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Cina e Usa rilanciano il dialogo: accordo vicino sul commercio

- di: Vittorio Massi
 
Cina e Usa rilanciano il dialogo: accordo vicino sul commercio

Dopo Londra, Pechino parla di un’intesa “razionale e sincera”. Focus su terre rare, semiconduttori e dazi sospesi.

(Foto: stretta di mano tra Scott Bessent, Segretario al Tesoro Usa, e He Kifeng, Vice Primo Ministro della Cina).

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A sorpresa, nel cuore dell’Europa diplomatica, è Londra a diventare il teatro di un possibile disgelo tra Cina e Stati Uniti. Il round negoziale tenutosi nella capitale britannica si è concluso con un’intesa preliminare che riaccende le speranze di stabilizzazione dei rapporti commerciali tra le due maggiori economie del mondo. Un’intesa, ha dichiarato il viceministro cinese al Commercio Li Chenggang, “professionale, razionale, approfondita e sincera”, costruita sulla base del consenso raggiunto telefonicamente il 5 giugno dai presidenti Xi Jinping e Donald Trump.
Il tono misurato di Pechino tradisce una novità importante: il ritorno a un linguaggio diplomatico che negli ultimi mesi era sembrato impossibile. Secondo quanto riportato dall’agenzia Xinhua, le due delegazioni hanno tracciato una road map per dare attuazione agli impegni già assunti nel precedente incontro di Ginevra, accelerando ora su punti chiave come le terre rare, la tecnologia avanzata e la sospensione dei dazi punitivi.
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Terre rare, aerospazio, software: cosa prevede l’intesa
Nonostante i dettagli restino riservati in attesa della firma finale dei due presidenti, alcune linee emergono con chiarezza
Primo: la Cina sarebbe pronta a liberalizzare in parte l’export di terre rare, materie prime strategiche per l’industria delle batterie, delle auto elettriche e dei sistemi di difesa. Secondo: gli Stati Uniti, da parte loro, si preparano ad allentare il blocco su alcuni software di progettazione per semiconduttori e su componenti avanzati destinati all’aerospazio. Una mossa considerata da molti osservatori come un’apertura tattica di Trump, intenzionato a evitare ulteriori tensioni mentre si avvicina il vertice del G7 a Ottawa.

Il terzo punto riguarda le tariffe: restano per ora sospese le misure più aggressive, compresi i dazi fino al 145% annunciati da Washington a maggio su una serie di prodotti high-tech cinesi. Il negoziato di Londra non ha risolto tutti i nodi, ma ha congelato lo scontro su un binario più cooperativo, almeno per i prossimi 60 giorni.
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Il cronoprogramma: 60 giorni per evitare un’escalation
La bozza di accordo prevede una finestra di due mesi – con scadenza fissata al 10 agosto – per ratificare l’intesa con una firma congiunta. In questo periodo, le due parti dovranno dettagliare le misure tecniche, concordare meccanismi di verifica reciproca e definire un piano operativo condiviso. Se tutto andrà secondo i piani, il patto sarà formalizzato con una cerimonia simbolica prima del vertice ASEAN di settembre, dove entrambi i leader sono attesi.
Ma se qualcosa dovesse andare storto – se, ad esempio, uno dei due Paesi dovesse reintrodurre misure restrittive – la tregua verrebbe meno e si tornerebbe alla logica dei dazi e delle ritorsioni. Per questo, dicono fonti vicine alla delegazione USA citate dal Financial Times, "ogni passo dovrà essere monitorato con attenzione: il tempo delle dichiarazioni è finito".
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La reazione dei mercati e le parole degli analisti
L’annuncio ha innescato reazioni prudentemente ottimiste nei mercati asiatici. L’indice MSCI Asia-Pacifico (escluso il Giappone) ha chiuso in rialzo dello 0,6%, mentre a Hong Kong i titoli legati al settore tech e minerario hanno beneficiato della notizia con balzi anche superiori al 2%. “Non è ancora una pace commerciale, ma un segnale che il dialogo è possibile”, ha commentato l’economista Lin Guohua della Fudan University.
Più scettici alcuni analisti occidentali, secondo cui l’accordo manca ancora di una parte “vincolante”. “Finché non ci saranno impegni scritti, trasparenti e verificabili, il rischio che tutto si sgonfi resta elevato”, ha dichiarato Mary Wallace, analista geopolitica per Morgan Stanley. E a pesare resta anche la mancanza di chiarezza sul nodo strutturale: l’enorme surplus commerciale cinese, che continua a rappresentare il principale elemento di tensione tra le due economie.
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Un equilibrio fragile, ma non impossibile
In un mondo attraversato da guerre commerciali, riarmo industriale e crescente sfiducia tra blocchi geopolitici, il fatto stesso che Pechino e Washington si parlino, si siedano a un tavolo e trovino formule condivise, è già un segnale rilevante. Londra, in questo senso, ha avuto un ruolo insolitamente centrale: neutra ma autorevole, la capitale britannica ha offerto un terreno favorevole a un confronto meno tossico di quelli avvenuti in passato.
Ora la palla passa ai due presidenti. Xi Jinping ha tutto l’interesse a dare prova di affidabilità verso l’Occidente mentre cerca nuovi sbocchi commerciali in Europa e in Asia centrale. Trump, da parte sua, sa che un’escalation commerciale potrebbe zavorrare il dollaro, minacciare i titoli tecnologici di Wall Street e spaventare gli alleati, in un momento in cui il consenso interno vacilla. È quindi nel loro reciproco interesse mostrare leadership e concretezza.
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Tregua o vera svolta? Di certo un bivio
L’accordo annunciato oggi non è un traguardo, ma un bivio. Può rappresentare un passo verso la normalizzazione di rapporti troppo a lungo gestiti a colpi di tweet e minacce, oppure l’ennesimo compromesso di facciata, destinato a sbriciolarsi al primo cambio di vento. La differenza la faranno i fatti. E i fatti, stavolta, si misureranno nei dettagli: quantità, tempi, penalità. Per ora, resta un dato positivo: Cina e Stati Uniti hanno ripreso a parlarsi con toni che non si sentivano da tempo. Ed è già una notizia.


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