Cronache dai Palazzi - Meloni dura in Italia, accomodante in Europa
- di: Redazione
Le leggi della politica sono spietate, soprattutto quando si arriva in cima alla piramide e ogni parola, ogni decisione, ogni posizione viene analizzata, valutata, in un processo di vivisezione che riguarda anche le pause.
Non è una cosa astrusa, quella che diciamo, perché quanto sta facendo e dicendo Giorgia Meloni ne sono l'immagine plastica, semmai ce n'è una.
Nel giro di poche ore, il presidente del consigli ha mostrato tutte le sfaccettature del suo profilo politico: durissima alla Camera, in occasione delle dichiarazioni in vista degli appuntamenti europei; meno puntuta, quando le stesse cose le ha proposte al Senato, a distanza di poche ore; più dialogante quando è andata a confrontarsi con i partner dell'Ue, quelli che la governano.
Cronache dai Palazzi - Meloni dura in Italia, accomodante in Europa
Tre aspetti che, però, non devono sorprendere più di tanto perché perfettamente in linea con il profilo di una personalità politica che, nel corso di una carriera che ormai è più che ventennale (a livello parlamentare, il suo ingresso a Montecitorio risale al 2006), ha accumulato esperienza e consapevolezza, oltre alla conoscenza delle dinamiche che presiedono alla ''difesa'' delle proprie idee.
Quindi non ha certo sorpreso che alla Camera abbia usato i toni più aspri (forse anche troppo in alcuni passaggi, ma questo fa parte del suo carattere), perché è lì che l'opposizione si manifesta con maggiore determinazione.
E, ancora, non ha certo sorpreso che a Montecitorio abbia voluto dare la misura della propria forza parlamentare, facendo capire che non intende fare sconti, anche agli alleati, nei quali, ciclicamente, si manifesta la voglia di marcare differenze, cercando di rosicchiarle porzioni di consenso.
L'asprezza del suo intervento alla Camera si è attenuata nel volgere di un pomeriggio quando, a Palazzo Madama, è tornata a vestire i panni del primo ministro ''tradizionale'', senza volere marcare ruolo e responsabilità.
Ma non cada in errore chi ritiene che la ''versione'' al Senato sia frutto di una riflessione, perché Giorgia Meloni sa bene quale platea ha davanti e come rivolgersi ad essa, per trarre sempre il massimo profitto. Per questo, messi i punti fermi alla Camera, al Senato si è limitata a ''gestire'', sapendo che il più della sua giornata politica era stato fatto e che il messaggio era arrivato a destinazione, dentro e fuori le mura amiche.
Poi l'Europa, davanti alla quale il nostro Paese sta vivendo una stagione molto delicata perché, con l'avvento del governo di destra, equilibri e crediti antichi sono stati messi in stand by, pur nella consapevolezza del ruolo e dell'importanza dell'Italia.
Senza volere essere brutali, ma semplicemente pratici, è in Europa che Giorgia Meloni gioca la sua partita importante, perché se in Italia la sua forza sta nei numeri (e nella pienezza della sua leadership dentro la maggioranza), in Europa deve fare fronte ad un grande dispendio di energie perché deve battersi sia contro il governo Ue, ma anche con chi lei ritiene alleati sul fronte di Bruxelles, Paesi che, davanti alle loro convenienze, sono disposti a mandare a gambe all'aria simpatie e vicinanze.
Come ieri hanno fatto, sul delicatissimo capitolo dei migranti, la Polonia e l'Ungheria (con Orbàn che di fatto sta voltando le spalle all'Ucraina).