Il riscatto di Giacomo Ceruti, il pittore "avventuroso"
- di: Redazione
FOTO: © ALBERTOMANCINI
C’è un filo di pittura che unisce Brescia a Los Angeles, si insinua nelle pieghe più profonde della miseria umana per succhiare tutta l’umanità depositata sui visi di giovani nobili come sui volti rugosi di pitocchi ricoperti di stracci e consegnarla alla tela.
Nell’anno che incorona Brescia, assieme a Bergamo, Capitale Italiana della Cultura, la Leonessa d’Italia riscopre Giacomo Ceruti con ben quattro appuntamenti che, dal Museo di Santa Giulia e dalla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia si estendono fino alle sale del J. Paul Getty Museum di Los Angeles.
Il riscatto di Giacomo Ceruti, il pittore "avventuroso"
Miseria & Nobiltà. Giacomo Ceruti nell’Europa del Settecento, a cura di Roberta D’Adda, Francesco Frangi e Alessandro Morandotti, in corso fino al 28 maggio al Museo di Santa Giulia di Brescia - una coproduzione Fondazione Brescia Musei e Skira, in collaborazione con J. Paul Getty Museum di Los Angeles - è un’occasione per riscoprire la straordinaria modernità di un artista, originale interprete della sua epoca e attualissimo messaggero di umanità, capace di immortalare sulla tela le contraddizioni del suo tempo e di ricordarci quelle di noi moderni con rara empatia.
Superando l’immagine del Pitocchetto - come il pittore era conosciuto proprio per la sua vicinanza agli ultimi e alla fragilità umana - la mostra alza il sipario su un Giacomo Ceruti pittore europeo, dando voce al “pittore più avventuroso del Settecento”, all’artista eclettico che seppe interpretare i gusti dell’aristocrazia tramandando le più aggiornate e raffinate tendenze dell’arte europea.
Così a oltre 35 anni dall’ultima retrospettiva svoltasi nel 1987, parte da Brescia una nuova lettura dell’artista che si diverte a cimentarsi in generi molto diversi passando da severi ritratti a rappresentazioni mondane, unendo la natura morta alla rappresentazione della figura.
A tessere questo nuovo volto di Ceruti è un percorso di sguardi che sbucano da un centinaio di opere percorse da fumatori, pitocchi, nobili, giovani ragazze, a dialogo con quaranta dipinti di autori precedenti o contemporanei, da Ribera a Pietro Bellotti, da Monsù Bernardo al Maestro della tela jeans, da Sebastiano Ricci a Giambattista Tiepolo.
A segnare uno dei momenti più solenni della mostra è la quasi completa riunione del cosiddetto Ciclo di Padernello, con le 14 tele, delle 16 oggi riconosciute come pertinenti a questo Ciclo, riunite appositamente in occasione dell’esposizione.
“Giacomo Ceruti, come Brescia, è assolutamente sottovalutato nel panorama dell’arte italiana e internazionale - spiega Francesca Bazoli, presidente della Fondazione Brescia Musei -. Ceruti è un artista straordinariamente grande nel Settecento italiano perché ha un’empatia del tutto moderna e contemporanea nel portare sulla tela i suoi personaggi. Il rilancio di questo artista in chiave internazionale - perché la nostra mostra è prodotta insieme al Getty Center di Los Angeles dove poi l’esposizione andrà - costituisce il tentativo di dare la giusta dimensione a questo grandissimo artista, una dimensione che esce da Brescia per diventare italiana e internazionale. I Bresciani lo portarono cento anni fa alla prima mostra importante in Italia a lui dedicata. Oggi noi lo portiamo ad una mostra in chiave internazionale”.
Al racconto di questa riscoperta è dedicata la prima parte del percorso. Una storia iniziata un secolo fa, con l’apparizione a Firenze di un’opera magnetica, la Lavandaia, e che vede in Roberto Longhi, con le sue indagini sulla pittura della realtà, il principale artefice della moderna fortuna di Ceruti.
Il visitatore del Museo di Santa Giulia è invitato a seguire la lunga e felice carriera di questo artista bigamo, stabilitosi a Brescia, ma costretto a lasciare la città inseguito dai creditori, attivo in Veneto, al servizio dell’importante committente Matthias von der Schulenburg, e ancora a Milano, Piacenza, Padova.
Pittore straordinariamente curioso, versatile, capace di destreggiarsi tra i gusti e gli stilistile della sua committenza, intensamente sedotto dallo spettacolo del mondo, Ceruti era solito attingere dalle incisioni e dalle stampe dei maestri antichi e dei suoi contemporanei francesi, olandesi e italiani per comporre i propri dipinti.
Nel laboratorio di Ceruti. L’artista e le stampe
Il secondo omaggio a Ceruti, in corso fino al 28 maggio al Museo di Santa Giulia, intitolato Immaginario Ceruti. Le stampe nel laboratorio del pittore a cura di Roberta D’Adda e Francesco Ceretti, testimonia come, attingendo a un vasto repertorio grafico, il pittore abbia perfezionato la propria arte, inserendosi in un clima culturale di respiro internazionale.
Questo approfondimento, che si pone come controcanto documentale e scientifico della monografica Miseria & Nobiltà, svela il “laboratorio” dell’artista, passando in rassegna il suo metodo di lavoro.
Nomad in a Beautiful Land. David LaChapelle per Giacomo Ceruti
Una passeggiata di dieci minuti, dal Museo di Santa Giulia alla Pinacoteca Tosio Martinengo, è lo strale che guida il pubblico alla riscoperta di Ceruti pittore contemporaneo.
Fino al 10 novembre la Pinacoteca accoglierà il percorso David LaChapelle per Giacomo Ceruti. Nomad in a Beautiful Land a cura di Denis Curti, dove l’universo classico del pittore incontra l’immaginario del fotografo e regista statunitense, in un confronto che è anche un tributo del fotografo americano allo sguardo del pittore settecentesco sugli ultimi.
“Abbiamo fatto ricorso a quello che per noi è una grande risorsa: l’arte contemporanea - continua Francesca Bazoli -. Abbiamo sfidato un grande artista contemporaneo, David LaChapelle, invitandolo a raccontarci la sua versione contemporanea di Ceruti. E lui ci ha regalato queste tende degli homeless che stanno fuori da un grandissimo museo di Los Angeles, il LACMA a testimoniare l’ossimoro che la città vive, mettendo insieme la grandissima ricchezza e la grandissima povertà perché queste tende sono ricoperte con stoffe delle più note case di moda mondiali. Ma in questa contraddizione tra la povertà assoluta e la ricchezza sta una delle chiavi interpretative più interessanti e provocanti del mondo contemporaneo che ci richiama esattamente la contemporaneità di Ceruti”.
Il progetto vede entrare nelle sale di una delle più importanti realtà culturali italiane la
serie Jesus Is My Homeboy (2003) insieme all’opera inedita, commissionata da Fondazione Brescia Musei Gated Community. Le contraddizioni della società emergono dalla fotografia scattata a Los Angeles a dicembre 2022 dove una lunga tendopoli affolla i marciapiedi della città. Le calotte delle tende degli homeless esibiscono le icone delle più famose griffe internazionali. Cornice di queste drammatiche disuguaglianze è il marciapiede di fronte al LACMA, il prestigioso museo di arte contemporanea che ha appena concluso una raccolta fondi di 750 milioni di dollari per il suo ampliamento.
L’ultimo atto di questo riscatto di Giacomo Ceruti si compie non a caso negli States dove, dal 18 luglio al 29 ottobre, il pittore sarà protagonista della mostra A compassionate eye, a cura di Davide Gasparotto, nelle sale del J. Paul Getty Museum di Los Angeles.
Qui, trascinato nella schiera di umili, mendicanti, vagabondi, in un’epoca afflitta da gravi disuguaglianze, l’osservatore moderno avrà modo di apprezzare il potere profondo e duraturo dell’arte di riflettere la nostra umanità.