L'analisi di Coface sulla situazione economica a livello globale evidenzia le difficoltà legate ai rischi sociali, alla precaria stabilità finanziaria e all'inflazione, che si aggiungono alle criticità dei mercati petroliferi, acuita dal conflitto in Israele.
Gli indicatori prevedono infatti un forte rallentamento dell'attività in Nord America e nell'Eurozona, con la ripresa cinese che si è scontrata con limiti strutturali e bassa fiducia di famiglie e imprese.
Coface rivede quindi le valutazioni di 7 paesi (2 riclassificazioni in positivo e 5 declassamenti) e 33 settori (17 riclassificazioni e 16 declassamenti).
Coface: "Gli ultimi mesi del 2023 caratterizzati da instabilità e incertezza"
Al di là del persistere, o addirittura dell’intensificarsi, della rivalità sino-americana, numerosi eventi significativi negli ultimi mesi hanno destabilizzato ulteriormente il panorama geopolitico. L’ampliamento dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) a sei nuovi membri (Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran) segna, secondo alcuni, la fine del predominio del G7 e con esso l’ordine mondiale ereditato dal dopo guerra. Tuttavia, la capacità dei BRICS+ di offrire una visione alternativa e adottare misure concrete per competere con il G7 sarà limitata (interessi divergenti, tensioni tra Cina e India).
Come preannunciato nei precedenti Barometri, negli ultimi mesi l’inflazione ha continuato a ridursi «in maniera meccanica», soprattutto grazie ai prezzi dell’energia e delle materie prime inferiori ai picchi raggiunti poco dopo l’invasione dell’Ucraina, mentre prosegue la disinflazione dei beni. L’inflazione resta tuttavia ben radicata, con un'inflazione di fondo in lieve calo nelle economie avanzate. Inoltre, la risalita dei prezzi del petrolio da inizio estate, fa presagire un nuovo aumento delle tensioni inflazionistiche entro fine anno. Una tendenza che sembra già concretizzarsi.
In questo contesto, la retorica che ha seguito le decisioni delle banche centrali di interrompere i rialzi dei tassi lascia intendere che, malgrado il ciclo di inasprimento sia giunto al termine, non si prevedono tagli dei tassi nei prossimi mesi o addirittura trimestri.
La ripresa cinese dopo l’abbandono della politica zero-Covid è stata alquanto deludente, con dati poco incoraggianti sia per la domanda interna che per le esportazioni. La ripresa dei consumi è stata relativamente debole, a causa alla cautela delle famiglie, l’allentamento dei vincoli sanitari nonché la conseguente riapertura dell’economia hanno fornito uno slancio poco brillante ai consumi.
Gli investimenti non rappresentano più un motore di crescita rilevante, il settore privato resta cauto in termini di spese in capitale fisso (in particolare a causa dello stato preoccupante in cui versa il settore immobiliare).
I cambiamenti delle valutazioni di rischio settoriale hanno interessato soprattutto l’Europa in questo trimestre, in primis il settore energetico, agricoltura e carta. Il settore energetico è riclassificato in tutti i paesi dell’Europa occidentale (ad eccezione della Germania), principalmente grazie all’incremento dei margini dei produttori e raffinatori di idrocarburi. Anche l’agroalimentare assiste nella regione a una dinamica più positiva, a differenza del settore della carta che registra il maggior numero di declassamenti.
L’anno scorso, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, Coface aveva messo in guardia sul possibile aumento dei rischi sociali, legato all’impennata dei prezzi dell’energia, dei beni di prima necessità e delle derrate alimentari. Aggiornando l’indicatore di rischio politico per il 2022, Coface ha confermato la sua visione. Con l’emergere di nuove tensioni alimentate dal deterioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, la fine del 2023 desta particolare preoccupazione.
In questi ultimi anni, il rischio politico sotto diverse forme e in più paesi (Sri Lanka, Argentina, Niger, Gabon) è stato oggetto di notizia, anche nei paesi avanzati (Israele, Regno Unito, Stati Uniti). I rischi sociali e politici sono in aumento in un mondo sempre più incerto e instabile a causa del riassetto dello scenario globale e dell'emergenza climatica.
Quanto alla sicurezza, si osserva nel 2022 una crescita del numero di conflitti, e un numero di vittime elevato. Mentre alcuni conflitti si sono affievoliti (Afghanistan, Yemen), ne sono emersi altri o si sono intensificati, come nel Nagorno-Karabakh in cui l’ultimo episodio, lo scorso settembre, ha messo in luce la persistente crisi di confine tra Armenia e Azerbaijan.
In Africa, il numero di conflitti in corso (statali o no) è quasi triplicato dal 2010. Tale evoluzione è legata soprattutto alle lotte contro i gruppi jihadisti che operano in Burkina Faso, Mali, Niger, Ciad o Nigeria per esempio. L'aggravarsi del contesto di sicurezza nel Sahel e le difficoltà nel contenere l'insurrezione islamista dal 2020 hanno giocato un ruolo anche nei recenti sconvolgimenti politici della regione. Dopo Mali e Ciad nel 2021, il Burkina Faso (per due volte) l’anno scorso, quest’estate il Niger è stato teatro di un colpo di stato.
Ernesto De Martinis, Ceo di Coface in Italia e Head of Strategy Regione Mediterraneo & Africa (nella foto), ha commentato: “Il contesto in cui ci troviamo oggi ci obbliga a confrontarci con un panorama geopolitico completamente nuovo, in cui la ripresa economica cinese ha deluso le aspettative e l’ampliamento dei BRICS probabilmente segnerà la fine di un ordine mondiale che è lo stesso da decenni. Di fronte all’aumento dei rischi, soprattutto sociali e politici, Coface conferma le preoccupazioni già manifestate in precedenza riguardo alla stabilità finanziaria dei mercati. Lo scenario per gli ultimi mesi del 2023 rimane caratterizzato da instabilità e incertezza, situazione che si riflette sulle valutazioni di paesi e settori”.