Cronache dai Palazzi - Quante trappole lungo il cammino di Giorgia Meloni

- di: Redazione
 
Quella che ufficiosamente finisce oggi, per la politica italiana è stata un'estate particolare, in cui i bisogni elementari della gente sembrano essere stati dimenticati, sacrificati sull'altare del tornaconto di questo o quell'esponente, di questo o quel partito. Quando, non addirittura, le cronache non hanno inseguito strane vicende che, con il bene comune, hanno pochissimo, anzi nulla a che spartire, tra coppie famose che scoppiano e nomine che non sono tali, ma che vengono annunciate in pompa magna.
Non volendo fare la morale a nessuno, ci pare evidente che l'autunno che incombe sarà reso ancora più difficile dal fatto che la politica italiana si quindi è fatta distrarre da vicende in cui spesso ha prevalso il particolare - o addirittura il personale - rispetto all'interesse generale.
Ma è andata così, e oggi, nell'attesa che l'incontro dei vertici della maggioranza metta chiarezza nei rapporti interni, Giorgia Meloni si trova davanti una stagione di scelte difficili, perché, sfuggendo al facile ricorso alla sindrome dell'assedio (traducendo la condizione in cui si trova ad operare il governo), deve rimboccarsi veramente le maniche e trovare soluzioni ai troppi problemi, del Paese prima ancora della Compagnia dell'Anello che agita le cronache quotidiane di Palazzo Chigi.

Cronache dai Palazzi - Quante trappole lungo il cammino di Giorgia Meloni

Magari scegliendo di parlare alla gente direttamente, non per il tramite di video che sono strumenti che non raggiungono tutti e che danno l'impressione di essere un mezzo per comunicare e non invece confrontarsi.
Di nodi da affrontare e sciogliere ce ne sono tanti, forse addirittura troppi.

A cominciare dalla palude in cui l'Italia è caduta, dalle parti di Bruxelles, ''pagando'' le scelte di Giorgia Meloni che, pur di non rinunciare alle proprie convinzioni e alla propria coerenza, si è messa in una posizione anche troppo defilata quando s'è trattato di decidere se ed eventualmente come stare accanto ad Ursula von der Leyen.
Cosa che, oggi, la presidente della Commissione europea non sembra essere intenzionata a dimenticare, giocando di sponda con il Ppe e i socialisti che si sono messi per traverso rispetto a qualsiasi ipotesi ''perdonistica'' nei confronti dei conservatori europei e di Meloni e, quindi, dell'Italia, che resta un Paese fondamentale nell'architettura comunitaria.

Che, in soldoni, significa che il nostro presidente del consiglio può anche fare la voce grossa, ma alla fine dovrà piegarsi a qualche richiesta se vuole che il ''suo'' Raffaele Fitto vada a Bruxelles - e questo pare scontato - , andando a sedersi in una poltrona di prestigio. Cosa affatto sicura, ma che Giorgia Meloni deve perseguire con ferocia, pena perdere la faccia.
Perché, per banale che possa apparire, se a Raffaele Fitto non dovesse andare un incarico di peso, Matteo Salvini troverebbe altre munizioni per le sue sparate che, anti-europee, gli servono soprattutto sul fronte interno, dove ha le sue difficoltà, tra l'autonomia e il tema delle pensioni, sulle quali rischia di andare a sbattere.

E di autonomia bisogna pure che la maggioranza cominci a discutere seriamente, magari già oggi, perché il tema è oltremodo spinoso, al punto da provocare una evidente spaccatura, con la Lega a difendere la legge anche a dispetto delle perplessità degli alleati e del clamore che arriva dal sempre maggiore consenso che il referendum abrogativo, promosso dalle opposizioni, sta raccogliendo.
Non solo in termini di firma e di adesioni, ma anche per l'appoggio di gran parte dell'opinione pubblica, persino dei vescovi italiani che temono che la nuova legge allarghi il baratro che già esiste tra le Regioni ricche e quelle in difficoltà.
Cosa che ha provocato la stizzita reazione di Matteo Salvini e di Luca Zaia che, vedendo all'orizzonte la fine del suo mandato da presidente della Regione Veneto, non vuole andare via prima di vedere l'autonomia diventare realtà.

Fosse finita qui...
Perché Giorgia Meloni ha altre cose di cui occuparsi, oggi forse, domani certamente.
Come la manovra e il carico di polemiche che ha scatenato la notizia (smentita dal primo ministro, così come dal ministero dell'Economia) di una abolizione dell'assegno unico, sul quale le opposizioni intendono fare quadrato, considerandolo uno strumento irrinunciabile per le economie domestiche di milioni di famiglie a rischio.
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