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Se la Consulta dice 'no', attenta alla democrazia?

- di: Redazione
 
Se la Consulta dice 'no', attenta alla democrazia?
La decisione della Consulta sull'ammissibilità del referendum sull'eutanasia si inserisce, non in termini di motivazione, nel controverso rapporto che c'é tra chi propone di modificare una legge e chi, come appunto nel caso della Consulta, è preposto a dichiararne l'ammissibilità o la validità. Non è questa la sede per entrare nella discussione su cosa sia giusto e cosa no sul tema dell'eutanasia (delicatissimo per le sue importanti implicazioni etiche), e quindi sul fatto che lo Stato, attraverso una delle sue principali componenti, si dica disponibile a porre il quesito all'esame del popolo.

Eutanasia: se la Consulta dice 'no', attenta alla democrazia?

Quello che resta evidente è che un ''no'' ad una proposta di referendum, quale che sia, viene vista dai suoi presentatori ''bocciati'' come una offesa, come una ferita non a loro, ma all'intero principio di democrazia che dovrebbe garantire tutti.
Prendiamo la reazione di uno dei sostenitori del referendum sull'eutanasia, Marco Cappato (che, per passione e storia personale, certo non può essere tacciato di protagonismo), che, commentando la decisione della Consulta, ha detto (a Repubblica): ''Aspetto di vedere cosa accade sugli altri referendum. Se migliaia di persone che hanno firmato per i quesiti venissero di nuovo cancellate, il danno non è solo per l'eutanasia o la cannabis, è per la democrazia in Italia''.

Pur comprendendo lo stato d'animo di Cappato (che si è sempre speso in prima persona per importanti battaglie civili), resta da considerare che una decisione della Corte costituzionale, presa nell'interesse generale, pur esprimendosi sull'iniziativa di una parte degli italiani, non può essere definito un ''danno per la democrazia'', facendo intendere che la volontà dei supremi giudici è stata conseguenza di considerazioni che nulla hanno a che fare con la materia su cui si sono pronunciati.

E' un discorso estremizzato, il nostro, ma se cominciassimo sistematicamente a ''pensar male'' della Consulta, vedendola schierata politicamente e non per la tutela dei diritti di tutti, metteremmo in dubbio lo spirito che anima i supremi giudici che verrebbero a perdere la presunzione di terzietà che deve sempre accompagnarli nel loro difficile compito.
Dire di no ad un referendum non ha nulla a che fare con il numero delle firme raccolte (che restano comunque un importante indicatore) e quindi nemmeno con il fatto che il diniego all'ammissibilità possa essere inteso come una offesa nei confronti di chi ha creduto alla solidità del quesito. Forse sono ben altri gli argomenti che dovrebbero spingere a dire che la democrazia in Italia sia in pericolo.
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