentenza definitiva).

De Angelis: quando il ruolo impone limiti alla libertà di parola

Ma probabilmente, se l'obiettivo di De Angelis era quello di mettere un freno alle polemiche, le sue scuse non basteranno, anche perché nel definire in sostanza false le accuse alla base della condanna penale dei tre neofascisti (con i quali è in qualche modo ''apparentato'' ideologicamente), di fatto ha smentito indagini e sentenze. Cosa che tutti possono fare, perché ciascuno ha diritto ad esprimere le proprie idee, i propri convincimenti, i propri dubbi.

E, andando per estrema sintesi, De Angelis ha confermato la sua impronta ideologica; ha espresso un giudizio convinto di non responsabilità per Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini; ha mostrato dubbi sulla sincerità di chi, anche a livello istituzionale, vede nella strage la chiara impronta del terrorismo di matrice fascista.
Ora, senza andare troppo lontano, l'espressione delle sue idee avrebbe comportato per De Angelis critiche e null'altro, considerato che ha ''soltanto'' espresso le sue idee. Ma lui non è un cittadino qualsiasi, perché ricopre un ruolo istituzionale ancorché molto delicato - è il responsabile della comunicazione della Regione Lazio -, dopo essere stato senatore dal 2006 al 2008 per Alleanza nazionale e giornalista e direttore di quotidiani e riviste di area.

Poi nel 2020 è diventato uno stretto collaboratore dell'allora presidente della Croce Rossa, Francesco Rocca, che lo ha voluto avere ancora accanto dopo l'elezione alla guida della Regione Lazio.
Siamo, quindi, di fronte ad un uomo che è parte integrante della Destra e del quale tutti conoscevano idee e ideologia, ma è anche parte di una istituzione, con tutto quello che da ciò deriva. Il fatto che abbia criticato l'impalcatura - investigativa e giudiziaria - che ha portato alla condanna di Fioravanti, Mambro e Ciavardini (che, per inciso, è suo cognato), mal ci acconcia con il suo incarico istituzionale, rappresentando egli, dal punto di vista della comunicazione, il presidente di una delle più importanti Regioni italiane.
Si potrebbe dire che neanche questo lo vincola all'obbligo del silenzio, ma di certo gli dovrebbe imporre di valutare che ogni sua parola, anche se affidata ad un social su un profilo personale, sia soppesata. E c'è da stare sicuri che certo De Angelis non poteva pensare che le sue esternazioni non avessero l'eco che hanno avuto.

Eppure le ha fatte. Eppure ha detto: ''io lo so con assoluta certezza. E in realtà lo sanno tutti: giornalisti, magistrati e 'cariche istituzionali'. E se io dico la verità, loro - ahimè - mentono''.
Parole che, quindi, non hanno coinvolto i ''tradizionali'' colpevoli, magistrati che condannano e giornalisti che riferiscono. Ma anche, anzi soprattutto, uomini che hanno responsabilità istituzionali e non è difficile, andando indietro di poche ore rispetto a quando il post è stato pubblicato, appurare che a parlare di strage neofascista erano stati il presidente della Repubblica e quello del Senato.
Ora, se Sergio Mattarella è super partes, ma pur sempre espressione del cattolicesimo declinato come militanza politica, Ignazio La Russa è uomo di destra, è soprattutto uomo di Fratelli d'Italia, partito che ha fortemente voluto Rocca alla presidenza della Regione Lazio.

Come era scontato, l'opposizione, nel reclamare le dimissioni di De Angelis, ha di fatto guardato verso Palazzo Chigi, quasi rendendo automatica l'applicazione della transitiva. Legando quindi De Angelis al partito del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in termini di una fantomatica responsabilità morale, quando, in quanto è accaduto, appare palese che sia stata presa una posizione personale, censurabile sin che si vuole, ma che deve restare circoscritta a chi se ne è assunta la responsabilità.

Così dicendo non intendiamo ammorbidire il giudizio sull'operato di De Angelis, che ha dalla sua il fatto di essersi sempre detto convinto dell'innocenza dei tre neofascisti condannati e, quindi, dell'esistenza di ipotesi alternative, pur se, nel post incriminato, non ha fatto specifiche accuse. Resta comunque l'evidenza che alcuni episodi dolorosi della nostra storia recente, manifestandosi come profondamente divisivi, siano meritevoli di attenzione, che non significa rivisitazione storica o revisione di verità dichiarate tali da tribunali e corti d'assise, ma solo l'esigenza che se ci sono scenari alternativi di essi si prenda atto. A patto di proporne di credibili e non di fantasiosi, come pure qualcuno ha fatto appena un paio di giorni fa.
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