Crisi: si fa in salita il cammino di Giuseppe Conte
- di: Diego Minuti
Il cammino di Giuseppe Conte (presidente, avvocato, professore, abusivo, arrogante, a seconda di chi gli si rivolge) si sta facendo arduo con il passare delle ore e con la presa di consapevolezza che il compito che si imposto - ricreare una maggioranza parlamentare degna di tale nome - è arduo, molto di più di quello che si aspettava. Alla fine, probabilmente, Conte riuscirà a venirne fuori, ma il prezzo politico che sta pagando e che pagherebbe anche in futuro appare oggettivamente molto alto.
La defezione dalla maggioranza di Italia Viva non ha creato solo un problema di numeri (oggettivamente il più grave), quanto di rappresentatività della maggioranza come espressione del Paese.
Cerchiamo di spiegarci. Questa maggioranza, così come la precedente, è nata marchiata a fuoco dallo scollamento ideologico dell'elettorato dei due contraenti (Lega e Cinque Stelle), superato dall'esigenza di volere andare a governare. E questa divaricazione tra elettorati c'è anche nella seconda versione della maggioranza, quella del Conte-2.
Insomma, il comune denominatore delle recenti maggioranze è l'esigenza di mettersi insieme, obtorto collo, pur di non dare ad altri la possibilità di accaparrare poltrone ed incarichi.
Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, ben sapendo che questo accade da sempre. Ma questa volta c'è qualcosa di diverso, perché a differenza del passato, l'evidente fallimento di una formula (cosa che determina le crisi) non ha avuto discontinuità negli uomini, una delle caratteristiche delle trattative politiche del passato. Insomma, resta politicamente ambiguo il fatto che Conte abbia guidato dapprima un governo Lega-Cinque Stelle, poi uno Cinque Stelle-Pd-Leu, e domani potrebbe farlo anche con una compagine di maggioranza di cui farebbero parte anche centristi, se non con il cuore un po' più a destra. Si creerebbe quindi una situazione anomala, per il panorama politico dell'Italia, con un presidente del consiglio che resta elemento di continuità anche se espressione di maggioranza ideologicamente diverse e distanti.
Ecco, se qualcuno cerca coerenza di certo non la può trovare oggi e poco regge il ragionamento, che pure potrebbe essere fatto, che le scelte di Giuseppe Conte sono dettate dalla consapevolezza della gravità della situazione. Con tutto il rispetto per il Conte persona, professore o avvocato, gli stravolgimenti del passato in termini di tentativi di alleanze e strategie avevano come protagonisti giganti della politica. E, confessiamo, abbiamo difficoltà a paragonare l'attuale presidente del Consiglio ad Aldo Moro o Enrico Berlinguer, che stavano per ribaltare il panorama politico italiano per rivoluzionarlo, non certo per farne un uso personale.
Per assurdo che possa apparire, forse la mossa di Matteo Renzi (nelle cui mani è esploso quel petardo che sperava di fare scoppiare distante da lui) servirà a chiarire, agli occhi dell'opinione pubblica, il basso profilo politico di questa classe dirigente che privilegia lo scontro alla ricerca di comporre i dissidi per farne punti di partenza. Ed in ogni caso recentissime notizie di inchieste giudiziarie su alcuni componenti dell'Udc (Cesa in testa), cui si guardava per allargare la maggioranza, costituiscono un ulteriore elemento di incertezza. Probabilmente Giuseppe Conte riuscirà a trovare quel manipolo di senatori disposti ad accettare le sue promesse, ma non è questa la politica di cui ha bisogno il Paese. Che, però, non è nemmeno quella dell'opposizione di centrodestra di cui sino ad oggi si conoscono gli alti lai, ma non le proposte. Sentire dire a Matteo Salvini che il centrodestra è pronto a governare è interessante, ma resta un giudizio sospeso sino a quando non si renderanno note proposte e programmi. Altrimenti, non sarà altro che l'ennesima brutta replica in un modo di fare politica che speravamo avesse fatto il suo tempo.