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Carlo Cottarelli: "Nelle tensioni Usa-Cina, stessi segnali che hanno preceduto le grandi guerre della storia"

- di: Maurizio Bologni
 
Carlo Cottarelli: 'Nelle tensioni Usa-Cina, stessi segnali che hanno preceduto le grandi guerre della storia'

Nell’evoluzione degli equilibri economici tra Usa e Cina, Carlo Cottarelli vede condizioni analoghe a quelle che hanno scatenato guerre sanguinose, dalla guerra del Peloponneso alla Prima guerra mondiale. Per l’economista, già direttore del dipartimento Affari fiscali del del Fondo monetario internazionale e oggi direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, il problema che grava sullo scenario politico-economico internazionale non è tanto la guerra dei dazi, o meglio il caos dazi scatenano dall’amministrazione statunitense, quanto quei segnali, e quelle tensioni tra Usa e Cina, che fanno temere lo scoppio di una guerra mondiale.

Carlo Cottarelli: "Usa-Cina, stessi segnali che hanno preceduto le grandi guerre"

“Sui dazi sono ottimista, penso che Stati Uniti d’America e Ue si accorderanno - ha spiegato Cottarelli durante uno speech organizzato a Firenze dalla locale Camera di commercio - In primo luogo perché quello che gli Usa chiedono è accettabile senza eccessive difficoltà dall’Unione europea, che potrebbe approfittarne per liberarsi di un po’ di burocrazia, come chiedono le imprese americane ma anche quelle europee. E, in secondo luogo, l’accordo tra l’Europa e gli Stati Uniti è ipotizzabile perché gli Usa non possono combattere la guerra dei dazi contro tutti, ma devono invece cercare di rafforzare le alleanze esistenti per concentrarsi su quello che è l'avversario principale, cioè la Cina”.

Per Cottarelli nei rapporti di forza e nelle relazioni economiche tra le due super potenze si colgono segnali che fanno temere uno scontro Usa-Cina non limitato ai dazi. “Il problema è serio e purtroppo non è soltanto un problema di guerra commerciale - spiega l’ex commissario alla spending review del governo Letta - Il problema è che per la prima volta, dalla Seconda Guerra mondiale ad oggi, sullo scenario internazionale si fronteggiano due Paesi egemoni, due Paesi che possono ragionevolmente sfidarsi per il dominio politico, economico e militare del mondo, gli Stati Uniti e la Cina”.

Inquieta, in primo luogo, la marcia di avvicinamento della Cina all’America. “L'Università di Denver produce un indice del potere politico dei vari Paesi del mondo calcolato sulla base di un insieme di parametri che tengono conto dell'economia, delle armi e dei rapporti politici - illustra l’economista -. Ebbene, questo indice, che stima il peso dell’Urss la metà del peso degli Stati Uniti quando le due potenze si confrontavano aspramente tra gli anni Sessanta e Ottanta, ci dice invece che oggi gli Stati Uniti detengono il 25% del potere politico mondiale e la Cina sta al 20%. Insomma, sono lì. Anzi, l’Università di Denver prevede che entro la fine del decennio la Cina supererà gli Stati Uniti. E già ora li supera in termini di volumi di produzione, con un terzo della manifattura mondiale, mentre gli Stati Uniti sono fermi al 16%. La Cina produce il 54% dell'acciaio mondiale, gli Stati Uniti il 4,5%. La Cina produce il 70% delle terre rare, il 90% delle terre rare lavorate. L'unica area in cui gli Stati Uniti sono avanti è l'investimento in intelligenza artificiale, dove le imprese americane impiegano più del doppio di quanto fanno quelle cinesi”.

“E poi - prosegue Cottarelli - c'è la questione militare. Difficile è sapere quanto spende la Cina, però le stime che ritengo più affidabili ci dicono che la Cina spende ancora un terzo all'anno meno degli Stati Uniti. Avrebbe un arsenale militare di circa 500-600 testate nucleari contro le 2.700 schierate dagli Stati, che sono molte di più considerando quelle in magazzino. C’è ancora un divario, però la Cina sta accelerando la propria spesa militare in termini di arsenale. Si prevede che per la fine di questo decennio arriverà alle 1.000 testate”.

Allarmano, infine, le affinità con drammatici esempi nella storia bellica dell’umanità. “Ci troviamo di fronte ad una situazione che davvero preoccupa - analizza l’economista Cottarelli - perché se guardiamo alla storia, la crescita economica molto forte di un Paese viene vista con timore dal Paese egemone e questo può portare a conflitti militari. La Germania era cresciuta dal 1870 al 1913 molto più rapidamente dell'economia della Gran Bretagna, che era il paese egemone in quel periodo, e questo ha contribuito allo scoppio della Prima guerra mondiale. Nel 1913 la Germania aveva fatto il sorpasso, aveva un'economia più grande di quella inglese e subito dopo è scoppiata la Grande Guerra. Andando più indietro nel tempo, nel V secolo a.c., Tucidide attribuisce la guerra del Peloponneso al fatto che Sparta vedeva con preoccupazione la crescita di Atene”.

Non tranquillizza il rallentamento economico della Cina. Anzi. “Uno può obiettare che la Cina sta rallentando, ma attenzione, molti studiosi di scienze politiche e storiche ci dicono che il rallentamento di una potenza può essere un elemento che causa l'aggressività di questa potenza che comincia a chiedersi ‘se non combatto adesso…questo è il momento migliore perché più tardi comincerò a subire gli effetti del declino’. Possiamo solo sperare che il mondo non vada in questa direzione”.

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