Osservatorio Cpi: "Rincaro di energia e transizione ecologica: cosa ci attende e come si muovono i Governi"

- di: Giuseppe Castellini
 
"Da gennaio ad oggi, il prezzo del gas naturale è salito da 16 a 75 euro/MW, con una crescita di circa 45 euro solo negli ultimi tre mesi. Il costo dei permessi di emissione della CO2 nell’ambito dell’Emissions Trading System europeo (ETS) è salito da circa 30 euro/tonnellata di CO2 a 60 euro. Questi incrementi si collocano in un contesto mondiale di tensione sui mercati delle materie prime e in particolare di quelle relative all'energia. Il Commodity price index calcolato dal Fondo monetario internazionale è cresciuto del 30 per cento; l’aumento si riduce al 15 per cento escludendo i combustibili".

Lo rileva l’Osservatorio Conti pubblici italiani, diretto da Carlo Cottarelli, affermando in un’indagine siglata da Salvatore Liaci che, se in generale i prezzi delle materie prime sono sostenuti dalla maggiore domanda per la ripresa economica, a contribuire all’incremento è anche l’aumento del prezzo dei permessi di emissione della CO2 che è un effetto, almeno in parte, voluto.

L’Emissions trading system (Ets) europeo è una forma di tassazione della CO2 (cosiddetto carbon pricing) e vi è un ampio sostegno a tale misura come principale mezzo per contrastare il riscaldamento globale: aumentando i prezzi della CO2, si mira a ridurre i consumi di energia e riorientare le scelte di consumo e investimento verso le fonti rinnovabili.

Osservatorio Cpi: come si muoveranno i Governi dopo il rincaro di energia

L’aumento dei prezzi dei permessi osservato nel 2021 e negli anni precedenti (fino al 2018 era inferiore a 10 euro/tonnellata di CO2) può essere spiegato da:
1) Il meccanismo della ‘Market stability reserve’, con il quale per il 2019-2023 è stata raddoppiata la percentuale di permessi in circolazione che viene ritirata dal mercato, al fine di aumentare i prezzi;
2) le proposte della Commissione europea nell’ambito del Green Deal europeo, che prevedono il rafforzamento e l’ampliamento dell’Ets;
3) la combinazione tra la ripresa dei consumi e la scarsità del gas naturale, quest’ultima compensata da un maggior ricorso al carbone che, essendo più inquinante, aumenta la domanda di permessi di emissione.

Mentre l’effetto della ripresa e dalla scarsità del gas naturale potrebbe essere transitorio, ci si attende che i prezzi delle emissioni di CO2 saranno stabilmente più elevati che in passato. Ciò è ovviamente legato alla serietà con cui i paesi affronteranno la lotta al riscaldamento globale.

"Bisogna osservare" – afferma l’Osservatorio Cpi - "che attualmente l’Ets risulta ancora incompleto. Sono infatti necessarie delle riforme (in parte contenute nelle proposte della Commissione europea sul Green Deal) per ridurre l’incertezza sul futuro livello dei prezzi della CO2, al fine di guidare le scelte di imprese e consumatori. Inoltre, l’Ets dovrebbe essere gradualmente esteso anche ai settori del riscaldamento e dei trasporti, ad oggi ancora esclusi".

In previsione di ulteriori rialzi dei costi dell’energia si discute, anche in sede di G20, sull’opportunità di nuovi interventi per calmierare i prezzi. Da un lato, questa sembra una via quasi obbligata nel breve periodo. Dall’altra occorre considerare che i governi si troveranno ad affrontare situazioni simili anche quando l’effetto della ripresa e della scarsità di gas sarà esaurito, poiché i costi dell’energia saliranno comunque per via delle politiche di carbon pricing. L’Osservatorio Cpi evidenzia che, come ha affermato il Commissario europeo all’Energia, Frans Timmermans, è essenziale che non venga minata la credibilità dell’Ets. Affinché il contrasto al riscaldamento globale sia effettivo è necessario dunque che, almeno nel medio termine, i governi non contrastino gli aumenti dei prezzi dell’energia.

Il carbon pricing ha effetti regressivi, cioè pesa di più sulle famiglie a basso reddito e in particolare su quelle già in povertà energetica (stimate per l’Italia nell’8,8 per cento delle famiglie nel 2021). Diversi studi mostrano infatti che l’aumento dei costi energetici ha un effetto più marcato sul reddito disponibile per le famiglie a basso reddito. Il rischio è che l’aumento dei prezzi energetici diventi insostenibile per queste famiglie, minando l’accettabilità sociale del carbon pricing e quindi della lotta al cambiamento climatico. Perciò, molti analisti sostengono che il gettito generato dal carbon pricing (nel caso europeo, dalle aste degli Ets) debba essere redistribuito alle famiglie, in misura maggiore (o esclusivamente) ai redditi bassi. Come si sta discutendo in sede europea, gli effetti regressivi del carbon pricing potrebbero essere affrontati da uno schema comunitario, anche per migliorare l’accettabilità sociale di tale politica in modo uniforme tra i diversi paesi (ad esempio, gli Stati membri potrebbero essere vincolati a redistribuire una parte del gettito dei permessi verso le famiglie più povere).

"Il contenimento dei costi energetici" – continua l’Osservatorio Cpi - "non dovrebbe pesare nemmeno sui conti pubblici e in alcun modo tagliare le risorse per la transizione ecologica, ma essere finanziato solo dal gettito del carbon pricing. Al riguardo, bisogna considerare che, per via dei maggiori prezzi di CO2, aumenterà il gettito delle aste, che viene redistribuito agli Stati membri".
Per l’Italia, già nei primi due trimestri del 2021 i proventi hanno raggiunto il 90 per cento di quelli dell’intero 2020 e se il prezzo restasse all’attuale livello, i proventi raggiungerebbero un importo (circa 2,6 miliardi di euro) più che doppio rispetto agli ultimi anni. Inoltre, il gettito crescerebbe considerevolmente se l’Ets venisse esteso ai settori oggi esclusi.
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Italia Informa n° 2 - Marzo/Aprile 2024
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