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Crif: imprese italiane più sostenibili e banche sempre più pronte a premiarle

- di: Anna Montanari
 
Crif: imprese italiane più sostenibili e banche sempre più pronte a premiarle

La transizione verso modelli produttivi più sostenibili non è più un capitolo accessorio per le imprese italiane, ma una variabile che incide sempre di più sull’accesso al credito, sulla competitività e sulla capacità di restare sul mercato. Lo rivela l’ultimo ESG Outlook di Crif, che fotografa un 2024 segnato da un deciso miglioramento dei livelli di adeguatezza ai criteri Environmental, Social e Governance delle aziende italiane, in particolare di quelle obbligate alla rendicontazione non finanziaria prevista dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd).

Crif: imprese italiane più sostenibili e banche sempre più pronte a premiarle

L’indagine indica che la sostenibilità è entrata ormai a pieno titolo nei processi decisionali del sistema produttivo, con effetti diretti sulle scelte del sistema bancario, che continua a indirizzare credito e condizioni vantaggiose verso le imprese più virtuose.

I numeri del cambiamento: dove crescono le imprese italiane

Il dato più significativo è la differenza tra le aziende soggette alla Csrd e quelle che non pubblicano report di sostenibilità. Il 77,6% delle prime si colloca nelle classi ESG più elevate – “Molto Alto” o “Alto” – contro appena il 46% delle seconde. È un divario che si spiega con la maggiore trasparenza, la qualità dei processi di governance e la capacità di valutare i rischi ambientali e sociali, elementi che la nuova normativa europea sta imponendo come standard minimo.

Ancora più evidente è lo scarto nella fascia bassa del rating: meno del 4% delle imprese obbligate alla Csrd presenta uno score “Basso” o “Molto Basso”, mentre oltre il 25% delle aziende senza rendicontazione ricade nelle classi meno virtuose. Numeri che evidenziano un’Italia produttiva a due velocità, dove chi investe in sostenibilità si avvicina progressivamente ai modelli europei più avanzati, mentre una parte consistente delle piccole imprese rischia di rimanere indietro.

Il ruolo delle banche: il credito segue la qualità ESG
Secondo Crif, il mondo finanziario italiano sta integrando in modo sempre più netto i criteri ESG nelle proprie valutazioni di rischio, premiando le imprese più virtuose con condizioni più favorevoli. Il miglioramento dei rating ESG rende le aziende più affidabili agli occhi degli istituti, che vedono nella sostenibilità un fattore di mitigazione dei rischi operativi, reputazionali e regolamentari.

Le imprese con rendicontazione strutturata ottengono un accesso al credito più rapido, tassi più bassi e una maggiore disponibilità di strumenti dedicati. Il fenomeno, osserva Crif, è destinato a rafforzarsi con l’accelerazione delle normative europee e con la crescente pressione della vigilanza bancaria, sempre più orientata verso portafogli creditizi “verdi”.

Una trasformazione che cambia anche la struttura dell’economia
L’ESG Outlook mostra come il 2024 sia un anno di svolta, nel quale l’adeguamento ai criteri ESG non rappresenta solo una scelta etica o reputazionale, ma un’opportunità economica concreta. La sostenibilità permette alle imprese di aumentare l’efficienza, attrarre capitali, ridurre costi di compliance futura e migliorare la propria posizione competitiva.

Per molte Pmi – storicamente meno attrezzate sul fronte della rendicontazione – la spinta arriva proprio dal mondo bancario: senza un profilo ESG adeguato, ottenere credito nei prossimi anni diventerà più difficile e più costoso. Di fatto, il sistema finanziario sta guidando una progressiva trasformazione del tessuto produttivo, forzando anche le imprese più piccole ad adottare strumenti di misurazione e rendicontazione.

Il futuro: obblighi, incentivi e nuove metriche di sviluppo
Il report di Crif conferma quindi un percorso già avviato: la sostenibilità non è più un fattore accessorio, ma un criterio strutturale che inciderà sul destino economico delle imprese. Il 2025 e il 2026 saranno decisivi, con l’ingresso a regime degli obblighi Csrd che coinvolgeranno gradualmente anche le Pmi, spingendole a misurare e comunicare i propri impatti ambientali, sociali e di governance.

Il risultato è un ecosistema sempre più orientato a premiare trasparenza, responsabilità sociale e strategie industriali a lungo termine. Un’evoluzione che, numeri alla mano, sta già ridisegnando la mappa della competitività italiana.

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