I veti di Conte su candidati e alleanze consegnano la Basilicata al centro-destra allargato
- di: Redazione
Forse, meglio ancora che sulla sua scrivania, nella sede del Pd, Elly Schlein dovrebbe chiedere che, sulla porta del suo ufficio, a caratteri cubitali campeggi la scritta ''Dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Iddio''.
Un qualcosa che serva a imperitura memoria, per farle ricordare quel che è accaduto nei rapporti con i Cinque Stelle, per evitare che errori e sopravvalutazioni la conducano in una strada senza uscita, per la gioia della sempre più larga schiera di coloro che, nel partito, ormai le contestano tutto quello che fa.
I veti di Conte su candidati e alleanze consegnano la Basilicata al centro-destra allargato
L'esito delle elezioni regionali in Basilicata, con la netta vittoria di un centro destra allargato a Renzi e Calenda, dovrebbe fare finalmente capire alla segretaria del Pd che quello che le prospetta Giuseppe Conte è un abbraccio mortale, fatto passare per una stretta di mano tra amici.
La situazione che ha condotto al disastro lucano è sottolineata soprattutto dal fatto che Schlein si è messa nelle condizioni di farsi politicamente ricattare da Conte che, invece di rendersi conto che i Cinque Stelle stavano andando verso un clamoroso ridimensionamento (per alcuni, un crollo, per altri la semi-sparizione), ha imposto dei diktat, sulle candidature avanzate dal Pd, quanto sulle alleanze, il cui esito è oggi sotto gli occhi di tutti.
I Cinque Stelle dovrebbero riflettere sull'esito delle elezioni e non accettare, supinamente, delle strategie dettate esclusivamente da uno spirito di rivalsa personale e da un ego alimentato da un paio di media amici che, lodando tutto di Conte, lo hanno portato a ritenersi uno statista di vaglia mondiale.
Con il risultato che ieri, dalle urne della Basilicata, il movimento di Conte è uscito con un umiliante 7,7 per cento, quando appena due anni fa, alle politiche, questa percentuale era stata del 25 per cento.
Una percentuale certo ''drogata'' dalla battaglia per il reddito di cittadinanza, ma comunque indicativa di un enorme seguito che oggi sembra cominciare ad evaporare, perché non si intravede quale campagna ''civile'' i Cinque Stelle possano intestarsi, posto che oggi tutti - ad eccezione di Conte e dei trombettieri della carta stampata amica - sottolineano quanto male il superbonus abbia fatto, faccia e farà alle casse dello Stato.
Eppure, con arroganza, Conte ha sbarrato la strada all'unico candidato che forse avrebbe potuto lanciare la sfida al presidente uscente, Bardi. Ma forse per Conte il candidato dem Angelo Chiorazzo - che ieri ha ottenuto un successo personale importante, a conferma che la sinistra ci aveva visto giusto scegliendolo - che avrebbe fatto ombra ai Cinque Stelle, per questo lo ha impallinato.
Nel gioco della politica comunque questo è un deja vu, cioè che dei veti possano alla fine essere nefasti. Ma di solito a mettere un veto è chi comanda, è chi ha peso politico ed è chi ha un seguito elettorale importante. E Giuseppe Conte non ricade in nessuna di queste tre fattispecie. Perché non comanda (se non quando di ciò riesce a convincere Elly Schlein; perché non ha peso politico, visto che il suo atteggiamento autoreferenziale comincia ad essere indigesto a tutti; perché le batoste che sta inanellando quando si vota sono inequivocabili.