Un nuovo fronte si apre nel dibattito sulla carne coltivata in Italia, con un’iniziativa che potrebbe rappresentare una svolta cruciale per la ricerca e la produzione di questo alimento innovativo. L’Università di Torino ha lanciato una campagna di crowdfunding per finanziare CultMeat, un progetto ambizioso che mira a sviluppare la carne coltivata in laboratorio come alternativa sostenibile e scalabile rispetto all’allevamento tradizionale: in un contesto segnato dal recente divieto governativo sulla produzione e commercializzazione di carne sintetica, promosso dal ministro Francesco Lollobrigida su sollecitazione di Coldiretti, l’annuncio dell’ateneo piemontese assume un peso rilevante.
Carne coltivata: CultMeat è il progetto UniTo in crowdfunding per rivoluzionare il settore
Mentre l’Italia ha scelto la strada del divieto, l’Europa si sta muovendo in senso opposto: un gruppo francese ha già richiesto l’autorizzazione per produrre carne coltivata, aprendo potenzialmente un braccio di ferro tra Bruxelles e Roma. Ed è in questo scenario che l’Università di Torino si pone come apripista per l'Italia, con l’obiettivo di non restare indietro in una sfida scientifica e commerciale che coinvolge numerosi attori internazionali.
La sfida tecnologica e ambientale della carne coltivata
Il team di ricerca dell’Università di Torino, coordinato da Sveva Bottini e Lù Casini del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute, ha già raccolto oltre 10.000 euro grazie a 235 donatori sulla piattaforma di crowdfunding Ideaginger.it. Un ulteriore contributo di 10.000 euro sarà investito dall’ateneo, per isolare le cellule staminali suine e acquisire i materiali necessari alla loro trasformazione in tessuto muscolare, al fine di produrre un prototipo di carne coltivata.
“La carne coltivata può rappresentare una risposta concreta alle sfide ambientali e culturali che il nostro sistema alimentare non può più ignorare,” afferma Sveva Bottini. “Il nostro obiettivo è ridurre il consumo di risorse naturali, abbattere le emissioni di CO₂ e migliorare il benessere animale.”
Lù Casini aggiunge che la carne coltivata è biologicamente identica a quella tradizionale, ma viene prodotta con un impatto ambientale notevolmente ridotto rispetto agli allevamenti intensivi. “Attraverso l’utilizzo di cellule staminali animali, possiamo ottenere tessuti muscolari in un ambiente controllato, utilizzando un metodo che, una volta ottimizzato, potrebbe rivoluzionare l’industria alimentare.”
Un mercato miliardario all’orizzonte
Secondo le stime della società di consulenza Systemiq, il mercato globale della carne coltivata potrebbe raggiungere un valore compreso tra 15 e 85 miliardi di euro entro i prossimi 15 anni. Si tratta di una prospettiva che sta attirando l’interesse di numerose aziende e centri di ricerca in Europa e nel mondo. Tuttavia, gli ostacoli tecnologici ed economici sono ancora numerosi. Nonostante l’enorme potenziale, il costo della produzione di carne coltivata rimane molto elevato, e alcune obiezioni sollevano dubbi sull’elevato consumo energetico necessario per coltivare carne in laboratorio.
A tal proposito, l'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri invita alla prudenza: “È necessaria ulteriore ricerca scientifica per determinare se la carne coltivata possa effettivamente rappresentare una soluzione valida per migliorare la sostenibilità ambientale e la salute dei consumatori.”
L’Italia al bivio: innovazione o ritardo?
L’Università di Torino non si fa scoraggiare dalle difficoltà. Il professor Alessandro Bertero, coordinatore scientifico del progetto CultMeat, sottolinea l’importanza del crowdfunding come strumento di coinvolgimento della comunità in sfide scientifiche di grande rilevanza. “Il nostro obiettivo è passare dalla ricerca di laboratorio all’applicazione industriale. L’acquisto di un coltivatore, una sorta di fermentatore, ci permetterà di lavorare su volumi più grandi, avvicinando la produzione di carne coltivata su scala commerciale.”
L’iniziativa dell’ateneo torinese, afferma Alessandro Zennaro, vice-rettore per la ricerca, è parte di un programma più ampio di finanza alternativa sviluppato dall’Università di Torino in collaborazione con Ginger Crowdfunding. L’obiettivo è fornire ai ricercatori strumenti per acquisire nuove risorse e avvicinare la comunità accademica alla società civile attraverso progetti a forte impatto sociale e ambientale.
In questo scenario, l’Italia si trova di fronte a un bivio: da un lato, il governo ha imposto un divieto sulla carne coltivata; dall’altro, iniziative come quella dell’Università di Torino dimostrano che la ricerca scientifica non può fermarsi e che l’innovazione, in un settore in rapida evoluzione, rappresenta una leva competitiva cruciale. La sfida, dunque, non è solo tecnologica ma anche culturale e normativa. E chi saprà cogliere per primo l’opportunità potrebbe trovarsi in una posizione di vantaggio nel mercato globale della carne coltivata.