(Fonte: Giuseppe Conte ed Elly Schlein).
La battaglia parlamentare sulla legge di bilancio si chiude con un’immagine destinata a restare: i cartelli rossi con la scritta “Voltafaccia Meloni” sollevati dai banchi dell’opposizione al Senato. Un gesto politico e simbolico che fotografa un clima diverso nel campo progressista, apparso più compatto e determinato rispetto a mesi recenti.
Non è solo una questione di coreografia parlamentare. Dietro quelle scritte – che richiamano pensioni, sanità, pressione fiscale e promesse mancate – c’è la rivendicazione di una strategia condivisa. Dopo settimane di confronto serrato, le opposizioni rivendicano di aver fatto “gioco di squadra”, scegliendo una linea dura ma mirata, lontana dall’ostruzionismo fine a se stesso.
La fiducia e il messaggio politico
Il passaggio finale sulla fiducia alla manovra, andato in scena a Palazzo Madama poco prima delle festività natalizie, ha funzionato da collante. I gruppi di centrosinistra hanno trasformato la sconfitta numerica in un’occasione politica, sottolineando come l’alternativa al governo esista già nei contenuti e nei comportamenti.
La segretaria del Partito democratico parla apertamente di promesse tradite e di una responsabilità nuova per l’opposizione: costruire una proposta credibile capace di ridare fiducia al Paese. Una linea che trova sponde anche negli altri partiti, pur con accenti e sensibilità differenti.
Il nodo dei lavoratori sottopagati
Tra i risultati più rivendicati spicca lo stop a una norma sui lavoratori sottopagati inizialmente prevista nella manovra. Il Movimento 5 Stelle ne fa una bandiera politica, parlando di un arretramento del governo ottenuto grazie alla pressione parlamentare. “Pensavano di farla franca”, è il messaggio che rimbalza dai banchi pentastellati, trasformando un emendamento ritirato in una vittoria simbolica.
Non è l’unico punto. Durante l’esame in commissione Bilancio, le opposizioni hanno lavorato su dossier comuni: Transizione 4.0, contrasto al fiscal drag, estensione della no tax area. Temi diversi, ma uniti da un filo conduttore: la richiesta di maggiore equità sociale.
Critiche trasversali, toni diversi
Il fronte non è monolitico, e le differenze restano evidenti. Italia Viva attacca quella che definisce una mancanza di visione complessiva della manovra. Azione mantiene un profilo più articolato, bocciando l’impianto generale ma salvando alcuni aspetti ritenuti condivisibili. Sinistra e Verdi parlano invece senza mezzi termini di una manovra classista, mentre +Europa la giudica deludente sul piano delle riforme.
Eppure, proprio questa pluralità sembra aver trovato un punto di equilibrio tattico. Nei momenti chiave – pensioni, condoni, lavoro – la scelta è stata quella di fare muro, mostrando un’insolita compattezza.
Lo sguardo avanti: legge elettorale e futuro
Archiviata la manovra, lo sguardo si sposta ora sul futuro. Sullo sfondo resta l’ipotesi di una riforma della legge elettorale in senso proporzionale, un tema capace di ridisegnare gli equilibri politici. Un’incognita che potrebbe rafforzare o indebolire il fronte progressista, a seconda delle scelte che verranno fatte.
Per ora, però, il messaggio che arriva dal Senato è chiaro: l’opposizione rivendica di aver gettato le basi di un’alternativa. Non solo protesta, ma costruzione politica. Una prova generale che guarda già alle prossime elezioni.