Sbarchi: un problema che non deve essere pretesto per scontri ideologici
- di: Diego Minuti
Le notizie degli sbarchi che continuano a registrarsi sulle coste italiane confermano una cosa sin troppo evidente: l'arrivo dei clandestini è un problema, serio e grosso, anche se qualcuno cerca di minimizzarlo, adducendo motivi umanitari che non reggono sempre. Ma, allo stesso modo, non è un problema che si può affrontare solo alla luce di ideologie, complottismo, strumentalizzazioni politiche finalizzate al consenso.
Il fenomeno è ormai evidente, così come lo è l'incapacità del sistema di accoglienza che poi non è tale perché, sulla carta, non ci può essere automatismo tra l'arrivo in Italia e la concessione di status che fanno entrare nel novero di quelli cui si concedono determinate garanzie.
Pensare che in Italia possano arrivare tutti coloro che considerano il nostro solo un Paese di transito non è razionalmente accettabile, anche perché il resto d'Europa dimostra, quotidianamente, di non volersi infilare in un ginepraio come quello dell'immigrazione incontrollata, e quindi clandestina. E quindi chi arriva da noi, sperando di passare senza problemi il confine con la Francia (il solo percorribile) ha solo pochissime probabilità di uscire indenne dalla rete di controllo della Gendarmerie che, sistematicamente, riaccompagna da noi i fuggiaschi. Come a dire: sono fatti vostri e dovete sbrigarvela da soli. Se poi vogliano andare ad un altro confine caldo della Francia basta guardare come la Gran Bretagna affronta il problema, schierando la Guardia costiera di Sua Maestà non per portare soccorso, ma per ricacciare a est del canale della Manica.
Il tanto decantato programma di redistribuzione nei Paesi dell'Ue sta diventando sempre di più come ''la fede delle femmine'', del mozartiano don Alfonso: ''che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa''.
Questo il problema, che penso sia evidente a tutti. Ma la soluzione?
Le strategie sin qui attuate mostrano tutte delle falle, che sono evidenti, visto che alcune di esse (come quella attuata con la Tunisia, da dove ormai le partenze sono inarrestabili e non completamente osteggiate dalle parte delle autorità locali) erano già in partenza a bassissima possibilità di esito positivo.
Per esperienza diretta, so che quella delle partenze dalla Tunisia è una mucca che alimenta tante bocche, e non tutte sono di criminali. I migranti, o aspiranti tali, portano denaro, alimentano una economia parallela e in nero e che ormai, visti i numeri, non è più di sopravvivenza, ma ha assunto le caratteristiche di un ricchissimo business che, per continuare a funzionare, prevede di ungere qui e là.
Noi, negli anni post Ben Ali, abbiamo come Paese dato tanto alla Tunisia, ma con risultati in proporzione molto bassi rispetto a quanto abbiamo dato, in termini di aiuti diretti (finanziamenti), che di strumenti che avrebbero dovuto essere utilizzati per fermare l'emorragia delle partenze (dai pattugliatori ai fuoristrada).
Ma la storia recente (negli ultimi dieci anni diversi ministri, anche importanti, e sottosegretari hanno fatto la loro apparizione a Tunisi) insegna tanto, ma evidentemente non tutto.
Ma se, al di là della situazione attuale, del problema se ne parla solo per farne occasione di scontri ideologici e politici non si andrà da nessuna parte. L'affermazione che il governo pianifichi l'invasione del Paese da parte di centinaia di migliaia di immigrati clandestini - per un misteriosa teoria di sostituzione etnica - dovrebbe essere spiegata e non lasciata alla fantasiosa ricostruzione delle ''vere cause'', affidata ad una estrema destra che galleggia solo attingendo al più scontato copione xenofobo.
Quello che, mi pare, il governo non sembra cogliere affatto è che la mancanza di risposte immediate ed efficaci al moltiplicarsi degli sbarchi ha ridato visibilità (basta vedere come la 'bestia' di Luca Morisi sia tornata a ruggire) a un Matteo Salvini fino a ieri in palese difficoltà e che ora brandisce come una clava il tema degli sbarchi e dell'immigrazione clandestina.
C'è margine e tempo per attuare un minimo di azione di contrasto?
Non è così facile, ma se solo si volesse, si potrebbero accorciare le procedure di valutazione delle richieste di asilo, che, ad occhio e croce, nella quasi maggioranza riguardano persone che non provengono da Paesi in guerra (dichiarata o terroristica), come ad esempio, ad eccezione della Libia, sono tutti quelli della sponda Sud del Mediterraneo. Ne arrivano persino dall'Egitto che, negli ultimi anni, non è che abbia dato grandi prove d'amicizia nei confronti dell'Italia ed al quale si potrebbe proporre uno scambio: noi vi restituiamo i vostri migranti e voi ci date le carte vere dell'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni e magari anche Patrick Zaki, ancora detenuto con accuse non ancora chiare.
E poi ci sono i nigeriani, che arrivano in numero sempre maggiore fuggendo, si fa per dire, da un Paese che è molto ricco. E' veramente così difficile prendere tutti quelli che, a rischio di ricorsi e impugnative, hanno già condanne in giudicato, metterli su un aereo e rimandarli all'affetto delle loro famiglie?