Cernobbio, la ricerca di Sace sul ruolo strategico delle Pmi nel tessuto economico italiano

- di: Barbara Leone
 
In occasione della 49esima edizione del Forum di Cernobbio, Sace apre per  la prima volta le porte di Villa d’Este alle Pmi, grazie alla partnership con The European House – Ambrosetti, con un hub interamente dedicato alle Piccole e medie imprese e al loro ruolo strategico per  il tessuto economico italiano. Durante il Forum Alessandra Ricci, Amministratore Delegato di Sace, insieme ad Alessandro Terzulli, Chief Economist di Sace, e Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile dell’Area Scenari e Intelligence e  dello sviluppo internazionale di The European House – Ambrosetti, hanno presentato la ricerca “Piccole,  medie e più competitive: le Pmi italiane alla prova dell'export tra transizione sostenibile e digitale” realizzata dall’Ufficio Studi di Sace in collaborazione con The European House – Ambrosetti, con un focus  sulle prospettive di sviluppo delle Pmi di fronte alle sfide dei mercati internazionali. Lo studio  rappresenta un approfondimento che valorizza le piccole e medie imprese e si inserisce perfettamente  nel tema di quest’anno del Forum: lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive.

Cernobbio, la ricerca di Sace sul ruolo strategico delle Pmi nel tessuto economico italiano

Sace partecipa al Forum di Cernobbio insieme alle Pmi italiane, offrendo loro la possibilità di seguire  virtualmente la tre giorni di lavori, incontri e dibattiti, e soprattutto portando all’attenzione di questo  autorevole contesto l’importanza e le prospettive per le piccole e medie imprese italiane, alle prese con  le sfide e le opportunità della transizione sostenibile e digitale - ha dichiarato Alessandra Ricci,  Amministratore Delegato di Sace -. Noi di Sace, in linea con la missione e gli obiettivi del nostro Piano  Industriale Insieme 2025, siamo già al fianco di 40 mila PMI italiane nei loro progetti di investimento e  crescita sostenibile in Italia e nel mondo e contiamo di raggiungerne 65 mila nell’arco di Piano”.

Le Pmi, sottolinea la ricerca, rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana e giocano un ruolo importantissimo sia in  chiave economica sia in chiave sociale: le oltre 200 mila piccole e medie imprese italiane producono un  giro di affari di oltre 1.000 miliardi di euro, generano quasi il 40% del valore aggiunto nazionale e  impiegano 5,4 milioni di persone, pari a un terzo di tutti gli occupati. Le Pmi sono fortemente  interconnesse e sviluppano con il loro ecosistema forme di innovazione e collaborazione aperte per poter  accedere a risorse strategiche (come conoscenza, tecnologia, finanza o competenze) per la loro crescita.  Un network che fa della resilienza e della sostenibilità la chiave del proprio sviluppo. Al centro delle catene globali del valore e dei numerosi distretti industriali, elemento fondamentale della  diffusione e affermazione del Made in Italy nel mondo, con un ruolo di “connettore sociale” e di attore  chiave nei processi di transizione verso un mondo più sostenibile, digitale e interdipendente, le Pmi  italiane offrono da sempre un contributo rilevante per lo sviluppo economico, tecnologico e sociale del  Paese. Nonostante alcuni segnali di attenzione emersi nel corso del primo trimestre 2023, le Pmi italiane  possono contare su una struttura finanziaria rafforzatasi negli ultimi anni e su livelli di debito  relativamente contenuti, che permettono loro di mitigare, almeno in parte, l’esposizione agli effetti  avversi legati al peggioramento delle condizioni creditizie. 

La ricerca ‘Piccole, medie e più competitive: le Pmi italiane alla prova dell'export tra transizione  sostenibile e digitale’ dimostra l’impegno di Sace per le Pmi - e l’intero sistema produttivo – per una  maggiore conoscenza e consapevolezza degli strumenti necessari alle imprese per una crescita in chiave  sostenibile ed innovativa - ha dichiarato Alessandro Terzulli -. Obiettivo dello studio è sottolineare, in  considerazione della loro importanza, le caratteristiche che contraddistinguono le oltre 200 mila PMI italiane, al fine di valorizzarne le qualità e aiutarle a cogliere le opportunità di sviluppo nel panorama  nazionale e internazionale, anche alla luce della duplice sfida della transizione sostenibile e digitale”.

Il dinamismo del tessuto produttivo delle Pmi, testimoniato dal forte incremento di produttività del  lavoro registrato nel decennio 2010-2019 e che ha raggiunto livelli superiori a quella di Germania e  Spagna, si è riflesso anche in un miglioramento della competitività sui mercati internazionali. Le Pmi  italiane nel 2021 (ultimo dato disponibile) hanno esportato 219 miliardi di euro, pari a circa la metà  dell’export complessivo, con una crescita media annua del 2,7% tra il 2017 e il 2021,segnando un pieno  recupero post-pandemico. Attualmente le Pmi italiane realizzano all’estero circa un terzo del proprio fatturato (ben 8 punti  percentuali sopra alle tedesche) e contribuiscono al 48% dell’export nazionale, rispetto al 20% delle  tedesche e delle francesi e al 34% delle spagnole. Un trend che si rafforza anche in prospettiva: secondo  le previsioni elaborate dall’Ufficio Studi di Sace, le esportazioni delle Pmi italiane sono attese crescere  quest’anno del 6,2%, del 4% nel 2024 e del 3,2%, in media, nel biennio successivo (2025-2026), quando  supereranno i 300 miliardi di euro. Con riferimento ai mercati di destinazione, a guidare la crescita dell’export delle Pmi italiane quest’anno sarà l’Oriente: Medio Oriente, Asia orientale e centrale sono le aree per cui si prevedono infatti i maggiori  incrementi (rispettivamente +10,1%, +9,2%, +8,4%), a fronte di tassi inferiori per l’Europa (+5,5%) e per  l’America settentrionale (+6,6%) che rimangono comunque in valore assoluto le principali geografie di  sbocco. Nel 2024 un maggiore dinamismo si rileverà in Africa subsahariana (+5,6%), America centro meridionale (+5,4%) e America settentrionale (+5,1%). Transizione sostenibile e rivoluzione digitale sono i due fenomeni che stanno caratterizzando in modo sempre più nitido e marcato l’attività di impresa. Nel 2022, oltre il 60% delle medie imprese  manifatturiere (e quasi il 40% delle piccole) ha infatti intrapreso “azioni di sostenibilità”, mostrando  un’attenzione crescente per questi temi. La cosiddetta “Duplice Transizione” (“Twin Transition”) aumenta la propensione all’export delle Pmi: il numero delle imprese che investe in green e digitale e  che esporta è di 20 punti percentuali superiore a quello delle imprese che esportano non facendo alcuna  transizione. Abbracciare la Duplice Transizione green e digitale porta le Pmi a essere più resilienti,  lungimiranti e consapevoli, ma soprattutto più produttive e competitive non solo in ambito nazionale  ma anche internazionale.  Per incentivare questo processo, è necessario che le PMI siano supportate in tutti gli aspetti da loro  riscontrati come più critici, come ad esempio le barriere culturali nel caso della rivoluzione digitale  oppure quelle economiche nell’ambito della transizione green. Allo stesso tempo, è necessario porre  l’accento su una formazione ad hoc e su un supporto in termini di comprensione e adesione alla  regolamentazione e gestione amministrativa anche in ottica di accesso ai mercati esteri, soprattutto  quelli più lontani e meno presidiati. È da sottolineare che, in una logica di maggiore efficienza e  sfruttando l’approccio di filiera, puntare sul sostegno alle medie e grandi imprese comporterebbe benefici anche a quelle di dimensioni più ridotte, generando un loro rafforzamento operativo e  potenziando nel complesso la loro competitività sul piano domestico e sui mercati esteri.

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